The Grudge, la recensione: addio alla tradizione giapponese nel reboot del 2020

La recensione di The Grudge, il reboot 2020 di Nicolas Pesce del famosissimo horror giapponese con Andrea Riseborough, Lin Shaye e Damien Bichir.

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The Grudge: Zoe Fish in una scena del film

Il titolo The Grudge non può suonare nuovo a nessun amante dell'horror, ma anche lo spettatore occasionale siamo sicuri avrà sentito nominare, almeno una volta, questo prolifico franchise. L'originale Ju-On (letteralmente "rancore"), uscito in sala nel 2000, è il fortunato capostipite di una saga iniziata in Giappone ma che, sull'onda dell'incredibile interesse per i film del terrore asiatici scatenatosi nei primi anni duemila, ha dato vita molto presto ad una serie di sequel e di remake statunitensi, di cui i primi due, del 2004 e del 2006, sono stato diretti dallo stesso regista dell'originale, Takashi Shimizu.

The Grudge: perché è una delle saghe horror più importanti dei nostri tempi

A vent'anni dall'uscita di Ju-On arriva in sala l'ennesimo reboot (parlando della trama, potrebbe essere considerato anche un sequel), ma, come vedremo in questa recensione di The Grudge, cerca di riproporre nel 2020 ciò che aveva fatto la fortuna del primo capitolo (in particolare alcune delle scene più spaventose e la costruzione episodica della narrazione), senza riuscire mai veramente a riprodurne l'essenza, dando vita a un film dai ritmi sbagliati e troppo ricco di prevedibili jump scares.

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The Grudge: Lin Shaye in una scena del film

L'impegno del cast è evidente: Andrea Riseboroug e soprattutto Lin Shaye (che avremmo voluto molto di più in scena, dobbiamo ammetterlo) riescono comunque a colpire con le loro interpretazioni, ma la sceneggiatura, troppo debole per quanto riguarda la costruzione dei personaggi, decisamente non aiuta. Peccato, da fan del terrore al cinema (e soprattutto di quello di origine asiatica con cui siamo cresciuti) quali siamo, avremmo sperato davvero in qualcosa di più per questo The Grudge 2020, anche perché le premesse da cui parte sono genuinamente interessanti, ma era necessario gestirle meglio per ottenere qualcosa di convincente.

Una trama dalla narrazione non lineare

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The Grudge: un'immagine del film

The Grudge, come vi anticipavamo, è sia un reboot che una sorta di sequel dell'originale. Il film, infatti, si apre con una donna americana, Fiona Landers (Tara Westwood), che dopo un viaggio in Giappone (dove è entrata per motivi di lavoro nella casa dei primi capitoli) fa ritorno in patria, portandosi ovviamente dietro la terribile maledizione.

Questo escamotage narrativo era già stato utilizzato in The Grudge 2, in cui una delle protagoniste portava con sé la creatura maligna giapponese, lo spirito rancoroso di una donna che perseguitava chiunque mettesse piede nella casa dove era stata uccisa, fin negli Stati Uniti. Qui però, rispetto ai primi film, le cose cambiano: Fiona non si porta dietro la diabolica creatura ma, una volta arrivata a casa, diventa essa stessa il centro della maledizione, uccidendo tutta la sua famiglia e trasformandosi nello spirito rancoroso che poi perseguiterà tutti gli altri personaggi. A essere colpiti dalla maledizione saranno infatti tutti coloro che entreranno poi nella casa: l'agente immobiliare Peter Spencer (John Cho), i signori Matheson (Lin Shaye e Frankie Faison) e, tra gli altri, il Detective Wilson (William Sadler) e la Detective Muldoon (Andrea Riseborough), dalla cui prospettiva seguiamo lo svolgersi della vicenda.

