A 21 anni ha lasciato la vita della provincia piemontese per trasferirsi a Milano. Ci è rimasta due anni e mezzo prima di partire per Roma e poi per Londra. Nella capitale inglese ha ritrovato se stessa e imparato a "fregarsene del giudizio altrui"; è stata la sua rinascita, l'inizio di un percorso che ha portato Stella Pecollo, 34 anni e gli occhi che sorridono sempre, a diventare ballerina di burlesque, attrice di musical, cinema e tv e autrice di un libro "Io sono bella", in cui racconta con piglio ironico la liberazione dai pregiudizi sui chili di troppo e l'evoluzione del rapporto con il proprio corpo, schierandosi in prima linea nella lotta al body shaming. "Sono stata fortunata", dice parlando dei set dei film in cui ha lavorato, da Riccardo va all'inferno di Roberta Torre a Gore di Michael Hoffman accanto a Kevin Spacey. Al Figari Film Festival a Olbia dove la incontriamo in veste di giurata nella sezione Scarpette rosse dedicata al cinema a tematica femminile, ci anticipa che tornerà a girare per una produzione italo-americana, Eddie & Sunny di Desmond Devenish. Intanto da oggi ogni sabato pomeriggio la ritroveremo su Rai 1 per la sua prima avventura da opinionista nel programma di Marco Liorni, Italia sì: "Sono stata sua ospite per promuovere il libro, gli è piaciuto il modo in cui esprimo il concetto di amarsi e mi ha chiamata per parlare di questo". E in futuro la rivedremo quasi sicuramente a lavoro insieme a Roberta Torre, "ma per scaramanzia non dico nient'altro".
Londra, il burlesque e l'accettazione di se stessa
Torni a vivere in Italia dopo sette anni a Londra. Cosa ti lasci alle spalle?
Sette anni a Londra sono parecchi, anche se sono volati, lì sembra che il tempo vada più veloce. Ho imparato molto, a partire dalla lingua che nel mio lavoro aiuta tanto. Londra mi ha insegnato anche a fregarmene del pensiero altrui, è stata determinante per il mio percorso personale: puoi andare in giro conciato come ti pare senza che a nessuno importi nulla. A volte però il fatto che tutti se ne freghino non è molto piacevole, perché spesso ti senti sola e io sono molto compagnona, ho sempre bisogno delle amicizie. Culturalmente noi italiani siamo unici; la maggior parte dei miei amici sono a Roma, motivo per cui ho deciso di tornare a vivere lì.
Come si impara a fregarsene?
Mi sono resa conto di non essere felice e andarmene da casa mi ha aiutato molto. Non mi amavo abbastanza, non mi mettevo al primo posto e davo troppa importanza all'opinione degli altri. In quel momento ho iniziato a lavorare minuziosamente su tutte quelle cose che mi facevano sentire male e a mettere dei paletti, seguendo ad esempio solo determinate persone sui social o tagliando i rami secchi tra le amicizie. È stato un percorso gigantesco, che non è ancora finito, c'è sempre qualcosa su cui lavorare. La mia insegnante di recitazione è stata determinante, mi ha fatto vedere me stessa e il mio corpo come strumento di seduzione.
A Londra hai scoperto anche il burlesque...
Nulla accade per caso, in quel periodo mi ero appena resa conto di dover ancora lavorare sull'autostima legata al mio corpo. Mi sono chiesta: "Cosa succederebbe se mi chiedessero di fare una scena di nudo o in bikini?". Non mi sentivo ancora pronta, quindi mi sono sfidata. Londra è la culla del burlesque, perciò sono andata a vedere degli spettacoli e me ne sono innamorata pazzamente. È una disciplina che mette in evidenza la femminilità e la sensualità in maniera giocosa, che per me è la chiave di tutto. Ho cominciato così a frequentare un corso e poi mi sono esibita in alcune performance. Quello è stato il tassello definitivo, che mi ha permesso di dire: "Mi amo così come sono". È il mio zoccolo duro. Purtroppo siamo vittime dei costanti attacchi della società e dei media che vogliono farti sentire uno schifo. Se tutti dicessero che le rughe sono normali e che i chili di troppo sono parte di un percorso, nessuna sentirebbe la necessità di comprare prodotti o bevande dietetiche per conformarsi a dei canoni.
Il cinema, da Riccardo va all'Inferno a Gore con Kevin Spacey
Qui al Figari Film Festival sei stata giurata nella sezione "Scarpette rosse", dedicata al cinema a tematica femminile. Qual è lo spazio della femminilità nel cinema oggi? Quali sono i paletti a cui le donne devono ancora sottostare?
