Sentivamo la loro mancanza da diversi anni, e con la recensione di Space Force possiamo nuovamente assistere a una collaborazione tra Greg Daniels e Steve Carell, questa volta co-creatori di una nuova workplace comedy concepita per Netflix, e basata su eventi "reali": Donald Trump ha infatti annunciato qualche anno fa la creazione di una vera Space Force, ramo militare dedicato alla conquista dello spazio. Un'idea che molti giudicano ridicola, e che si fa sempre più surreale (il logo proposto per l'iniziativa è praticamente un plagio della Flotta Stellare vista in Stark Trek), e quindi terreno fertile per una serie nata dalle menti di coloro che per nove anni si divertirono a mettere in scena le quotidiane disavventure di persone intrappolate in un ambiente lavorativo banale e soffocante.
E qui, subito, va fatto il distinguo: Space Force non è The Office. Quest'ultimo, avvalendosi anche di un canovaccio di ferro quale il prototipo britannico, raccontava una storia universale, attraverso archetipi riconoscibili in un contesto che, al netto di alcuni elementi culturali specifici, era applicabile a qualunque parte del mondo. La nuova serie di Greg Daniels e Steve Carell, invece, trae spunto da un evento reale molto americano, e allude ad esso costantemente, che si tratti dei veri politici presenti in forma caricaturale e con nomi posticci ma non troppo (tra questi, Nancy Pelosi e Alexandria Ocasio-Cortez) o delle continue allusioni a un Presidente che non viene mai chiamato per nome ma è palesemente Trump, come si può evincere dalle sue frasi citate da altri personaggi. È al contempo il maggiore motivo di interesse dello show, che consegna almeno una gag memorabile basata sulla situazione politica statunitense dal 2016 in poi, e il suo punto debole, poiché la specificità dei riferimenti limita la direzione in cui si muovono questi primi dieci episodi.
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Agli ordini, generale
Protagonista della vicenda è Mark Naird, generale pluridecorato che viene messo al comando della neonata Space Force, un incarico che lui accetta pur trovandolo ridicolo. Una volta arrivato sul nuovo posto di lavoro, le difficoltà si susseguono in rapida successione: la moglie (Lisa Kudrow) è in prigione per un motivo non precisato, la figlia (Diana Silvers) non sopporta la nuova situazione, e il responsabile scientifico della Space Force, il dotto Adrian Mallory (John Malkovich) si oppone costantemente alle proposte di Mark, il cui atteggiamento è decisamente antiscientifico. A questo va aggiunto anche il responsabile del marketing (Ben Schwartz), talmente insopportabile che tutti lo hanno ribattezzato "Fuck Tony", e la minaccia di Kick Grabaston (Noah Emmerich), generale dell'Air Force che vuole soffiare a tutti i costi il posto a Mark. Tutto ciò mentre si sta preparando una spedizione lunare, nella speranza di battere i cinesi...
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Forza e (poco) coraggio
C'è un che di Michael Scott in certi aspetti della caratterizzazione di Mark Naird, dalle parentesi musicali (quella nel pilot, sulle note di Kokomo dei Beach Boys, è strepitosa) all'abitudine di dire cose offensive senza rendersene conto, ma siamo molto lontani dai fasti della precedente serie di Daniels, recentemente tornato con due progetti per lo streaming (l'altro è Upload, realizzato per Amazon Prime Video). Due progetti accomunati dalla presenza di una trama orizzontale che però non smorza l'identità individuale dei singoli episodi, ma per il resto molto diversi, e paradossalmente è questa satira governativa (che a tratti richiama Parks and Recreation) ad essere meno riconoscibile come un parto creativo di Daniels (e Carell): nonostante l'ispirazione genuina che dovrebbe essere una fonte costante di trovate surreali, lo show non si spinge quasi mai oltre una certa soglia di comicità, denotando una certa mancanza di coraggio che solo negli ultimi due capitoli lascia il posto a un concentrato solido di follia che, sulla carta, potrebbe generare risultati migliori in una seconda stagione che quasi sicuramente arriverà. C'è però almeno una gag sublime in ogni episodio (basti pensare a quella su Brett Kavanaugh nel terzo), con il sentore che un approccio più cauto in questa sede sia dovuto al desiderio di vagliare tutte le opzioni, prima di sceglierne uno più preciso in futuro.
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Mark e i suoi amici
Altra differenza notevole rispetto agli altri show di Daniels è lo scarso utilizzo della natura corale del progetto, relegando alcuni personaggi quasi al rango di comparse (è il caso del compianto Fred Willard, esilarante nelle pochissime scene in cui appare nel ruolo del padre di Mark). Una scelta che di per sé non è propriamente malvagia, dato che l'alchimia tra Carell e Malkovich, il vero pezzo da novanta della serie, è ai livelli del rapporto che ci fu ai tempi tra Michael Scott e Dwight Schrute, generando risate costanti anche quando il materiale non è interamente all'altezza. Però si notano, sullo sfondo, figure disperatamente alla ricerca di qualcosa di più, e anche in questo caso è auspicabile che stagioni future aggiustino il tiro. A differenza, però, della Space Force, il cui punto di forza sullo schermo è proprio la grandissima incompetenza, che al suo meglio è in grado di ricordarci, con il sorriso, perché Daniels e Carell fossero i candidati ideali per questa operazione.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Space Force con la vaga sensazione di aver visto solo una parte di ciò di cui Greg Daniels e Steve Carell sarebbero capaci con il materiale a disposizione: la materia prima c'è, in dosi abbondanti, ma la carica umoristica manca a volte di coraggio, e la componente corale che solitamente è un elemento fondamentale delle produzioni di Daniels viene un po' meno. Però si ride regolarmente, di gusto, e gli elementi giusti per migliorare in futuro ci sono tutti.
Perché ci piace
- Steve Carell e John Malkovich sono un duo comico strepitoso.
- La premessa è ricca di spunti interessanti.
- Il cast è impeccabile sul piano umoristico...
Cosa non va
- ... ma sfruttato in maniera diseguale.
- Le gag ci sono, ma a tratti mancano di mordente.