Taxi Monamour e "l'importanza dell'umanità". L'intervista a Ciro De Caro, Rosa Palasciano e Yeva Sai

La libertà, la solitudine, l'amicizia e il cinema italiano che, spesso, dimentica la normalità: la nostra intervista al regista e alla protagoniste di Taxi Monamour. Al cinema.

Yeva Sai e Rosa Palasciano durante la nostra intervista

Il tempo, i sogni, l'attimo da cogliere e la libertà da abbracciare. Al centro, la storia semplice e meravigliosamente normale di due ragazze, divenute amiche in mezzo ad una tempesta. Anna e Cristi, la prima con una malattia spaventosa con cui dover fare i conti, la seconda con la voglia di tornare a casa. Anche se casa, per lei, vuol dire guerra. Ciro De Caro dopo l'ottimo Giulia torna a parlare di vita e di emozioni in Taxi Monamour, presentato in concorso alle Giornate degli Autori di Venezia 81. Per l'occasione, in mezzo alle giornate convulse della Mostra del Cinema, incontriamo sia Ciro De Caro che le protagoniste del film, ovvero le splendide Rosa Palasciano e Yeva Sai.

Taxi Monamour Yeva Sai Rosa Palasciano Immagine
Le due protagoniste in un momento di Taxi Monamour

Una coppia affiatata, sincera, emotiva nel loro prendersi per mano, mentre rispondono alle domande dei giornalisti. Proprio Rosa Palasciano, ha spiegato che "Il tempo all'inizio delle riprese era un tema fondamentale di riflessione, perché le protagoniste ne hanno pochissimo. Quindi bisogna fare tutto subito. Il personaggio di Anna spinge per accelerare i tempi. C'è questa voglia di afferrare il più possibile il tempo e i momenti per stare assieme e soprattutto godere di ogni dettaglio, fare una foto assieme o ascoltare della musica. Insomma, non voglio parlare troppo di quello che succede, ma sì, c'è questa rincorsa del tempo da recuperare". Secondo Yeva Sai, "Per Cristi, invece, il tempo è molto strecciato, è molto lungo, allungato. Però poi alla fine sì, tutto succede molto veloce e non si accorge neanche. Ma ha un tempo intero, che è molto più lento di quello di Anna".

Taxi Monamour: intervista a Rosa Palasciano e Yeva Sai

Al centro di Taxi Monamour c'è anche il senso di solitudine. Nonostante viviamo in un'epoca iper-stimolante e affollata, l'emozione della solitudine è preponderante. Sul tema riflette ancora Rosa Palasciano: "Nel film ci sono sono due solitudini, diciamo, ovviamente specifiche e femminili. Avevamo proprio voglia di raccontare cosa significa anche essere sole, essere due donne sole, quindi avere forse anche difficoltà specifiche a chiedere aiuto. Le amicizie tra donne sono complesse. Io sono sempre stato un po' gelosa delle amicizie maschili perché sono più semplici. E invece noi donne abbiamo bisogno di più tempo per incontrarci, per instaurare fiducia. È anche una questione storica. Quindi, in questo caso sono delle solitudini che poi si incontrano, si accompagnano, si fanno da specchio, si ispirano l'un l'altra per poi fare in realtà semplicemente quello che volevano già fare. Si danno forza per essere loro stesse".

Dalla solitudine, al concetto di ricerca della libertà. Fortissima nel film di Ciro De Caro. A riguardo, Yeva Sai spiega che: "Questo tema è enorme e la voglio esplorarlo. Ogni giorno quando vedo qualcuno che sta andando contro qualcosa nella società in nome della sua libertà, mi inspira tantissimo. In Taxi Monamour le protagoniste vengono sempre giudicate, ma vogliono solo capire cosa essere davvero. Il mondo tra l'altro non risponde necessariamente a come mi sento, o a come vedo la vita. Alcune volte accetti una situazione, ma dentro vorresti fare l'opposto. È lì che ci sentiamo noi stessi, sentiamo il nostro essere umani".

Taxi Monamour, la recensione: l'intimità leggera di una storia di vita ed emozioni

Ciro De Caro: "Parlare di persone normali è fondamentale"

La peculiarità di Taxi Monamour, come spiegato a Movieplayer.it da Ciro De Caro, è il racconto di una certa normalità (che abbiamo sottolineato nella recensione), poco avvezza al cinema italiano, purtroppo ancora incentrato sulla borghesia e non sulla riconoscibilità. Per il regista, "Non so perché ci sia questo settaggio, ma credo che sia più bello raccontare le persone normali. I grandi temi vengono fuori attraverso l'essere umano, attraverso le cose semplici. C'è tanto da raccontare. Il cinema italiano deve molto alle storie in cui apparentemente non c'è un grande tema"_.

E prosegue, "Perché poi l'essere umano ha tanto da dire, c'è tanto da esplorare e attraverso le manie, i problemi del quotidiano, le idiosincrasie di ognuno di noi, possiamo raccontare quello che ci accade. Il cinema in generale ha il dovere di fotografare le persone vere. Perché nel cinema deve essere tutto bello e tutto perfetto? Raccontiamo la verità, raccontiamo le cose che conosciamo. Anche i silenzi. Una persona può stare in silenzio e non dire niente di così apodittico, eclatante. A volte mi sembra di vedere dei film dove ogni frase è una sentenza".