Cos'hanno in comune cinema e cibo? Sono entrambe espressioni culturali, prodotti di un saper fare umano che vive di tecnica e artigianalità, di innovazione e tradizione. Sono due potenti strumenti di comunicazione capaci di parlare alla pancia delle persone, in modo letterale e figurato, e per questo diventano casa, affetti, rifugio. Chi ha abbracciato e compreso questa filosofia è Hayao Miyazaki e il suo studio di produzione: da più di trent'anni lo Studio Ghibli delizia il suo pubblico con storie toccanti e cibi appetitosi, così ben realizzati da rendere la cellulosa delle pellicole intrisa del profumo di ramen e curry. Questo particolare elemento non è mai casuale nelle produzioni Ghibli: realizzato con cura maniacale, al pari dei veicoli aerei che tanto ossessionano Miyazaki San, e caricato di un significato emblematico, il cibo costituisce una delle chiavi di lettura delle produzioni cinematografiche della casa giapponese. In questo articolo, vi proponiamo un'analisi di alcune pellicole dello Studio Ghibli attraverso un punto di visto inedito per noi cinefili, quello culinario, per poter osservare questi capolavori cinematografici sotto una nuova luce. Noi, però, vi avvisiamo: leggere l'articolo se avete appetito è a vostro rischio e pericolo!
Disegnare un sapore
La più grande magia che le sapienti mani del team Ghibli riescono a fare è disegnare sapori e dipingere profumi. Una sinestesia che richiede molto lavoro e un perfezionismo che in pochi possiedono. Ovviamente in quel di Koganei, sede dello studio, ne sono ben consapevoli, tanto che nel 2017 è stata aperta una mostra speciale nel parco a tema dello studio tutta dedicata al cibo, intitolata Delicious! Animating Memorable Meals. Sulla pagine di presentazione si può leggere che "disegnare il cibo è disegnare storia e cultura, per creare ricche immagini sono richieste conoscenza e curiosità". Il segreto risiede non solo nella ricercatezza di un tratto e un'animazione capaci di trasmettere quelle qualità tipiche di un cibo appetitoso, come la morbidezza di un panino o la croccantezza di una verdura, ma anche nella scelta delle pietanze e delle stoviglie. È rarissimo vedere nei film Ghibli piatti ricercati con ingredienti rari e costosi: nella maggior parte dei casi a farla da padroni sono piatti casalinghi, piccoli spuntini, bento, le scatole del pranzo consumato fuori casa.
Il risultato sono pasti che sanno di quotidianità, fatti di ingredienti comuni e di gesti semplici ma non per questi trattati con superficialità dai commensali. Da chi divora con gioia a chi si gusta ogni boccone, il cibo viene trattato con enorme rispetto, anche in fase d'acquisto. Non è insolito imbattersi in scene di mercati e negozi, dove i protagonisti fanno spese e pianificano i manicaretti che prepareranno in base agli ingredienti del giorno. Nulla è lasciato al caso e, essendo un film un prodotto audio-visivo, anche l'orecchio vuole la sua parte. È vero, non tutti i suoni legati al cibo possono piacere e se siete particolarmente misofonici quel fastidioso risucchio fatto da chi mangia il ramen potrebbe urtarvi non poco! Molto più piacevoli ed estremamente ricercati sono i rumori legati alla preparazione del cibo, come il sobbollire di uno stufato o lo sfrigolare di una padella. Ne La collina dei papaveri, il montaggio sonoro raggiunge una raffinatezza senza eguali: il morbido scoppiettare della tempura di sugarello, il ticchettio dei chicchi di riso, il suono viscoso del natto diventano i protagonisti della scena, alcune volte proposti senza accompagnamento musicale, per risvegliare in modo genuino emozioni e ricordi di quelle pietanze. Se chiudete gli occhi potete anche sentirne il profumo.
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La storia nel piatto
Come detto dallo studio stesso, il cibo è cultura e, a onor del vero, esplorare un paese attraverso la sua tradizione gastronomica non è affatto sciocco, è un percorso che sicuramente vi arricchirà equamente di calorie e scoperte antropologiche. La cucina nipponica è composta da numerose influenze (cinese e coreane sono le più antiche), e in tempi recenti ha raggiunto vette cosmopolite, appropriandosi e reinterpretando anche alcuni piatti di altre culture; c'è da dire che nessun italiano sostituirebbe mai il guanciale con il bacon in uno spaghetto all'Amatriciana come accade in Porco Rosso, pena l'esilio dello stivale! Eppure nella pellicola del 1992 Miyazaki e compagnia si divertono a proporre una cucina decisamente europea con chiari rifermenti all'Italia... e diciamo europea perché il salmone al forno con salsa e carote baby non è proprio italianissima come ricetta.
Da questo punto di vista le produzioni, chiamiamole contemporanee (ovvero quelle ambientate in momenti storici realmente esistiti), sono uno spaccato autentico sulla tradizione culinaria giapponese, segnata anche dai tragici eventi del secolo scorso. Ne Una tomba per le lucciole a sottolineare il dramma della guerra è l'assenza del cibo, un incubo che perseguita i due piccoli protagonisti e che spinge la piccola Setsuko, affamata fino allo stento, a mangiare biglie e fango come se fossero caramelle e polpette di riso. Ancora diverso è l'aneddoto di Pioggia di ricordi dove la protagonista ripensa al giorno in cui a casa suo arrivò un ananas fresco: abituati a mangiarlo sciroppato in latta, nessuno in famiglia sa come approcciare quello spinoso frutto esotico. Questo scenario, riconducibile circa agli anni '60, racconta l'impennata economica del Giappone che poco a poco si rialzò dalla sconfitta bellica aprendosi ai mercati esteri.
