Il drammatico Song of silence è stato una delle vere sorprese del Far East Film Festival 2012, oltre che un esordio di spessore: probabilmente il nome di Chen Zhuo lo rivedremo tornare presto nelle selezioni dei festival europei. Abbiamo colto l'occasione di incontrare il regista esordiente per discutere del film, della costruzione di un progetto indipendente e della situazione odierna del cinema cinese. Insieme a lui erano presenti a Udine parte del cast e del team produttivo: abbiamo quindi potuto porre qualche domanda anche alle due giovani protagoniste, Yin Yaning e Wu Bingbin, che interpretano rispettivamente la sordomuta Jing e l'indipendente Xiao Mei, e all'executive producer Wang Chong.
Com'è nata la struttura di questo film?
Chen Zhuo: Il lavoro sulla sceneggiatura si è prolungato per un anno. All'inizio la struttura era differente rispetto al risultato finale. Volevamo fare un film sul sogno: volevamo raccontare i giovani cinesi di oggi, in quel contesto, dove sentendosi imprigionati dalla società, tentano di ribellarsi. Poi siamo ripartiti dalle storie vere, frammenti di vita vissuta e abbiamo modificato molti elementi fino ad arrivare a una nuova struttura narrativa, filtrata dai punti di vista delle due ragazze protagoniste.
Scegliere questa storia è stato, sia in fase di scrittura che in fase di riprese, molto pesante, perché ho dovuto sopportare molte pressioni. Non si trattava soltanto di affrontare questioni importanti e nuove, ma bisognava gestire una forma a me sconosciuta, come quella del lungometraggio. La sceneggiatura era complessa ed era necessario sorvegliare tutti gli aspetti, la mia visione individuale, quella della troupe e l'interpretazione che davano gli attori dei personaggi. Non sentivo di avere in mano la situazione, però ho fatto due scoperte: se ci si tranquillizza, vivendo il progetto, il film fa il suo corso e tutti collaborano alla sua riuscita. Inoltre gli attori, quasi tutti non professionisti, hanno completato il lavoro sui personaggi in modo egregio.
Che influenza ha avuto il suo essere artista nel passaggio dietro alla macchina da presa?
Io nasco come artista visuale, però ho studiato anche design e ho traghettato nel passaggio al cinema tutte le mie esperienze. Quello che cerco, alla fine, è una nuova possibilità di sperimentare: sperimentare il più possibile con il linguaggio cinematografico. In Cina i registi di Quinta e di Sesta generazione sono partiti dal realismo per approdare alla loro visione individuale: io cerco di trattare quella vita, quel realismo in modo più astratto, innalzando il livello tramite la ricerca espressiva. In Song of silence ho inserito ancora pochi di questi elementi, di linguaggio espressivo e artistico, ma spero di poter fare di più e con più audacia nel prossimo film.
Ho usato una Canon Red One, una macchina da presa digitale che fa tutto. E' un progetto low-budget dove abbiamo avuto anche difficoltà logistiche per girare, e chiedo scusa se ci sono sfocature o la resa dell'immagine non è sempre perfetta. D'altra parte, imperfezioni ed elementi di improvvisazione restituiscono una verità propria e una certa vitalità al film, mentre l'eccesso di controllo tecnologico può non far respirare l'opera rendendola quasi inverosimile.
Nonostante la mia esperienza di artista visuale, non ho badato a questi aspetti mentre giravo: sono un pittore, ma ho conosciuto anche la musica e il teatro, tutte forme d'espressione che vedo in comunicazione tra loro. Se ho scelto di abbracciare il mezzo-cinema è perché credo che sia il veicolo multimediale più comunicativo e maggiormente omnicomprensivo: mi permette di raccontare sia in termini di forma che di contenuto più cose contemporaneamente e in modo più ricco. Continuerò comunque a interessarmi alle arti in cui mi sono cimentato in passato...
Com'è stata quest'esperienza per voi nuova del cinema e come vi siete preparate a ruoli così complessi?
Yin Yaning: Innanzitutto volevo ringraziare il maestro Chen per avermi dato quest'opportunità: io sono una studentessa dell'università dei Media e il regista mi ha incontrato all'uscita delle lezioni, chiedendomi se fossi interessata al casting per un film. Non avevo esperienze di recitazione, quindi il maestro Chen mi ha dato dei compiti da fare, come osservare i comportamenti dei sordomuti. Non credo di essere riuscita completamente a riportarli sullo schermo, perché hanno delle caratteristiche molto particolari. Spero di aver reso il personaggio nel modo migliore, anche perché in un certo qual modo mi sento affine a Jing: siamo entrambe testarde, chiuse nel nostro mondo... Quando ad esempio dico a Xiao Mei "io a papà non piaccio", è un momento di svolta per il mio personaggio e anche per il film: Jing ha questa barriera del non riuscire a comunicare verbalmente, ma il suo cuore capisce benissimo le situazioni e le emozioni degli altri e grazie a questo nuovo rapporto si sente motivata superare i suoi limiti e a trovare un modo per esprimersi.
Come stanno i giovani registi cinesi?
Wang Chong: Molti registi in Cina sono in una situazione di stallo: a volte si perdono seguendo la moda del momento, così come accade ultimamente col cortometraggio, una forma più breve e immediata che permette un'interazione col pubblico per mezzo del web e apre le porte a tutti. Questa partecipazione strapaesana al cinema attira molto interesse...
Qual è la situazione del cinema indipendente e quanto è difficile realizzare un progetto come Song of silence?
Wang Chong: Inutile dire che la situazione non è buona, anche se non bisogna mai essere pessimisti. La censura gioca ancora un ruolo importante e chiude le porte a numerosi giovani autori che spesso finiscono per piegarsi alle regole del regime. Del resto non possono impedire di girare i film che vogliamo fare, i problemi semmai arrivano successivamente quando il prodotto dovrebbe incontrare il pubblico. E quando si realizza un progetto indipendente il rischio in agguato è sempre quello di un investimento senza ritorno di denaro. In Cina permangono ancora due grandi strade da percorrere quando si vuole fare un film: quella che intraprende il cineasta indipendente, di cui il caso più eclatante è rappresentato da Jia Zhangke, che ha ricevuto conferme e riconoscimenti nel circuito dei grandi festival europei ed poi è tornato a lavorare in patria, saltando la distribuzione interna; oppure la decisione di fare opere dalle grande dimensioni produttive, i film blockbuster. Sono due strade che dipendono dalle inclinazioni e dalla volontà degli autori.
I film come quelli che ho aiutato a produrre e a promuovere nei festival (oltre a Song of silence, Wang Chong è in concorso anche con The Cockfighters ndr) partono dalla realtà, incontrando argomenti socialmente sensibili che spesso il governo ostacola. Per questo sono contento quando ho la possibilità di mostrare i miei film al pubblico europeo e spero di poter partecipare ad altri festival, così da aiutare altri registi a creare le loro opere in piena libertà artistica.