Sono stata abbastanza fortunata perché mi sono trovata sempre a mio agio, sia quando ho lavorato con donne come Roberta Torre in Riccardo va all'inferno, sia quando si è trattato di stare su un set con uomini come Massimo Venier o Michael Hoffman. Erano tutti sulla mia stessa linea d'onda, non ho mai avuto dei problemi legati al mio essere donna. È evidente che esistano più ruoli maschili che femminili, ma vedo dei cambiamenti, come dimostra lo stesso Figari, sono molto ottimista. È importante raccontare queste storie.
In Siberia di Abel Ferrara hai girato una scena di nudo integrale con Willem Dafoe...
Mica male! Non capita tutti i giorni (scherza). Willem Dafoe è un gentleman capace di farti sentire a tuo agio persino nuda in una caverna con i piedi sui sassi, ha avuto una gentilezza, una delicatezza e una sensibilità pazzesche, come Abel Ferrara, che è molto dinamico, ironico. Anche il personaggio mi era stato descritto bene, mi dissero di immaginare di essere una ninfa che danza con se stessa e si gode il momento, l'estasi. E poi c'è un momento che nel film non si vede, ma che mi rimarrà sempre nel cuore: quando Dafoe torna indietro da me e iniziamo a ballare insieme. Mentre giravo quella scena pensavo: "Bene, sto ballando nuda con Willem Dafoe!".
Qualche anno fa hai lavorato anche con Kevin Spacey in Gore, il film che Netflix ha deciso di bloccare dopo lo scandalo sulle molestie.
È stato un sogno che si realizza. Ero andata lì per un provino completamente diverso, ma il regista si è innamorato di me e ha creato un personaggio che sul copione non esisteva, la governante della villa dove si svolge tutta la storia. Ho girato tutto il mese a Ravello con attori galattici, giganti. Kevin Spacey è un monumento, lo osservavo tutto il tempo, andavo sul set anche quando non dovevo girare. Ci scherzavo spesso, veniva in sala trucco e giocava con il mio nome, citando la battuta di Un tram chiamato desiderio, "Stella! Hey, Stella!". Avrei voluto registrarlo e usarlo come suoneria della sveglia! Gli piacevano i miei vestiti colorati. L'ho vissuto molto anche fuori dal set, durante le feste con la troupe, con me è sempre stato molto simpatico e mai fuori luogo, non ho mai visto comportamenti strani.
Quali ruoli ti vengono proposti?
Ogni volta mi rendo conto che il personaggio che mi viene proposto è sempre molto vicino a quello che sto vivendo in quel momento. Non mi sono mai capitati per fortuna dei ruoli volgari o che denigrassero la mia estetica. Quando ero più sicura di me stessa, sensuale e aggressiva, ad esempio mi proponevano personaggi da 'fatalona', ma rispecchiavano perfettamente ciò che ero. Spesso sono ruoli conditi da una nota di comicità e leggerezza, poi ci sono quelli un po' più stereotipati della persona in carne buffa, ma non è stato mai il mio caso.
La battaglia al body shaming
Sei in prima linea nella lotta al bullismo e al body shaming. Da dove viene la forza di esporti così tanto?
Ho sentito una responsabilità, non esporsi sarebbe come scoprire una cura per qualcosa e decidere di non condividerla. Ho una storia a lieto fine, anche se non è ancora finita perché trovi sempre l'hater di turno che fa lo scemo. Ho sentito il dovere di condividere e di dare un incoraggiamento, uno sprono a cambiare punto di vista e a dimostrare che esiste anche un'altra realtà; ciò che ci vogliono far credere non è la verità assoluta. E per fortuna sta funzionando, molti lettori del mio libro mi dicono di sentirsi carichi, cambiano punto di vista soprattutto su se stessi e decidono di mettersi al primo posto, soprattutto le donne. Forse gli uomini anche per loro indole se ne fregano di più.
Ne sono vittime soprattutto le donne, perché?
Purtroppo è innegabile, non so perché ma ci viene richiesto di adeguarci a un determinato standard estetico imposto dalle mode.
Il sottotitolo del tuo libro uscito a maggio "Io sono bella" è "la leggerezza non è una questione di peso". Cos'è per te la leggerezza?
È una parola bellissima alla quale però a volte è stato dato un significato negativo. La leggerezza è godersi la vita per come si è, senza dover cambiare o sentirsi non giusti, non abbastanza.
Nella serie tv Fox, Extravergine, interpreti una food blogger in astinenza da sesso coniugale. Il sesso raccontato dalle donne al cinema o in Tv è ancora un tabù?
Oggi lo è un po' meno, anche grazie ai social dove sempre più donne - sessuologhe e ginecologhe - spiegano il piacere dal punto di vista femminile. Informarsi aiuta a vincere i tabù, più si è informati e meno si è portati a considerarlo tale. Il successo di serie tv come Fleabag, che brutalmente esprimono il punto di vista femminile, dimostrano che il pubblico ha bisogno di storie simili, sono formative.