I bambini francesi dietro i banchi di scuola avevano già fatto capolino nelle nostre un paio di mesi fa in quel La classe - Entre les murs di Laurent Cantet che aveva incantato i giurati dell'ultimo Festival di Cannes, dov'è stato premiato con la Palma d'oro, e che ora spera di riportare in Francia, sedici anni dopo Indocina, l'Oscar per il miglior film straniero. Intanto, il cinema d'oltralpe torna a parlare di scuola e bambini con Stella, che racconta il primo anno in una nuova scuola media di una undicennene che allo studio preferisce le chiacchiere degli avventori del bar di famiglia. Presentato con successo alle Giornate degli autori della recente Mostra del cinema di Venezia, il film è ambientato negli anni '70 ed è interpretato dall'esordiente Léora Barbara, dal cantautore Benjamin Biolay e da Guillaume Depardieu, figlio di Gérard, recentemente scomparso all'età di 37 anni in seguito a delle complicazioni causate da una polmonite. Il film arriva in italia con la benedizione di Nanni Moretti che lo distribuirà con la sua Sacher a partire da venerdì 5 dicembre in quindici copie, tre delle quali in versione originale con sottotitoli in italiano. Nella conferenza stampa di presentazione del film, tenutasi all'Ambasciata di Francia a Roma, la regista Sylvie Verheyde ci parla di quest'opera autobiografica nata dai suoi ricordi di bambina e dell'importante messaggio che attraverso di essa voleva trasmettere.
Com'è stato accolto Stella in Francia, in particolare dai più giovani?
Sylvie Verheyde: Il film è stato accolto molto bene, sia dalla critica che dal pubblico. Ha suscitato in tutti grande commozione e ognuno ha trovato ragioni diverse per amarlo o vari elementi nei quali ci si è riconosciuti. I giovani, in particolare, si riconoscono in questa ragazzina che va male a scuola, ma riesce a trovare la forza per recuperare.
Il film ha molti punti in comune con I 400 colpi. Si è ispirata in qualche modo all'opera di François Truffaut nella realizzazione di Stella?
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Che relazione c'è tra la scuola degli anni '70 e quella di oggi?
Sylvie Verheyde: L'idea di ambientare la storia nel 1977 è stata presa per conservare l'autenticità della mia storia personale e per far riflettere sui cambiamenti avvenuti nella scuola in questi trent'anni. In Francia c'è un grande dibattito sulla scuola, sulle classi miste, sull'utilità del grembiule, ecc. Col mio film, intendevo anche lanciare il messaggio positivo del melange che c'è tra diverse culture e classi sociali. Oggi non è cambiata la maniera in cui i ragazzi affrontano con difficoltà la scuola. In passato però la cultura aveva un maggior peso e oggi bisognerebbe recuperare quest'amore per la cultura e la letteratura, perché solo così si può crescere bene.
Che importanza ha la musica nel film?
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Come ha scelto la giovane Léora Barbara per il ruolo di Stella?
Sylvie Verheyde: Abbiamo fatto un normale casting e all'inizio credevo mi ci sarebbe voluto tanto per trovare l'attrice giusta per un ruolo così importante, che da solo regge tutto il film. Ho visto Léora in un video la prima settimana e subito mi è sembrata quella giusta. Mi piaceva perché non giocava a far l'attrice, non si atteggiava a entrare nel ruolo ed era molto determinata. All'inizio sua madre non voleva che la figlia interpretasse questo ruolo, perché trovava la sceneggiatura troppo dura, poi ne abbiamo parlato insieme, abbiamo apportato piccoli cambiamenti e alla fine il film si è fatto con Léora e lei è stata davvero perfetta. Abbiamo provato tanto le scene prima di cominciare le riprese. Tra di noi c'era una grande alchimia e quando abbiamo cominciato a girare avevamo tutti grande fiducia in lei e questo credo che traspaia nel film. Quello che mi importava, comunque, era che l'attrice riuscisse a capire la portata della storia che doveva interpretare. Come diceva Truffaut, c'è bisogno di avere coscienza di quello che si fa.
Com'è avvenuta invece la scelta per gli altri ruoli?
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