Recensione Nudisti per caso (2004)

Nonostante qualche divertente e significativa gag, a lungo andare tutti questi corpi nudi, tra giovani, vecchi e flaccidi, stancano lo spettatore, ammorbato da una vicenda terribilmente monotona.

Sotto il vestito... gente!

Sophie e Oliver, proprietari di un forno a Parigi, spinti da un annuncio affisso alla board del proprio negozio, comprano ad un bassissimo prezzo, senza prima andare a vederla, la villetta di Paul e Colette, una strana coppia di eccentrici anziani. Quando Sophie partirà per il mare con i suoi due figli, scoprirà che la casa si trova proprio nel bel mezzo di un villaggio di nudisti integralisti. Perciò decide di rivedere la quota e ripartire, ma si lascia convincere a malincuore a rimanere fino all'arrivo di Oliver. Così, nel frattempo, scopre un universo per lei tutto nuovo, costituito da persone a cui piace guardare e dai triangoli erotici messi in atto dai suoi vicini di casa.

"Un giorno, a New York, ho sbagliato a prendere la metro a Central Park, dovevo andare verso la 199ª e ho preso la direct line verso la 125ª ad Harlem. Ero il solo bianco nella carrozza. Avevo 25 anni. Per la prima volta mi sono reso conto di essere bianco. Ovviamente già sapevo di essere bianco, ma quel giorno l'ho capito dentro. Quel giorno, ho sentito su di me l'intolleranza degli altri, perchè non ero come loro. Nel mio film, Sophie è sempre vestita, vestita in campo di nudisti, basterebbe che si spogliasse per non sentire più lo sguardo degli altri posarsi su di lei. Ma Sophie non può cambiare il colore della sua pelle, Sophie non vuole spogliarsi. Sophie è come quella donna nel quadro di Edouard Manet, Le déjeuner sur l'herbe. Non è come gli altri e questo ne fa uno scandalo. Sophie è anche come la donna del film di Marcel Pagnol, La femme du boulanger, la moglie del fornaio, una donna che non è come le altre donne del paese e per questo è scandalosa. Sophie si sente aggredita da tutti quei corpi nudi intorno a lei. Sophie, vestita, si fa trattare come una talebana dai naturisti. Oggi siamo più tolleranti di ieri?".
Con questa dichiarazione, il regista Franck Landron vuole probabilmente mettere in evidenza la sottile metafora anti-razzista che si nasconde dietro la vicenda narrata nel suo nuovo lungometraggio, Nudisti per caso, in cui, quella che doveva essere una normalissima vacanza familiare, diventa una rivoluzione atta a portare un rinnovamento vitale in una relazione ormai volta alla routine del quotidiano vivere.
Non a caso, Landron prosegue: "La storia di Sophie è la storia di una donna che il marito non guarda più. La storia di una donna che il marito guarderà, come se non l'avesse mai vista. A volte bisogna fare un lunghissimo viaggio all'altro capo del mondo per poter guardare la città nella quale si vive con sguardo nuovo, il viaggio che compie Sophie... e che ci propone di intraprendere con lei".

Al di là dei soliti messaggi anti-tradizionalismi che ormai ci affliggono da anni, sempre più intenti a convincerci che il rapporto di coppia, senza la ricerca continua del modo più originale in cui vivere il sesso senza tabù, e profondamente legato all'estetica, non può essere portato avanti felicemente (mah), Landron tende più volte a ricordarci, come viene detto da uno dei personaggi, che sono pericolose le persone in ogni forma e stile, non quelle nude. E per raccontarci la storia di Sophie e Oliver, discretamente interpretati da Barbara Schulz e Alexandre Brasseur, privilegia il realismo, conferito sia dalla fotografia di Xavier Coton, che non ricorre mai a dominanti colorate, sia dalla quasi totale assenza del commento musicale.

Purtroppo, però, pur essendovi qua e là qualche divertente e significativa gag (su tutte quella in cui Oliver viene cacciato da un supermercato in cui si entra esclusivamente nudi), a lungo andare tutti questi corpi nudi, tra giovani, vecchi e flaccidi, stancano lo spettatore, ammorbato da una vicenda terribilmente monotona, in cui neppure la sorpresa finale risulta poi così inaspettata.