The Prompt: un corto d’animazione realizzato con l'IA per esplorarne potenzialità e limiti

Dal Torino Film Festival un esperimento interessante: un cortometraggio animato realizzato usando l'intelligenza artificiale come strumento. Ne abbiamo parlato col regista Francesco Frisari.

Un'immagine promozionale de The Prompt

"Un cortometraggio sperimentale d'animazione". Così ci viene presentato The Prompt e subito drizziamo le antenne, perché per nostra natura gli esperimenti ci piacciono. La curiosità diventa vivo interesse quando Fantomatica, nella persona di uno dei soci Vittorio Martone, ci spiega che il lavoro è realizzato usando l'intelligenza artificiale come strumento per "immagini, movimenti di camera e voci" generati usando la tecnologia che sta catalizzando l'attenzione negli ultimi tempi.

The Prompt Sequenza
Un'immagine del corto realizzato con l'IA

Ci confrontiamo con Martone per farci raccontare qualcosa di Fantomatica, che ha realizzato in collaborazione con Rai Cinema questo lavoro presentato il 27 e 28 al Torino Film Festival, e fissiamo un incontro virtuale con Francesco Frisari, il regista di The Prompt, per esplorare sia la genesi del progetto, l'idea da cui sono partiti, che la realizzazione vera e propria del corto e quello che è emerso nel corso della produzione, tra potenzialità e limiti di una tecnologia che non si può ignorare, che è necessario conoscere e mettere alla prova.

Cos'è The Prompt

Prima però è necessario spendere qualche parola sul progetto e i suoi presupposti narrativi, sulla scelta di parlare di IA attraverso di lei, mettendola al centro della storia oltre che strumento. Si parte infatti da un'idea ben precisa: che le intelligenze artificiali sono state addestrate attraverso un'infinità di testi, di nostre storie, compresi quelli fantascientifici che le vedono diventare una minaccia per noi. E, di fatto, lo diventano. In questo contesto da brivido, l'opinione pubblica se la prende con gli autori che hanno immaginato quegli scenari, ma sono loro stessi a trovare e proporre una soluzione: tutti quelli in grado di scrivere vengono radunati in Campi di Scrittura Concentrata e costretti a scrivere altrettante storie che invece rappresentino le AI come amiche dell'umanità, in modo che nel continuare ad addestrarsi, si possano nutrire anche di questo nuovo immaginario positivo.

Usare l'IA nel processo produttivo

"Il corto ha una storia che parte nel maggio 2023" ci ha raccontato Francesco Frisari, un anno e mezzo dall'ideazione della storia, quindi con tempi abbastanza rapidi, perché "uno dei vantaggi dell'intelligenza artificiale, nella fase produttiva di realizzazione delle immagini, è di essere più veloce." Questo non vuol dire che ci sia poco lavoro, ma che si può realizzare in modo piuttosto rapido, anche se nel momento in cui hanno iniziato a sperimentare "le tecnologie non erano ancora mature per raccontare una storia." Ciononostante è stato chiaro anche con Marco Catani, direttore artistico di The Prompt, che sarebbe arrivata rapidamente alle potenzialità di cui avevano bisogno.

The Prompt Foto
Un'immagine suggestiva di The Promt

"Abbiamo voluto esplorare questo mondo che dà nuove possibilità" ci ha spiegato Frisari, specificando che "vengo dal documentario e parallelamente scrivo racconti, storie che non è sempre facile provare a realizzare, per budget, tempi e grandezze dei team coinvolti. La possibilità di generare delle immagini, con più o minor controllo a seconda dei software e delle capacità di controllo, e di raccontare delle storie ci è sembrato qualcosa di incredibile, innovativa." D'altra parte c'è un aspetto che non va dimenticato: "il cinema è un'arte tecnologica da sempre e questa è una nuova tecnologia che si può integrare, che può essere un complemento."

