La mela può cadere lontano dall'albero e forse non tutti i lupi sono cattivi. Ci vuole coraggio - parola di The Fosters - per scegliere una via poco battuta, lontana dalla saggezza popolare e dalla comfort zone. Soprattutto quando il mondo che ti circonda ha bisogno di darti un'etichetta per inserirti nella giusta categoria di classificazione.
La famiglia è il primo tassello di un'identità e la casa dovrebbe essere un luogo sicuro dove ancorare le proprie certezze, ma se mancano entrambe allora la vita può trasformarsi un inferno. Come può un bambino colmare questo vuoto? E come può farlo un adolescente, per cui l'esistenza sembra già confusa e complicata abbastanza?
ABC Family continua a proporre modelli domestici poco tradizionali per aderire con maggiore realismo ad una società in continua evoluzione. Le neonate scambiate alla nascita di Switched at birth, il binomio surreale suocera-nuora di Bunheads e le gemelle separate dal destino di The Lying Game ne sono la prova, ma con gli orfani di The Fosters si propone di andare oltre. La serie, prodotta da Jennifer Lopez, mette da parte i facili buonismi in nome di una disinvoltura narrativa un po' fuori dagli schemi narrativi classici.
Diffidente, ostinata, aggressiva: nessuno prima dei Fosters le ha mai dato una seconda chance, né ha voluto conoscerla realmente. Non sanno che ha un fratello minore per cui darebbe la vita, Jude (Hayden Byerly): in quattro anni ha cambiato sette scuole differenti.
Quando Stef la ospita, si sente rispondere da Lena: "Non possiamo salvarli tutti. Non siamo la famiglia Brady". Anche Mike fa battute sui "randagi" accolti dalla ex e non si può dire certo che le mamme dei compagni di classe nell'esclusivo istituto sulla spiaggia facciano i salti di gioia all'idea che i pargoli frequentino una teenager con precedenti. Tutti i personaggi condividono un senso di inadeguatezza profondo, per un motivo o per l'altro. Additati come diversi, emarginati o semplicemente giudicati, si ritrovano a lottare per esprimere la propria voce e in alcuni momenti sono i primi a condannare se stessi. Stef ha sempre considerato l'origine birazziale (mamma afroamericana, papà bianco) come un generatore di confusione, Mariana e Jesus non riescono del tutto ad entrare in contatto con la comunità latina da cui provengono, Lena vive l'omosessualità con svariati sensi di colpa nei confronti dell'ex marito, Brandon si ritrova "invaso" da nuovi fratelli e sorelle senza poter realmente decidere i propri spazi. Callie e Jude, poi, vivono nel perenne status di ospiti, con la valigia sempre pronta per spostarsi in una nuova, e spesso temporanea, situazione. Senza contare che il ragazzino ha già subito violenze in passato, a cui si aggiungono alcuni episodi di bullismo. Il motivo? Si è presentato a scuola con lo smalto blu sulle mani.
Ciò che maggiormente li accomuna è il desiderio di una stabilità emotiva, che plachi la sete di consensi, insita in ciascuno di loro. Uno dei maggiori pregi di questa serie risiede proprio nella scrittura, capace di cogliere il cuore dei personaggi e di accompagnarli in un percorso narrativo coerente. I dialoghi brillanti prendono quindi vita grazie ad un cast ben assortito e perfettamente funzionale alle esigenze del copione.
Una fotografia calda incornicia location incantevoli, a volte in stridente contrasto con il disagio dei protagonisti, e un ritmo efficace scandisce ed equilibra i toni drammatici con quelli da commedia.
The Fosters ha l'effetto di un colpo di fulmine, ma - stando alle ottime premesse dei primi episodi - non si esaurisce così rapidamente.