Torna lo spaghetti western all'italiana e lo fa con una ficton. Prodotta da Mediaset in collaborazione con la Dap Italy srl di Guido De Angelis, Doc West è uno dei progetti televisivi italiani più importanti degli ultimi anni, concepito e realizzato come un tuffo nel passato di un genere che ha portato il cinema italiano in tutto il mondo. Pensato per il mercato internazionale e girato interamente a Santa Fe in lingua inglese, il film si avvale di un cast italiano e interazionale di grande livello che vede impegnati Paul Sorvino nel ruolo del simpatico sceriffo della cittadina di Holy Sand, Ornella Muti nei panni di un'avvenente giocatrice di poker ex-compagna dello sceriffo, Alessio Di Clemente nei panni dello spietato antagonista Garvey e anche il produttore Guido De Angelis e il regista Giulio Base impegnati in due divertenti cammei. Il film in due puntate da un'ora e mezza ciascuna andrà in onda il 7 e il 14 settembre in prima serata su Canale 5 aprendo ufficialmente la nuova stagione fiction di Mediaset. In occasione della presentazione ufficiale di Doc West Movieplayer.it ha incontrato Terence Hill, Giulio Base e Guido De Angelis accompagnati dal direttore di Fiction Mediaset al Lido di Venezia.
E' inusuale una presentazione di fiction in quel del Lido durante la Mostra del Cinema di Venezia, c'è un motivo ben preciso dietro questa decisione?
Giancarlo Scheri: Siamo molto orgogliosi di presentare questo nostro nuovo progetto proprio qui a Venezia, in un luogo di culto del Cinema internazionale in cui si respira un'aria davvero magica, uno scenario appropriato per mostrare in anteprima questa nuova fiction dal grande contenuto cinematografico. Siamo molto felici che dopo aver accettato di partecipare come protagonista a questo film, Terence abbia accettato di accompagnarci anche oggi in questa avventura veneziana, luogo ideale per raggiungere circuiti cinematografici di tanti paesi in un solo colpo.
Di nuovo al fianco di Giulio Base anche in questo Doc West, come è nata l'idea di produrre un progetto così ambizioso per la televisione italiana?
Guido De Angelis: Da tanti anni lavoriamo con Giulio, per le musiche e per le produzioni dei suoi film, ma stavolta avevamo tutti voglia di cambiare, di riportare a nuova vita un genere ormai scomparso. Noi non abbiamo mai dimenticato quali fossero gli ingredienti del western, un genere che da sempre abbiamo amato e seguito ed a un certo punto ci è venuta nostalgia di un cinema fatto di quei sapori, di quegli odori e di quei suoni, di polvere e di terra, di paesaggi sconfinati. Ci siamo guardati ad un certo punto e ci siamo detti 'andiamo in America'.Qual è il ricordo che conservate più gelosamente di questa esperienza?
Guido De Angelis: La cosa che mi commuove di più ripensando a quel periodo è l'immagine di Terence in una nuova veste, il suo entusiasmo quando gli abbiamo proposto il progetto. Lui come noi ci si è buttato dentro a capofitto, ma solo quando la sceneggiatura era arrivata al punto giusto.
Avete già qualche idea per il futuro? Ne farete una lunga serialità?
Guido De Angelis: La fiction è stata presentata non solo qui a Venezia ma anche negli Stati uniti e tutti i network più importanti sono rimasti colpiti. Ci sono arrivate tantissime proposte da emittenti che vorrebbero realizzare una lunga serie, noi ancora non ci crediamo che stia realmente accadendo. Sarebbe la prima volta che una produzione italiana varca in modo così massiccio e significativo i confini nazionali. Siamo sicuri di aver realizzato un buon prodotto per famiglie, per i giovani, per donne, non semplicemente un miscuglio rozzo di scazzottate e pistolate.
Non ha paura che la gente si sia un po' stancata di vederla sempre nello stesso genere di film dopo i vari Lo chiamavano Trinità e Il mio nome è nessuno?Terence Hill: Io avrei rifiutato se la sceneggiatura non mi avesse convinto, i miei trascorsi nel western sono davvero tanti. Sono state molte le riscritture del film, molte cose a mio avviso all'inizio non andavano. Poi dalla produzione l'idea geniale del dottor West, un personaggio nuovo, originale e bizzarro. A quel punto ho tirato un sospiro di sollievo e ho deciso di salire sul treno.
Come si è trovato a dirigere in coppia con Terence Hill questa fiction in terra americana?
Giulio Base: Devo ringraziare Terence prima di tutti, perchè anche solo con la sua presenza al mio fianco ha fatto in modo che le cose si svolgessero in maniera diversa dal solito e non banale. Sento addosso una gioia enorme per aver fatto parte di questo progetto così importante, un qualcosa che spero rimanga nella storia per la sua semplicità e genuinità, noi l'abbiamo realizzato per sancire un ritorno al western puro. E' stato come bere un bicchiere d'acqua pura dopo aver sofferto la sete per anni.
Cosa avete mantenuto del western americano e dello spaghetti italiano?
Terence Hill: Doc West racconta le avventure di un dottore appassionato di pistole e di poker che per caso si ritrova a passare per le strade di una cittadina che sentirà sempre di più come casa sua. Lo stile del mio personaggio ricorda volutamente il passato della mia carriera nel genere western, torna lo spolverino bianco che indossavo anche ne Il mio nome è nessuno e in Lucky Luke, che poi è un regalo di Sergio Leone da cui non mi separerò mai. Certo, avremmo potuto girare il film a Manziana nella provincia di Roma come abbiamo spesso fatto in passato oppure nel sud della Spagna, ma se volevamo davvero fare il salto e riproporre qualcosa di reale ambientato in una location credibile dovevamo per forza andare in America. Non sarebbe mai stata la stessa cosa perchè in quel villaggio sono stati girati film come Quel treno per Yuma, Appaloosa e Silverado. Non aggiungo altro.