Meg e Kayla, fidanzate tra loro, stanno camminando insieme una notte quando vengono aggredite da un gruppo di altre ragazze, che comincia a riempirle di insulti omofobici. Si scatena una rissa, nella quale Meg viene fatta cadere delle scale e picchiata brutalmente. L'evento ha lasciato profondi strascichi sulla coppia, che ha deciso di lasciarsi.

In Something in the Water la storia si sposta un anno in avanti, quando il matrimonio della comune amica Lizzie, in un'esotica località dei Caraibi, non porta le due a ritrovarsi. Meg soffre ancora di stress post traumatico per quanto vissuto in quella sera drammatica e cerca di superare i suoi frequenti attacchi di panico. A un giorno dalle nozze, la comitiva di amiche decide di trascorrere una giornata ## su un'isola deserta a qualche ora di distanza dal lussuoso resort dove alloggiano, ignare che quel lasso di tempo di presunto relax si trasformerà in un incubo. La presenza di alcuni squali che si sono avvicinati alla riva infatti scatena il panico e non tutte torneranno a casa sane e salve.
Something in the Water, ma niente di nuovo

Il fatto che due delle protagoniste abbiano una relazione tra loro è del tutto ininfluente ai fini di una trama che non fa altro che seguire il classico canovaccio degli shark-movie più scontati, senza un minimo di brio a cercare di instillare qualche sussulto originale nella piatta sceneggiatura. Già il titolo Something in the Water fa sottintendere come il cuore pulsante della narrazione sarà proprio ambientato nelle acque di questo mare popolato da famelici pescecani e l'ora e mezzo scarsa di visione è fin troppo fedele nella sua attinenza agli archetipi.
Le forzature si sprecano per spingere le malcapitate vittime a diventare tali, con il telefono che ovviamente non ha campo - la prudenza e le precauzioni non sono evidentemente di casa in questo tipo di produzioni di serie b - e la barca che comincia ovviamente a imbarcare acqua proprio nel momento peggiore, costringendo chi a bordo a restare a galla per un periodo di tempo indefinito.
Un mare di assurdità
Atmosfere alla Open Water (2003) e relativi seguiti fanno così capolino, con la tensione che vorrebbe esprimersi in quel senso di disperata attesa, o dei soccorsi o di qualche segno divino che possa infondere nuova speranza laddove la morte sembra ormai più che certa. Man mano che il numero di personaggi gioco-forza si riduce viene meno anche la verosimiglianza, con l'anima da survival-movie che prende il sopravvento nelle sue derive più improbabili, finale ovviamente incluso.

Il sangue che attira i pescecani, quella pinna mefistofelica che nuota intorno ad un gruppo di ragazze a dir poco, comprensibilmente, terrorizzato, lutti dolorosi da affrontare nel momento di massima disperazione e ancora mosse insensate da parte di chi cerca di affrontare la minaccia armata solo di un coltello. Something in the Water non va troppo per il sottile, a cominciare da una caratterizzazione dei vari personaggi ai minimi storici.
Natura crudele e colpe dell'uomo
E poi tempeste improvvise e alte maree quanto mai infauste, il tutto per complicare ulteriormente una lotta per la sopravvivenza che sembrava già oltre i limiti umani. L'oceano appare come una distesa liquida immensa e soffocante e la camera da presa cerca di, perdonateci il gioco di parole, aumentare a dismisura il senso di immersione. Ma per via di dialoghi a tratti imbarazzanti e delle interpretazioni poco convincenti dell'anonimo cast, viene difficile affezionarsi a queste sfortunate ragazze, per buona parte causa del proprio mal.

Allo stesso tempo i toni del racconto sono privi di autoironia e leggerezza, con l'anima ludica che viene meno quando si prende tutto così sul serio, con un prologo soprattutto gratuitamente cupo e poi quasi del tutto inesplorato nel restante minutaggio. Il regista Hayley Easton Street cerca di tenere alta la suspense e un paio di passaggi riescono a essere inaspettatamente avvincenti, ma non è mai supportato da una sceneggiatura che procede con il pilota automatico, senza coerenza o personalità.
Conclusioni
Uno shark-horror che, come tante produzioni omologhe, imita l'atavico schema degli slasher, con le protagoniste intrappolate in mare aperto mentre lo squalo le attacca senza pietà, una dopo l’altra. Le sequenze migliori sono quelle dove l'acquatico babau si intravede appena, ma una serie di forzature e dei personaggi mal costruiti impediscono alla tensione di esplodere come dovrebbe nelle varie scene clou. Something in the Water cerca di costruire una discreta suspense nel fatto che le potenziali vittime siano alla deriva in mezzo all'oceano, senza nessuno che sappia della loro situazione e con fiato e forze fisiche a ridursi progressivamente nel tentativo di restare a galla fino all'arrivo di qualche miracoloso soccorso. Ma il risultato è fiacco, "più tragi che comico", e pur connotando il tutto nell'ottica del tipico "horror estivo", ci sono produzioni che riescono a intrattenere sul tema ben più riuscite.
Perché ci piace
- La suspense con le protagoniste disperse in mare aperto è potenziale...
Cosa non va
- ...ma non pienamente espressa.
- Dialoghi e legami personali improbabili.
- Un cast per gran parte anonimo.