The Cloverfield Paradox: la saga si espande, ma perde il suo fascino fuori dal comune

A sorpresa, il terzo episodio della saga fantascientifica è arrivato su Netflix appena un paio d'ore dopo il primo trailer, in concomitanza con il Super Bowl. Una strategia intrigante che però mette anche in evidenza le debolezze di un film che in sala rischiava seriamente di morire sul piano commerciale.

Cloverfield, un'immagine della Statua della Libertà decapitata
Cloverfield, un'immagine della Statua della Libertà decapitata

La stazione spaziale Cloverfield si ritrova isolata e incapace di comunicare con la Terra in seguito all'esito negativo di un esperimento con un acceleratore di particelle, il cui uso corretto dovrebbe risolvere una crisi energetica. Alle prese con una minaccia ignota, l'equipaggio deve fare i conti con varie incognite per sopravvivere lontano da casa e far sì che l'incidente non abbia ripercussioni al di fuori della stazione, poiché è possibile che si sia verificato lo scenario più terribile ipotizzato dagli oppositori dell'acceleratore...

Dieci anni di evoluzione

Il 18 gennaio 2008 uscì nei cinema americani Cloverfield, un monster movie realizzato con la tecnica del found footage e a un prezzo abbastanza modesto (25 milioni di dollari), noto anche per la campagna di marketing che si focalizzò su determinati elementi tematici e visivi, nonché il nome di J.J. Abrams tra i produttori, senza veramente svelare la trama (anche il titolo del film era sconosciuto fino a due mesi prima dell'uscita). Con un incasso globale di 170 milioni di dollari era inevitabile che si pensasse a una prosecuzione della storia di una creatura misteriosa che semina il panico a New York. E proprio in quella sede si è manifestato il modo di pensare atipico degli autori, intenzionati a fare qualcosa di relativamente inaudito nel mondo dei franchise che loro stessi ormai conoscono molto bene (Abrams ha rilanciato Star Wars e non solo, mentre il regista Matt Reeves è attualmente al lavoro su un film dedicato a Batman e ha firmato gli ultimi due Planet of the Apes).

Leggi anche: J.J. Abrams: le tappe fondamentali del nuovo imperatore di Hollywood

10 Cloverfield Lane: Mary Elizabeth Winstead, John Goodman e John Gallagher Jr. in una scena del film
10 Cloverfield Lane: Mary Elizabeth Winstead, John Goodman e John Gallagher Jr. in una scena del film

Per anni un discreto silenzio, seguito dall'annuncio a sorpresa, nel gennaio del 2016, di 10 Cloverfield Lane, arrivato nelle sale due mesi dopo. Più spin-off che sequel, e nato come progetto indipendente successivamente trasformato con minimi ritocchi in un episodio del franchise, il film di Dan Trachtenberg mantiene la dimensione claustrofobica del capostipite ma rinuncia al found footage e ai mostri, per lo meno quelli classici. Dal creature movie siamo passati al thriller psicologico, intriso di paranoia e incentrato sul rapporto fra tre personaggi alle prese con una presunta realtà post-apocalittica. Anche in questo caso il successo di pubblico c'è stato (110 milioni di dollari al box office globale, quasi dieci volte il budget), suggerendo che l'approccio di storie per lo più autoconclusive e facenti parte di generi diversi potesse funzionare come alternativa ai blockbuster Marvel e DC dove viene accentuata l'interconnettività.

Leggi anche: 10 Cloverfield Lane: il ritorno inaspettato di un franchise fuori dal comune

Il paradosso della distribuzione

images/2018/02/05/the_cloverfield_paradox.png

Ed eccoci arrivati a The Cloverfield Paradox, inizialmente intitolato God Particle e anch'esso, come 10 Cloverfield Lane, sulle prime concepito come progetto a sé (ma in questo caso l'integrazione nel franchise avrebbe avuto luogo prima che iniziassero le riprese). Originariamente previsto per il febbraio del 2017 e poi rimandato tre volte fino all'aprile di quest'anno, il film è stato oggetto, nelle ultime settimane, di speculazioni su un possibile acquisto da parte di Netflix, nell'ambito di una nuova strategia della Paramount di evitare l'uscita cinematografica per progetti a rischio sul piano commerciale (vedi Annientamento, che in quasi tutto il mondo sarà disponibile direttamente sulla piattaforma di streaming). Una scelta motivata soprattutto dal budget più cospicuo: circa 45 milioni di dollari, vale a dire quella zona intermedia tra low-budget e blockbuster che gli studios tendono ad evitare di questi tempi. Strategia dettata forse dall'istinto di sopravvivenza - la Paramount è la major hollywoodiana con lo stato di salute peggiore attualmente - e che ha fatto discutere parecchio, tra i fan del franchise ma non solo.