Ma la preparazione che meglio rappresenta la complessità della cultura gastronomica giapponese, e lo sapeva bene Miyazaki quando l'ha scelta, è la torta Siberia di Si alza il vento. Questo dolce è forse uno dei più riprodotti dai fan dello Studio Ghibli e non ci stupirebbe apprendere che anche qualcuno tra voi lettori ha provato la ricetta a casa. Si tratta di una torta realizzata da un pan di spagna, il Castella, ereditato dalla tradizione portoghese e portato dai missionari cristiani nel 1500. Le due morbide fette sono farcite con lo Yōkan, una gelatina di fagioli rossi di origine cinese, trasformata in pietanza vegana tra il periodo Kamakura e Muromachi dai monaci buddisti: rispettando il divieto di mangiare carne, i monaci sostituirono la gelatina animale con quella vegetale. Come questi due elementi si siano incontrati in un unico dessert non è mai stato univocamente chiarito dagli storici gastronomici, ma la creazione della torta Siberia viene datata proprio tra il periodo Meiji e il Taisho, gli anni dieci del 900. Se tutta questa storia è racchiusa in una sola fetta di torta pensate quanta tradizione e cultura giapponese lo Studio Ghibli ci ha messo sotto il naso in tutti questi anni senza che ce ne accorgessimo!
Il cibo come metafora
Nella maggior parte dei casi nella produzione Ghibli, il cibo è sinonimo di impegno, riconoscenza, altruismo: è amicizia, amore e famiglia. Anche nelle sue manifestazioni più estreme, come il cibo che San mastica per nutrire Ashitaka in Principessa Mononoke. Ci sono però alcuni casi, forse i più interessanti, in cui il cibo assume significati metaforici che trascendono quello più atavico dell'elemento: due splendidi esempi sono racchiusi ne Il castello errante di Howl e La città incantata. Ne Il castello errante la prima conversazione che Sophie ha una volta varcata la soglia del castello è con Calcifer, il demone del fuoco che arde nel caminetto e che provvede al movimento della fortezza. Una volta fatta la conoscenza anche di Markl, Sophie decide di preparare la colazione per tutti: Calcifer trova avvilente che la vecchietta utilizzi il suo potere per scaldare una padella ma cede comunque ai modi di fare gentili seppur decisi dell'anziana signora. In questo senso il cibo, o meglio, la sua preparazione, evidenzia un segno di accondiscendenza del demone, una premura che Calcifer riserva soltanto al padrone di casa Howl. Questo fa subito capire allo spettatore quanto Sophie sia una persona speciale e di come la gentilezza per il prossimo sia la strada maestra per una vita felice.
Ne La città incantata invece il cibo ha un duplice significato: il primo è quello di identità e di stabilità. In due occasioni Haku offrirà a Chihiro del cibo dicendole che se non mangia qualcosa di quel mondo scomparirà: il cibo diventa un punto di stabilità per Chihiro, quell'elemento che la mantiene viva e presente a sé stessa, l'ancora che le impedisce di andare alla deriva in un momento di sconforto. Dall'altra parte però il cibo si trasforma in una maledizione, diventando una feroce condanna al consumismo moderno. Temi come l'ambientalismo e il pacifismo sono sempre stati molto cari allo studio Ghibli sin dai tempi di Nausicaa della valle del vento ma ne La città incantata acquistano una grande potenza proprio perché legati al cibo, risorsa primaria per la sopravvivenza umana. I genitori di Chihiro vengono trasformati in maiali perché si lasciano trascinare dall'ingordigia del banchetto incustodito nel quale si imbattono: non sanno di chi è quel cibo, chi l'ha cucinato, non parlano nemmeno con il proprietario del chiosco, eppure si concedono un assaggio senza permesso per poi ingozzarsi fino a trasformarsi in maiali. Una pesante condanna al consumismo e all'arroganza indiscriminata con cui l'uomo prima si appropria della risorse e poi le sfrutta oltre i bisogni di sussistenza.
Inoltre, come ha twittato un dipendente dello studio nel 2016, la volontà di Miyazaki era quella di rappresentare uno specifico evento, ovvero la bolla speculativa giapponese degli anni '80, che segnò definitivamente la fine del boom economico post-bellico. Ma non basta, la dose viene infatti rincarata con l'episodio del demone Senza Volto che assume una sfumatura quasi tragica. Senza Volto infatti mangia prima qualche leccornia, poi intere portate comprese di pentole e piatti per arrivare a inghiottire persone vive. Il suo è un mangiare senza freno, inghiotte tutto e tutti ma lo fa per colmare il suo vuoto interiore, un vuoto che accresce con l'aumentare delle dimensioni del mostro. Chihiro riuscirà a guarire l'animo di Senza Volto solo dandogli in pasto una polpetta, guarda caso dono di uno spirito di un fiume inquinato che la bambina ha pulito e salvato, che lo farà vomitare. Scaricatosi di tutto quel surplus che aveva ingurgitato, che non serviva a nutrirlo ma solo a placare il suo male interiore, Senza Volto diventa alleato di Chihiro e trova la sua via per la felicità.