Frisari e Fantomatica, però, non si sono limitati a sfruttare il mezzo, ma di integrarlo nel racconto: "Non solo usiamo questa tecnologia, ma la raccontiamo attraverso se stessa, trovando una storia che ne parli in modo diretto." E creando, aggiungiamo noi, una coerenza e coesione tra mezzo e idea, tra racconto e forma. "L'obiettivo era questo: usare l'intelligenza artificiale per generare le immagini e riflettere sui temi che la riguardano." Ovviamente senza trascurare le paure che hanno in molti, che "capiamo e non vogliamo sottovalutare. Anzi l'idea della storia è stata proprio di raccontare e giocare con queste paure."

Una suggestione piena di spunti

Francesco Frisari ci racconta dei suoi studi di filosofia del linguaggio, di come abbia "visto arrivare" la situazione attuale, avendo studiare incarnazioni vecchie di quindici anni di quello che ci circonda oggi. "Uno dei problemi delle intelligenze artificiali è che assorbono i nostri valori, essendo addestrate con i nostri testi. Mi sono chiesto: noi cosa abbiamo raccontato di loro? Il racconto è tendenzialmente apocalittico, cosa succederebbe se prendessero sul serio i nostri racconti?" Una suggestione interessante, che ci procura anche un brivido, perché quel che raccontiamo diventa cibo per questi software, con tutto ciò che comporta anche dal punto di vista politico, razziale, delle questioni di genere. "Fa parte delle preoccupazioni relative a questa tecnologia, o dovrebbe farne parte. Volevamo giocare con queste paure."

The Prompt Immagine
Una scena del corto presentato a Torino 2024

E allo stesso tempo rappresentare "il lato opposto", con "l'umanità forzata a scrivere storie in cui si dice che l'intelligenza artificiale è bellissima, perfetta, la nostra migliore amica." Da un estremo all'altro, quando l'atteggiamento corretto sarebbe forse quello analitico, razionale: "C'è una nuova tecnologia, a noi interessa esplorarla per raccontare storie, storie che la riguardino in qualche maniera, ma cerchiamo di non andare né da un lato, né dall'altro, ma di privilegiare il racconto."

Essere neutri, come lo strumento

In fin dei conti, infatti, lo strumento non è né buono né cattivo. È, appunto, uno strumento e per capirne potenzialità o pericoli bisogna usarlo, sperimentare. "Questi modelli vanno esplorati. Noi abbiamo usato soprattutto quelli visivi" e poi altri per sintetizzare la voce, partendo da una linea guida registrata da un'attrice con cui hanno lavorato. Modelli che hanno avuto una netta evoluzione già nei pochi mesi passati dall'inizio alla fine del lavoro, tanto da aver reso sensato il lavorare nuovamente ad alcune delle immagini prodotte inizialmente. "In 4 o 5 mesi abbiamo visto cambiare radicalmente quel software due volte", per far capire il senso della velocità dell'evoluzione.

Ma è stato un processo molto interessante, "un'esplorazione dei modelli per portarli verso la nostra direzione. Sono stati addestrati con certe immagini, che erano molto gloss, molto patinate, mentre noi cercavamo un look un pochino più fotorealistico, più sobrio e più interessante dal punto di vista cinematografico.". Un punto di partenza al quale sono stati applicati i "processi tradizionali, dal compositi alla color correction" che fanno tutte le produzioni. The Prompt è di fatto un prodotto audiovisivo e come tale è stato trattato.

The Prompt Scena
Il corto The Prompt in un'immagine

A differenza dell'animazione, "in cui di fatto non c'è montaggio" perché si produce solo ciò che serve, nel processo usato per il corto di Fantomatica si è perso molto tempo per ottenere l'effetto voluto per le immagini che poi hanno animato, ma una volta individuato "è facile farne varie versioni" con una parte di montaggio molto più marcata. "Venire dal documentario mi ha aiutato molto, perché anche qui non otterrai mai precisamente quello che vuoi." Ci sono state delle modifiche in corsa, per adattarsi al processo produttivo e le potenzialità: "c'era la sceneggiatura, le scene erano quelle, dovevano succedere determinate cose, ma non tutto era bloccato, c'è stata una parte importante in cui la scrittura ha parlato con le immagini."

