Tratto da Kijin Gentoshou, nota serie di light novel scritta da Nakanishi Motoo, Sword of the Demon Hunter ha esordito sul circuito televisivo nipponico negli ultimi giorni di marzo 2025 con un episodio speciale della durata di 55 minuti; in Italia, invece, la serie è arrivata con qualche settimana di ritardo grazie a Yamato Video, che come di consueto l'ha subito inserita nella programmazione di ANiME GENERATION, il canale di Amazon Prime Video interamente dedicato all'animazione giapponese.

Laddove l'incipit di Sword of the Demon Hunter sembrava quasi promettere un gemello del ben più famoso Demon Slayer, di episodio in episodio le somiglianze tra le due opere si sono fatte sempre più rare, anche perché Kijin Gentoshou ha imboccato una strada assai più cupa e imprevedibile di quella seguita dal pluripremiato Kimetsu no Yaiba.
Storie di demoni e vendette
Vi sono diversi modi in cui un demone può venire al mondo. Alcuni nascono dall'unione fra due demoni o comunque dall'accoppiamento - non necessariamente consensuale - di un demone con un essere umano, altri ancora possono generarsi letteralmente dal nulla. Emozioni particolarmente potenti e negative come l'ira, la gelosia o il dolore penetrano profondamente nell'animo della gente fino a materializzarsi e in alcuni casi a trasformare una persona in una creatura demoniaca.
Sword of the Demon Hunter segue le vicende di Jinta, uno spadaccino che da bambino è fuggito di casa assieme alla propria sorellina, che a quel tempo veniva frequentemente picchiata dal padre, a causa della sua natura per metà demoniaca. Accolti in casa dal gentile Motoharu e dall'amorevole figlia Shirayuki, i due fanciulli hanno quindi trovato rifugio nel villaggio di Kadono, dove lo stesso Jinta ha in seguito deciso di diventare una Sentinella, vale a dire un guerriero dedito alla protezione degli altri abitanti.

L'esistenza pacifica condotta da Jinta, Suzune e Shirayuki è però stata spazzata via dall'avvento di due demoni intenzionati a risvegliare il lato demoniaco della piccola Suzune: è stato infatti predetto che, in un futuro lontano 170 anni, la sorella di Jinta diverrà una divinità demoniaca talmente potente da governare su un'ampia regione del Giappone. Nonostante gli sforzi di Jinta, che a fatica riesce a eliminare uno dei due demoni, l'altro porta a termine la missione, innescando una catena di eventi che priverà il protagonista di tutto ciò che aveva, inclusa la propria umanità. Divenuto un demone a sua volta, Jinta lascerà dunque il villaggio di Kadono per ottenere la sua vendetta, ignorando che nel corso di un'odissea lunga oltre un secolo e mezzo verranno a galla i suoi profondi legame col regno soprannaturale.
Uno struggente inizio
Rispetto ai romanzi originali di Nakanishi Motoo e all'adattamento a fumetti illustrato da Satomi Yuu (disponibile in Italia già da qualche anno grazie alla casa editrice Planet Manga), l'anime di Sword of the Demon Hunter presenta delle lievi differenze sul piano narrativo. Al fine di rendere il racconto più snello, lineare e soprattutto comprensibile agli occhi di chi ancora non ne conosce a menadito le vicende, gli sceneggiatori hanno preferito diluire alcuni flashforward ambientati nella nostra epoca e omettere eventi dalla scarsa rilevanza, per concentrarsi anzitutto sull'infanzia di Jinta e sul legame con Suzune e Shirayuki, e quindi sulle drammatiche circostanze che hanno condotto la sentinella sul cammino della vendetta. È una scelta sensata che, oltre a garantire un ritmo sempre sostenuto, rende l'opera molto più scorrevole e accessibile a chiunque.

I due elementi più convincenti di Sword of the Demon Hunter sono però la caratterizzazione del protagonista, che avendo intrapreso un viaggio solitario è a conti fatti l'unico personaggio perennemente sotto i riflettori, e la spietata freddezza dell'autore, la cui penna riesce ad ogni arco narrativo a spiazzare lo spettatore con colpi di scena a dir poco angoscianti e insospettabili. A differenza di Demon Slayer, che alterna momenti di pura tensione a gag e siparietti divertenti, perlopiù giustificabili dalla giovane età del cast principale, Sword of the Demon Hunter: Kijin Gentosho riesce invece a conservare costantemente dei toni oscuri e tragici, che di volta in volta spingono tanto Jinta quanto lo spettatore a fare i conti con la difficile e al tempo stesso essenziale necessità di accettare il cambiamento.
Tecnicamente sottotono

Se dal punto di vista prettamente narrativo Sword of the Demon Hunter si è già ritagliato un posto d'onore tra le più accattivanti serie di animazione giapponese della stagione in corso, lo stesso non si può dire per la componente tecnica e artistica. Non solo il character design di Tarou Ikegami sbiadisce a confronto coi dettagliatissimi tratti di Tamaki, artista che ha curato le illustrazioni della novel, e di Satomi Yuu, mangaka incaricata di disegnarne l'adattamento a fumetti, ma le animazioni realizzate dallo studio nipponico Yokohama Animation Lab (The Kingdoms of Ruin, The New Gate) lasciano molto a desiderare. Fatta eccezioni per i primi piani, generalmente più curati, i disegni mancano spesso di profondità, a causa di ombre e chiaroscuri perlopiù inefficaci, e di contorni poco definiti. Nelle scene di lotta, per giunta, non solo gli animatori hanno talvolta faticato a rispettare le proporzioni dei personaggi, ma addirittura le amputazioni non sono accompagnate da un effetto gore capace di renderle quantomeno credibili.

Se non altro, di Sword of the Demon Hunter è impossibile non apprezzare il movimentato quanto variegato accompagnamento musicale composto da Hirokawa Keiichi, Takada Ryuuichi e Takahashi Kuniyuki, che in precedenza ci avevano già ammaliati con la straordinaria colonna sonora di Shangri-La Frontier. Ancora una volta il trio di compositori ha dato vita a brani capaci di sposare perfettamente i toni della narrazione e dunque guidare le emozioni dello spettatore. Impeccabili, infine, le performance recitative degli interpreti vocali originali, tra cui spiccano in particolare Yashiro Taku (Vulcan Joseph in Fire Force), Ueda Reina (Tsuyuri Kanao in Demon Slayer, Kano Chinatsu in Blue Box) e non per ultima l'inarrivabile Hayami Saori (Kochou Shinobu in Demon Slayer, Yor Forger in SPY×FAMILY).
Conclusioni
Forte di un racconto cruento e dai toni sempre cupi, Sword of the Demon Hunter si sta rivelando uno degli anime più avvincenti della primavera 2025. Di episodio in episodio, il percorso e la crescita emotiva di Jinta - che dietro la maschera del guerriero spietato nasconde una grande umanità - invitano lo spettatore a riflettere sull'importanza di fare conti e quindi accettare il cambiamento, per quanto difficile. Peccato soltanto che le animazioni curate dall'ancora inesperto studio Yokohama Animation Lab siano affetti da lacune tecniche non sottovalutabili, che inficiano la profondità dei disegni e nei casi più gravi anche le proporzioni dei personaggi.
Perché ci piace
- La storia è pregna di colpi di scena cruenti
- Il ritmo del racconto è stato perfezionato per andare incontro a coloro che ancora non conoscono l'opera
- Vanta un'ottima colonna sonora
Cosa non va
- Disegni e animazioni lasciano molto a desiderare
- Ferite mortali e amputazioni sono accompagnati da schizzi di sangue minimi e per nulla credibili