È altamente probabile che se amate il cinema vi siate già imbattuti in una qualche pellicola tratta da un romanzo dello showrunner di Smoke - Tracce di fuoco, Dennis Lehane. Bostoniano di ovvie origini irlandesi, Lehane è l'autore di romanzi da cui sono nati film come Mystic River, Shutter Island e Gone baby gone. Storie non semplici popolate da personaggi complicati. Che sono un po' il trait d'union dei suoi lavori. Dennis Lehane, da anni e anni, è attivo anche in ambito televisivo e, in materia di proposte esclusive targate Apple TV+, questa Smoke - Tracce di fuoco non è la sua prima collaborazione con il colosso della Mela Morsicata. Nel 2022 era difatti arrivata Black Bird dove, a guidare il cast, c'era Taron Egerton, presente anche con un credito di produttore esecutivo. Cosa che si ripete alla stessa maniera anche in questa nuova fatica.

Se i sei episodi di Black Bird erano basati sull'autobiografia In with the Devil: a Fallen Hero, a Serial Killer, and a Dangerous Bargain for Redemption di James Keene, questa nuova miniserie composta da nove puntate prende il via da un podcast crime di TruthMedia intitolato Firebug. E se non avete idea di cosa parli meglio così perché è qualcosa di talmente folle che pare impossibile possa essere accaduto davvero negli Stati Uniti fra gli anni '80 e l'inizio anni '90. Se proprio non potete fare a meno di trattenere la vostra curiosità, andate a leggervi la pagina Wiki di tale John Leonard Orr e poi fateci sapere.
Smoke - Tracce di fuoco, la trama
La vicenda è ambientata in una cittadina del Nord Ovest pacifico degli Stati Uniti, Umberland. È un luogo fittizio, che, però, ricorda tante altre città statunitensi che possiamo aver conosciuto grazie ai film, alle serie TV o, perché no, con viaggi di piacere. Ed è proprio da queste parti che uno o forse due "serial arsonist", incendiari seriali, mettono letteralmente a fuoco abitazioni, supermercati, ogni genere di proprietà privata. Sulle loro tracce c'è Dave Gudsen (Taron Egerton), un ex pompiere ora diventato investigatore d'incendi per la polizia di Umberland che si ritrova, suo malgrado, a dover fare squadra con la Detective Michelle Calderone (Jurnee Smollett) che viene trasferita proprio nel dipartimento in cui è operativo Gudsen per via di... alcune questioni irrisolte, per così dire, col suo boss Steven Burke (Rafe Spall).
Un rapporto, quello fra i due, che non nasce nel migliore dei modi: Gudsen è molto geloso del suo lavoro che, anzi, ha deciso di raccontare in un libro basato proprio sulla sua vita e le sue indagini, e non ama lavorare in team. Stessa cosa per la Detective Calderone che, però, capisce subito da che lato prendere il collega: riconoscendo - o per lo meno dandogli l'idea - di riconoscere la sua esperienza. Una mossa fondamentale per guadagnare la fiducia di un vanitoso come lui nel corso d'indagini non facilissime anche per colpa di un'opinione pubblica sempre più esasperata e di un'amministrazione che sta col fiato sul collo del capo, Harvey Englehart (Greg Kinnear) del dipartimento di polizia dove lavorano i due. Se il - o i - piromani non verranno arrestati in breve tempo, sono molte le teste che rischiano di saltare. Ma è proprio durante le indagini che cominciano a emergere dei particolari inquietanti sui sospettati.
50 sfumature di grigio