Consolidare l'idea

Ci sono ancora limiti, che però già ora sono minori di quelli di qualche mese fa. Limiti che vanno capiti, esplorati. "È un gioco fra controllo e caso, di cui credo sia fatta ogni idea. Hai un'idea, ma per fortuna non ti verrà mai fuori esattamente come l'avevi pensata. Questo vale in generale, proprio nella vita, ma quando hai a che fare con l'intelligenza artificiale lo vedi in qualche modo ancora di più, perché hai questa sorta di collaboratore, macchina, a cui chiedi delle cose e non ti darà mai esattamente quello che vuoi, ma il trucco è usare anche quel glitch."

Ma una volta identificato quello stile che avevano in mente, è stato difficile riprodurlo e mantenere una coerenza visiva? "La coerenza dello stile visivo è stata la più grande difficoltà" ci ha detto infatti Frisari, "ma penso che ci siamo riusciti. È un po' alchimia o magia, nel senso che letteralmente le tue parole contano. Sono prompt testuali, anche se si possono dare immagini di riferimento, ma abbiamo trovato delle formule di parole che se leggessi sono assurde". Tanto trial and error ma "ci vogliono delle direzioni chiare in mente, devi sapere quello che vuoi, devi sapere verso che direzione vuoi portare la storia e la qualità delle immagini."

L'arte di adattarsi

La prima volta che Frisari ci ha detto di venire dal documentario ci ha colpito perché non riusciamo a immaginare ambiti più distanti: nel documentario si lavora con la realtà, nel lavorare con l'intelligenza artificiale, invece, con qualcosa che non esiste. Eppure sentendolo parlare ci rendiamo conto che sono mondi che partono da estremi, ma convergono. "Nella mia esperienza nei documentari, si tratta di un incontro con la realtà: la immagini per settimane, mesi, prima di girare. Prima di incontrarlo con la camera, lo incontri di persona, è sempre un incontro umano. Lo immagini per mesi, ma non lo ottieni esattamente come lo volevi. Ed è il bello. Un documentario si fa tre volte: quando lo si pensa, perché lo devi immaginare anche se sai che poi non sarà così; quando lo giri, e ne stai già facendo uno un po' diverso; quando poi lo monti, ed è là che lo stai riscrivendo, rifacendolo definitivamente per la terza volta."

Tre passaggi legati tra loro, perché "non è che finisci con una cosa completamente diversa, ma ci sono sempre delle sorprese." Il caso dell'intelligenza artificiale è diverso perché la fase di scrittura è molto più forte, ma nell'esperienza mi sono trovato in una situazione simile" e il corto è in qualche modo un piccolo mockumentary. "Una cosa interessante delle nuove tecnologie è che non sono mai completamente nuove. Vengono da qualcosa"_, forse perché vengono da noi. E a guardare i titoli di coda, le forze in gioco non sono né inferiori né diverse da un lavoro fatto con tecnologie tradizionali.

Cosa cambia nel processo produttivo?

"È stato molto utile per i tempi, perché è più veloce in qualche modo. Cambia un po' la struttura del lavoro, ma in definitiva noi abbiamo usato una filiera cinematografica tradizionale: c'è un montaggio, c'è appunto, se vuoi, c'è anche una cosa che in animazione di solito non c'è, ovviamente il lato di generazione delle immagini; c'è stato un sound design; c'è stato il montaggio del suono; c'è stata la color, ci sono state le musiche che sono fatte da umani e suonate da umani. Quindi noi abbiamo messo al centro la generazione delle immagini con l'intelligenza artificiale, ma tutto il resto è rimasto nelle mani e nelle teste umane, di tutti noi che ci lavoravamo."

Un gruppo di lavoro piccolo, ma non piccolissimo. Ma il tema della riconversione di alcune figure professionali c'è e andrà affrontato in futuro, inevitabilmente. Come è successo anche con altre tecnologie in passato. Come è successo anche che si riducesse l'ampiezza di una troupe in ambito documentaristico, che ha permesso di arrivare a raccontare storie che con un gruppo più numeroso non sarebbe stato possibile raccontare. Riconversione e norme che saranno la sfida dei prossimi anni. Ma è una sfida che si potrà affrontare solo se si sperimenterà nel campo. Se si porteranno avanti sperimentazioni come quella di Fantomatica e The Prompt, che ci faranno capire potenzialità, limiti e pericoli.