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The Grudge: una scena del film con Lin Shaye

Come nell'originale, infatti, la storia del The Grudge del 2020 è organizzata su più piani temporali e, dal presente, scopriamo che cosa è accaduto a tutti gli sventurati colpiti dalla maledizione attraverso le indagini della Detective Muldoon, che si è appena trasferita in città insieme al figlio dopo la morte del marito. Questa particolare struttura narrativa, se funzionava in Ju-On, qui non fa altro che rendere lo svolgere della narrazione meno incisivo ed efficace: lo spettatore riesce a comprendere, ben prima che venga svelato, cosa è accaduto in passato, i flashback sono quindi poco utili a far crescere la tensione ma, al contrario, disperdono l'attenzione. Stessa cosa per quanto riguarda i jump scares, che diventano pian piano sempre più prevedibili, perdendo così parte dell'impatto che dovrebbero avere.

Un cast che non delude

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The Grudge: Lin Shaye durante una scena del film

I membri del cast, come vi anticipavamo, fanno del loro meglio per rendere i loro personaggi convincenti. Tra loro risaltano Andrea Risemborough ma soprattutto Lin Shaye, che riteniamo essere un'attrice dall'enorme potenziale ma, inspiegabilmente, sottovalutata. I momenti in cui è in scena sono tra i più genuinamente inquietanti del film e, senza dubbio, tra quelli più visivamente interessanti.

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The Grudge: Andrea Riseborough in un momento del film

Il personaggi di The Grudge, però, sono decisamente un po' troppi: questa struttura a storie intrecciate fa in modo che si passi poco tempo con ognuno di loro, non riuscendo ad approfondirne passato e motivazioni come sarebbe necessario, e che, di conseguenza, non si provi empatia per quello che accade loro. Alcuni poi, come il Detective Goodman, interpretato da un seppur molto bravo Damien Bichir, non hanno a nostro parere molto senso di esistere, la loro presenza infatti non svolge alcuna funzione reale all'interno della trama.

Ma è davvero un reboot di The Grudge?

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The Grudge: John Cho in una scena del film

La cosa più straniante del film è quanto, pur essendo questo The Grudge un reboot, il film poco ricordi la pellicola giapponese (o i suoi remake americani), quello che vediamo, infatti, sembra solo una versione sbiadita dell'originale. Questo vale tanto per le scene più famose, come quella della doccia e quella del letto, che non colpiscono allo stesso modo e perdono di significato, quanto, in senso generale, per l'immaginario che si cerca di ricreare. Nei primi film il mostro vendicativo era sì terrificante ma, sopratutto, così unico da essere ben lontano da ciò a cui eravamo sempre stati abituati (per lo meno come spettatori occidentali). In questa nuova versione ciò che lo rendeva cosi caratteristico si perde completamente: lo spirito di Fiona sembra un demone qualunque, molto simile a quelli già visti in mille horror recenti.

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The Grudge: una scena del film con Andrea Riseborough

Anche le dinamiche con cui la maledizione si diffonde non sono più così chiare, e questo contribuisce a minare la solidità della storia. A rendere così terrificanti i primi lungometraggi, infatti, era proprio l'inesorabilità di questa maledizione, ma anche il fatto che seguisse determinate regole e si rifacesse a un immaginario così preciso. Il finale, poi, troppo simile a così tanti altri film di questo tipo (e non solo alle precedenti pellicole del franchise) non aiuta a elevare l nuovo The Grudge al di sopra di tutti i dimenticabili remake visti negli anni.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di The Grudge sottolineando come questo nuovo capitolo del famoso franchise, seppur sostenuto da buone scelte di cast, non ci abbia convinto a pieno.
Il film, troppo ricco di prevedibili jump scares, non riesce a nostro parere a riprodurre l'essenza dell'originale.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.7/5

Perché ci piace

  • Il cast, in particolare Andrea Riseborough e Lin Shaye.
  • La storia organizzata su più piani temporali come nell'originale...

Cosa non va

  • ...struttura che qui risulta però meno incisiva ed efficace.
  • I jump scares troppo prevedibili.
  • Non riesce a riprodurre l'essenza dell'originale.