Leggi anche: Annientamento: il film arriverà su Netflix due settimane dopo il debutto negli USA?

images/2018/02/05/180204175237-cloverfield-paradox-exlarge-169.jpg

E poi, la sera del 4 febbraio, durante il Super Bowl, l'annuncio a sorpresa: un trailer del film, dove viene specificato che il lungometraggio stesso sarà disponibile su Netflix poche ore dopo (5 del mattino per l'Italia). Il viral marketing portato all'estremo, con risultati chiaramente positivi in termini di fruizione da parte degli abbonati (chi scrive l'ha visto alle 7 di mattina, e già allora il film era nella lista "Trending Now"). Ma è anche uno stratagemma che equivale a quello che le major fanno con determinati film per cui non si aspettano recensioni positive, ossia farlo uscire senza apposite proiezioni per la stampa (o, nel caso di Netflix, screener messi a disposizione degli addetti ai lavori), costringendo i critici a vedere il lungometraggio in contemporanea con il pubblico e impedendo così a eventuali responsi negativi di "contaminare" la scelta dello spettatore. Già prima dell'uscita la semplice voce della cessione a Netflix suggeriva che la Paramount avesse poca fiducia nel progetto, e farlo arrivare sulla piattaforma quasi dal nulla, per quanto quasi coerente con il DNA del franchise (quasi, perché i due film precedenti furono mostrati alla stampa in anticipo), non fa che rafforzare tale impressione.

Leggi anche: Mostri giganti! Da King Kong a Godzilla, 10 creature che hanno invaso il grande schermo

La particella del franchise

images/2018/02/05/the_cloverfield_paradox2.png

The Cloverfield Paradox, come abbiamo detto, nasce come progetto indipendente ed è poi divenuto parte della saga, ma in tempi meno ristretti rispetto a 10 Cloverfield Lane. Una differenza di approccio abbastanza evidente a livello strutturale: nello spin-off di Trachtenberg la componente Cloverfield era ai minimi storici, senza influire sul mood generale del film, mentre in questo caso già solo la scelta di chiamare con il nome del franchise la stazione spaziale rileva un intento più apertamente seriale, in funzione di sviluppi che - sulla carta - possono aprire le porte ad altri film più direttamente legati al primo episodio. Il tutto con una mentalità che riconduce inevitabilmente allo stile di Abrams, da sempre appassionato dei misteri che verranno risolti più in là, ma senza il dono di questi per generare un'attesa in grado di giustificare tali domande (per ora senza risposta). Difatti è proprio l'elemento più spudoratamente mitologico a indebolire il film, puntando verso una direzione abbastanza inedita che potrebbe allargare il mondo ideato ai tempi da Abrams, Reeves e Drew Goddard, ma che in realtà lo restringe ulteriormente (un effetto che si applica anche all'estetica del progetto, ufficialmente il più costoso dei tre Cloverfield ma in apparenza il più cheap sul piano visivo).

Leggi anche: Dalla strega di Blair a The Gallows, il fenomeno degli horror 'found footage'

Life - Non oltrepassare il limite: Ryan Reynolds in una delle primissime immagini del film
Life - Non oltrepassare il limite: Ryan Reynolds in una delle primissime immagini del film

Preso invece come entità drammatica a sé, il film presenta altri problemi, di cui uno che giustifica in parte la strategia distributiva: una certa somiglianza, in termini di contenuto e atmosfere, con Life - Non oltrepassare il limite, uscito meno di un anno fa al cinema (e già di suo considerato un rifacimento ufficioso di Alien). La stazione spaziale è presente, l'equipaggio da eliminare gradualmente anche. Ma rispetto al film di Daniel Espinosa, e a 10 Cloverfield Lane, mancano personaggi sufficientemente carismatici da rendere interessanti le loro esperienze sempre più orrifiche. Anche in questo caso sembra che l'ambizione mitologica abbia avuto la meglio sullo sviluppo dei protagonisti, sprecando di conseguenza un cast internazionale più che ammirevole di cui fanno parte, tra gli altri, Zhang Ziyi, Aksel Hennie e Daniel Brühl (con l'aggiunta di comparsate vocali per Simon Pegg e Greg Grunberg). In tal senso c'è una certa logica perversa nel far arrivare il film direttamente su Netflix: a suo modo, questo è effettivamente un prodotto che, vent'anni fa, non avrebbe sfigurato nel reparto straight to video.

Leggi anche: Life: la vita extraterrestre esiste... e non è amichevole

Il futuro

images/2018/02/05/the-cloverfield-paradox-gugu-mbatha-raw.jpg

Il quarto episodio del franchise è già in post-produzione. Si chiama Overlord, è diretto da Julius Avery e si presenta come radicalmente diverso dai film precedenti, essendo ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale (protagonisti sono due soldati americani che scoprono che i tedeschi stanno usando metodi paranormali). Stando agli ultimi annunci ufficiali il lungometraggio dovrebbe uscire al cinema alla fine del 2018, distribuito dalla Paramount, ma rimane da vedere se i problemi dello studio non indurranno gli aventi diritto a puntare anche in questo caso sullo streaming (la cosa dipenderà presumibilmente anche dai risultati di The Cloverfield Paradox). Certo è che, se il livello sarà simile a questo, un franchise dal potenziale molto intrigante si avvia verso una china discendente da non sottovalutare nel contesto di un cinema popolare comunque disposto a tentare qualcosa di diverso.

Movieplayer.it

2.0/5