Anche limitando la conoscenza del corpus letteario di Dennis Lehane ai tre lungometraggi più celebri tratti dalle sue opere, appare evidente come all'autore bostoniano non interessino personaggi facilmente incastonabili in una qualche casella o categoria. I mondi delle storie che racconta e le maschere che li abitano sono caratterizzate da una serie pressoché infinita di sfumature di grigio e questa considerazione vale non solo alla grande, ma proprio alla grandissima anche per questa nuova Smoke. Prende come spunto di partenza un autentico fatto di cronaca che, con tutta probabilità, è ignorato dalla stragrande maggioranza delle persone, per mettere in scena un thriller atipico in cui si sa quasi fin dal principio chi ha fatto cosa.
Perché a contare non è tanto il whodunnit, quanto l'esplorazione della psiche e del codice di condotta tutt'altro che lineare dei personaggi che la popolano. Un espediente narrativo necessario nel momento in cui si racconta una vicenda in cui il pubblico sa più cose dei personaggi. Che, con le loro imperfezioni, sono il punto di forza di questa miniserie. Ma un personaggio scritto bene non basta se, a dargli vita, non c'è qualcuno in gradi di coglierne l'essenza. E bisogna dire che in Smoke tutti riescono a farlo.
In primis Taron Egerton: quanto è cresciuto artisticamente il giovane Eggsy di Kingsman: Secret Service! Se già dopo il folgorante esordio nella pellicola di Matthew Vaughn aveva fatto capire, con Eddie the Eagle - Il coraggio della follia, di avere la stoffa del grande interprete, con Rocketman, interpretando Elton John, ne ha dato ulteriore dimostrazione: Ed è uno scandalo che non abbia ricevuto lo stesso riconoscimento che invece ha avuto Rami Malek per il suo Freddie Mercury più degno di un programma di Carlo Conti che di un Oscar.

Ma senza rivangare il passato: tornando a quello che fa in Smoke, non si può che rimanere colpiti dalla capacità dell'attore di attraversare tutte le tonalità di una persona come Gudsen che passa dall'essere incredibilmente sicuro di sé al non riuscire a reggere il peso di certe situazioni fino ad arrivare ad altre "inclinazioni" per così dire che non staremo qui a svelarvi. Egerton padroneggia tutto con grande bravura. Così come Jurnee Smollett con la sua detective fiera e tutta d'un pezzo che, naturalmente, nasconde anch'ella una certa criticità caratteriale unita al non essere sempre del tutto fedele al suo codice di condotta.
Funziona (quasi) tutto perfettamente
Insieme ai due protagonisti, c'è un cast di contorno all'altezza in cui a spiccare è Ntare Guma Mbaho Mwine col suo Freddy. Mbaho Mwine non è certo quello che si suol dire un giovanotto e non è neanche al suo vero e proprio esordio, tuttavia Smoke è la prima volta in cui ha la possibilità di mettersi in luce dando con l'interpretazione misurata e studiata di un personaggio che rischiava di risultare macchiettistico e patetico.
Perché in definitiva, la forza principale di Smoke si riscontra nella scrittura dei personaggi e nella maniera in cui gli interpreti hanno poi dato forma alle loro maschere dato che, come dicevamo qualche riga fa, non c'è l'elemento del "chi è stato a fare cosa" a mandare avanti la storia di questa miniserie.

A voler essere pignoli ci sono due cose che non tornano e che possiamo descrivere solo per sommi capi per non rovinarvi la sorpresa (e non violare l'embargo). C'è una questione di un certo peso relativa a un personaggio che rimane un po' troppo in sospeso e un passaggio della puntata finale che segna, forse, una caduta di stile rispetto al resto.
Conclusioni
Dall'autore dei libri da cui sono state tratte opere come Mystic River e Shutter Island era lecito attendersi, specie dopo Black Bird, un'altra storia in cui a catalizzare l'attenzione di chi guarda sono le psicologie dei personaggi che la abitano. E con Smoke – Tracce di fuoco accade proprio questo. Un thriller-non-thriller fatto di maschere ambigue, multisfaccettate e multidimensionali ottimamente interpretate dal cast. Ci sono un paio di questioni meno rifinite, come dicevamo qualche riga fa, ma sono difetti su cui si può benissimo sorvolare.
Perché ci piace
- Dennis Lehane: un nome, una garanzia
- La scrittura dei personaggi e la capacità del cast di viverli
- Ntare Guma Mbaho Mwine: un'autentica rivelazione
Cosa non va
- C'è una questione su un personaggio che viene lasciata un po' troppo in sospeso
- Un passaggio del finale pare quasi “fuori luogo” rispetto al resto della serie