Casa Hollars è un gran bel casino: un figlio divorziato ancora assieme a mamma e papà, il secondogenito in piena crisi di ispirazione e un marito testardo sul lastrico. Poi c'è lei, c'è mamma Sally. Il pilastro. Robusta nel corpo e nello spirito, questa bella signora è un punto di riferimento fondamentale per i suoi tre uomini alla deriva, la bussola inamovibile che guida sempre e comunque. Mamma Hollars non è soltanto la contabile di famiglia, ma il collante che, anche da lontano, tiene tutti vicini, stretti in un grande abbraccio. Ma anche i pilastri possono cedere, anche le bussole possono impazzire. Una mattina come tante Sally collassa a terra senza spaventarsi, sempre con il sorriso, pronta a minimizzare il malore.
La diagnosi, però, è impietosa: un tumore al cervello "grande quanto un palla di softball"; dice lei per smorzare il dramma della notizia. Così John, il figlio minore, è costretto a tornare casa da New York, la città dove è in attesa di un figlio da una donna che forse non ama e dell'ispirazione per un fumetto che sicuramente non riesce a scrivere. Mentre la vita scalpita e la malattia incombe, la famiglia Hollars si ritrova per fronteggiare quella signora implacabile di nome Vita.
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Fare ritorno
Sembra un dettaglio minore, un piccolo oggetto sullo sfondo, ma è qualcosa di più, anche perché The Hollars si apre con una vignetta di un fumetto in bianco e nero. Un disegno a china che funge da indizio per quello che vedremo poco dopo, ovvero una copia del fumetto Blankets sugli scaffali di una libreria. La citazione dello splendidi graphic novel scritto da Craig Thompson una dichiarazione di intenti che svela un'impellente necessità: riconciliarsi. Con il proprio passato, con il proprio futuro, con la casa di ieri e quella di domani, con quello che eri e quello che sei diventato. Blankets (che significa "coperta") parla di ritorni e di affetti proprio come The Hollars. L'opera seconda di John Krasinski questa coperta la avvolge attorno ad una famiglia intera, e lo fa per riavvicinare ognuno dei suoi componenti poco prima del prossimo passo.
Un passo avanti all'interno delle loro esistenze che, però, nasce dal tornare indietro per prendere la rincorsa, riscoprendo una dimensione perduta come quella casalinga e familiare. Il primo ad essere riscaldato è l'indeciso John, un uomo bloccato nella scrittura come nell'amore, nel bel mezzo di un purgatorio emotivo diventato presto apatia. Ma il malore di Sally (una straordinaria Margo Martindale) è uno scossone fortissimo che smuove le vite di tutti: di suo marito Don, del figlio maggiore Ron, di sua cognata Rebecca. Uniti da un dolore capace (come solo lui sa fare) di aumentare la sensibilità di tutti, queste persone smettono presto di essere personaggi, mentre Krasinski li inquadra con un tatto pieno di sensibilità, con gli occhi imbevuti di affetto e la bocca pronta ad assaggiare qualcosa di agrodolce.
La stanza del figlio
Teatrale nella gestione degli spazi e nel ritmo dei dialoghi, The Hollars sfrutta il cinema per rendere più grande il suo bel palcoscenico. In scena vanno battute divertenti, immagini toccanti e il bisogno di fermarsi a riflettere. La scarsa presenza di scene esterne si concilia con una non casuale scelta di fermare fisicamente tutti i personaggi. Sdraiati sui letti, seduti a tavola o in bilico sulle poltrone d'ospedale, i nostri Hollars si prendono tante pause di riflessione, ritornano a parlare per scoprirsi più persone di prima, genitori migliori, figli meno confusi. Dentro i loro confronti emerge una morale semplice e dolcissima, che celebra una straordinaria lezione di vita: decidere di sbeffeggiare il male con l'ironia, di sorridere delle disgrazie, di prendere atto della fallibilità di ogni cosa godendosi tutto. È un discorso ampio ma rivolto soprattutto al mondo degli affetti, con l'amore inteso come serie di compromessi, dove ognuno si fa carico delle debolezze altrui e instaura un tacito accordo tra chi supporta e chi sopporta, chi prende per mano e chi si fa guidare. Nonostante una serie di trovate visive già viste, quello espresso in The Hollars non è cieco ottimismo, smielata positività, ma un'opera consapevole del male da cui nasce l'apprezzamento del bene. Il film di Krasinski ha il tono tipico dei migliori film indipendenti americani (pensiamo soprattutto a Juno e Little Miss Sunshine), quelli con l'innata capacità di accarezzarti mentre ti prendono a schiaffi, e di farti sorridere per raccogliere meglio ogni lacrima.
Movieplayer.it
3.5/5