Due famiglie devono affrontare l'elaborazione del lutto dopo che un incidente ha portato via ad una di loro il figlio prediletto, Kolton, star della squadra scolastica locale. Il ragazzo era fidanzato con Trina, la figlia di uno degli insegnanti della scuola, parte dell'altra famiglia citata. Kolton lascia il gemello, Jacob, che deve affrontare l'eredità pesante e impossibile del fratello con un padre che si è chiuso a riccio. Questa è la storia di The Big Door Prize... aspettate però, proviamo a fare un passo indietro e ricominciare. Dusty Hubbard (Chris O'Dowd) è un insegnante e padre di famiglia apparentemente soddisfatto della propria vita che all'improvviso, compiuti 40 anni, si trova a fare un bilancio e non essere più così tanto appagato. Questo succede in The Big Door Prize...
No, riproviamo un'ultima volta. A Deerfield, una cittadina dell'entroterra americano in cui non si vedono cervi da secoli nonostante siano la mascotte, un misterioso macchinario chiamato Morpho appare nella drogheria locale da cui tutti si riforniscono promettendo di rivelare con un biglietto il potenziale di vita a chiunque inserisca pochi spiccioli e i propri dati anagrafici. A metà strada tra un videogioco e un'I.A., il macchinario manda in visibilio l'intera comunità convincendo i suoi cittadini che è il momento di rivalutare e ribaltare le proprie vite in nome della risposta che trovano sul biglietto. Se vi sentite un po' spaesati e confusi dopo questa tripla presentazione iniziale, non abbiate paura. Come spiegheremo nella recensione di The Big Door Prize, la nuova serie Apple Tv+ disponibile dal 29 marzo con appuntamento settimanale, ci sono così tante anime e tematiche al suo interno che sarebbe riduttivo definirla in un modo solo.
Vita potenziale
Apple Tv+ continua a confermare non solo la propria qualità medio-alta nelle produzioni ma anche una certa direzione creativa verso cittadine più o meno immaginarie la cui routine quotidiana viene stravolta da un evento esterno. Dopo Hello Tomorrow! ambientata in un mondo retro-futuristico con protagonisti estremamente carismatici, The Big Door Prize raddoppia tornando ai giorni nostri e strizzando l'occhio alla discussione apertissima sulle intelligenze artificiali e sul loro ruolo nella vita dell'umanità d'ora in poi. Emblematica in tal senso è tutta la sequenza in cui la macchina viene attivata senza dare troppo peso all'accettazione delle condizioni di contatto e privacy, come quando si installa un programma o un'app.
Il premio Emmy David West Read (Schitt's Creek) adatta questa nuova comedy dal romanzo omonimo di M.O. Walsh, per metterci di fronte ad una domanda: se sapessimo qual è il nostro potenziale nella vita, la cambieremmo o ci accontenteremmo di ciò che abbiamo? Ma soprattutto si tratterebbe davvero di accontentarsi o semplicemente di apprezzare ciò che si è costruito negli anni? Ognuno di noi fa un percorso diverso nella vita, non tutti sono ambiziosi e non è necessariamente detto che esserlo sia una scelta proficua e vantaggiosa. Dev'essere una macchina (artificiale) a dirci cosa è meglio per noi oppure lo sappiamo già da soli (come esseri umani) in cuor nostro?
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Vita reale
Tra un momento musical, uno surreale e anche qualche lacrimuccia, si ride davvero in questa comedy particolarissima e attualissima, genuina e sincera, che gioca a metà strada tra un destino segnato per noi da qualche essere superiore e che non potrà quindi essere cambiato no matter what e un percorso tutto da costruire fatto di libero arbitrio, da parte di noi stessi. L'idea vincente di David West Read è di non aver incentrato tutta la serie sul punto di vista del (presunto) protagonista Dusty Hubbard (Chris O'Dowd) ma aver puntato su tutti i cittadini, carismatici e interessanti, strutturando la comedy in una serie di episodi monografici dedicati ad ognuno dei personaggi che popolano la vita quotidiana di Dusty e dell'intera cittadina, a partire dalla moglie Cass (una forza della natura come Gabrielle Dennis). Tra sindaci che fanno troppi altri lavori tranne quello di genitori, la preside della scuola che si reinventa motociclista o un uomo maturo che si scopre modello, la delicatezza e l'ironia del racconto non dimentica le storie d'amore che vedremo svilupparsi tra i cittadini. Merito soprattutto del meraviglioso cast formato da Ally Maki, Josh Segarra, Damon Gupton, Crystal Fox, Djouliet Amara e Sammy Fourlas.
Citando il genere western e quello romcom come aveva fatto The Afterparty, anche a livello di regia e fotografia, ciò che colpisce sono i colori che la produzione ha utilizzato per raccontarci qualcosa dei personaggi e dei luoghi di Deerfield prima ancora che parlassero. Se Hello Tomorrow! si concentrava sulle ambizioni impossibili del sogno americano, in The Big Door Prize il focus è sulle insoddisfazioni dell'essere umano, che vuole sempre più di ciò che possiede, credendo che è proprio l'elemento (presunto) mancante che farà tutta la differenza e lo renderà finalmente appagato e soddisfatto. Una sorta di studio sociologico a cui ognuno reagisce in modo diverso (e gli adulti sembrano trasferire sui figli i propri sogni mancati), in cui il senso di comunità e la pressione della società rischiano di avere la meglio e in cui non esistono risposte giuste ma solo domande sbagliate. C'è tutto un filone generale dell'audiovisivo, soprattutto seriale, che sta parlando sempre più di salute mentale ed è importantissimo e significativo che si continui a farlo perché non accade mai abbastanza. Soprattutto se coadiuvato dal genere comedy che aiuta ancora di più a sensibilizzare il pubblico.
Conclusioni
Tante serie in una: di questo abbiamo parlato nella recensione di The Big Door Prize, l’ultima fatica di Apple Tv+ che conferma ancora una volta la qualità medio-alta della piattaforma e porta avanti in un certo senso il discorso di Hello Tomorrow! parlando di intelligenza artificiale, di bilanci della vita, di aspirazioni e ambizioni, di una comunità che rappresenta tutto il mondo. Con Chris O’Dowd mattatore e tutto il cast a corredo a decretarne il successo corale. Deerfield è l’ennesima cittadina caratteristica dell’entroterra americano in cui vorremmo vivere, nonostante tutto.
Perché ci piace
- Chris O’Dowd e Gabrielle Dennis funzionano ma è tutto l’ensemble generale a farci divertire e incuriosire.
- L’idea degli episodi monografici.
- La palette di colori utilizzata per raccontarci luoghi e personaggi.
- Le tematiche e i generi più disparati affrontati nella comedy...
Cosa non va
- … che potrebbero sopraffare qualche spettatore.
- La caratterizzazione estrema di alcuni personaggi potrebbe infastidire qualcuno.