The Rain 3, recensione: la fine della serie “virale” di Netflix

Recensione di The Rain 3, terza e ultima stagione della serie post-apocalittica danese disponibile su Netflix.

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The Rain 3: una scena della serie Netflix

C'è un che di ironico nel redigere adesso la recensione di The Rain 3, stagione conclusiva della serie Netflix di matrice danese (e in parte svedese) e incentrata su un mondo - o meglio, un Nord Europa - devastato da un virus implacabile che bisogna "ammazzare di botte" (traduzione letterale dell'espressione usata per parlare della sua possibile distruzione). Un po' come per la recente trasposizione televisiva di Snowpiercer, anch'essa disponibile sulla piattaforma, ci sarebbe da riflettere sul momento in cui arriva in catalogo una produzione che soprattutto nelle prime fasi - parliamo di due anni fa - era incentrata sui pericoli dell'uscire all'aperto, con la morte celata nelle condizioni atmosferiche. Un po' diverso il discorso per questo terzo e ultimo ciclo, che allunga il brodo pur durando solo sei episodi e tergiversa prima di arrivare a un finale prevedibile che non c'entra quasi più nulla con la premessa originale.

Conflitto in espansione

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The Rain 3: Alba August e Mikkel Boe Følsgaard in una scena della serie Netflix

Avevamo lasciato i protagonisti di The Rain alle prese con la situazione sempre più instabile di Rasmus (Lucas Lynggaard Tønnesen), contenitore del virus e dotato di strani poteri che potrebbero risollevare le sorti del pianeta. E mentre lui rimane volontariamente all'interno degli stabilimenti della Apollon, nel tentativo di capire quale sarà il suo ruolo preciso in ciò che verrà, Simone (Alba August), fugge al di là del muro, incontrando nuove persone e rendendosi conto che, per il bene del pianeta, dovrà forse andare contro la missione che si era autoimposta all'inizio della crisi: proteggere il fratellino, a tutti i costi. Un pensiero che la spaventa, e che rischia di metterla in disaccordo con gli alleati di un tempo, tutti con idee diverse su come gestire i nuovi sviluppi di un evento che potrebbe avere conseguenze ancora più apocalittiche di quello che ci aveva portati fino a questo punto.

The Rain 2, la recensione: come "ammazzare di botte" un virus su Netflix

La fine come l'inizio

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The Rain 3: una scena della nuova stagione della serie Netflix

Parlando della sesta stagione avevamo detto che a nostro avviso la prima era stata un lungo preambolo, otto episodi di lungaggini per arrivare a un finale che rappresentava il vero punto di partenza per ciò che gli autori avevano in mente, come si è potuto vedere nel secondo ciclo con il rapporto sempre più conflittuale tra i personaggi e le implicazioni terrificanti dello stato di salute di Rasmus. Il tutto condito da una claustrofobia e un grigiore tipicamente scandinavo che rendevano coinvolgente il passaggio dal realismo post-apocalittico a una sorta di body horror ibridato con la fantascienza. Qui si torna alle vecchie abitudini, con un numero di episodi più contenuto - sei, come lo scorso anno - ma paradossalmente comunque eccessivo, dove tutto pone faticosamente le basi per arrivare al gran finale, prevedibile ma a suo modo efficace, grazie all'affiatamento creatosi negli anni tra gli attori. Particolarmente deludente è il quarto episodio, che si discosta quasi del tutto dalla trama orizzontale e non aggiunge nulla, suggerendo che non era possibile scendere al di sotto di sei e occorreva un riempitivo.

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The Rain 3: Mikkel Boe Følsgaard in una scena della serie Netflix

Il tutto avviene spesso all'aperto, ma senza la tensione che c'era nella prima annata perché - nonostante il titolo - la pioggia è ormai un lontano ricordo. Da un antagonista teoricamente imbattibile e per questo più temibile, inquietante nella sua subdola naturalezza, siamo arrivati al classico conflitto tra bene e male, con qualche sfumatura di grigio che però non riesce ad aggiungere del tutto lo spessore che era lecito aspettarsi dopo gli eventi della seconda stagione. Rimangono il buon lavoro del cast, la fotografia piacevolmente nordica e l'ottimo lavoro sugli effetti speciali, ma resta anche l'impressione che il formato seriale lungo abbia annacquato in più punti una storia che avrebbe tratto vantaggio da una struttura più compatta, forse come miniserie autoconclusiva (il finale, per quanto definitivo, lascia alcuni punti in sospeso). Una fine un po' sottotono, considerando la qualità media delle produzioni scandinave negli ultimi anni, e che probabilmente non rimarrà a lungo nella memoria degli abbonati di Netflix prima di sparire come lacrime in una pioggia letale nel cielo danese.

Conclusioni

Eccoci al termine della recensione di The Rain 3 e con essa alla fine della serie stessa, che si congeda con sei episodi più in linea con la prima stagione, piena di lungaggini, che con la seconda, più coinvolgente e strutturata meglio. Una parziale occasione sprecata per Netflix, date le potenzialità ben note delle produzioni nordiche in generale e danesi in particolare.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • Alba August rimane un buon centro emotivo per la serie.
  • Gli effetti speciali continuano a migliorare.
  • Il finale è prevedibile ma tutto sommato efficace.

Cosa non va

  • I primi cinque episodi sanno di lungo preambolo senza particolare carne al fuoco.
  • Che fine ha fatto la pioggia del titolo?