Attenzione! Spoiler sul finale della stagione 4 di Sherlock
Ancora non sappiamo se e quando Sherlock ritornerà con una nuova stagione, ma The Final Problem ha il sapore di un addio. O, nella migliore delle ipotesi, di un arrivederci. L'ultimo episodio della quarta stagione nasce dalla sinergia di Steven Moffat e Mark Gatiss, co-sceneggiatori per il gran finale dopo essersi divisi il lavoro di scrittura nei due precedenti capitoli, e infatti offre un perfetto equilibrio tra i vezzi di Gatiss e gli enigmi cervellotici tanto cari a Moffat. The Final Problem rappresenta un arguto bilancio delle prime quattro stagioni di Sherlock e mette una serie di punti fermi sul destino di Moriarty (che è morto sul serio, per chi ancora non ci credesse), sul rapporto tra Sherlock Holmes e John Watson e sulla personalità del personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch, enigma vivente da sempre.
Il problema finale, per Sherlock (come per molti di noi), è la famiglia. La sua famiglia d'origine, gli eccentrici Holmes, così come la famiglia creatasi intorno al legame con il fedele John Watson, con sua figlia Rosie e con gli altri fedelissimi (la signora Hudson, l'ispettore Greg Lestrade, Molly Hooper). La famiglia è ciò che ci definisce, anche e soprattutto per la sua assenza. Moffat e Gatiss ci danno finalmente la possibilità di scavare a fondo nella mente di Sherlock Holmes fornendo un'origine alle sue eccentricità. Alla fine dell'episodio abbiamo un'idea chiara di dove gli derivino le sue eccezionali abilità, il suo talento per gli enigmi, la capacità deduttiva, ma anche l'incapacità di relazionarsi con gli altri, la tendenza alla menzogna, le dipendenze e l'ossessione maniacale verso il lavoro. Sherlock Holmes ha passato un'intera esistenza nel tentativo di colmare un vuoto di cui non è neppure cosciente. E il recupero della memoria familiare è proprio il filo conduttore di The Final Problem.
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La fragilità dell'eroe contemporaneo
Il Mind Palace di Sherlock Holmes è un luogo ormai noto agli spettatori della serie BBC. The Final Problem rappresenta l'ennesimo viaggio nella mente e nella memoria di Sherlock, ma dal momento che il tema centrale dell'episodio è la famiglia a prendere il sopravvento è una componente diversa dalla logica. Per risolvere gli enigmi preparati da Euros con l'aiuto di Moriarty per vendicarsi dei fratelli, stavolta Sherlock non potrà fare affidamento sulla capacità deduttiva, ma dovrà esplorare un aspetto della propria interiorità che ha sempre preferito escludere: il sentimento. Per permetterci di scoprire qualcosa sul passato del detective di Baker Street, Steven Moffat e Mark Gatiss scandagliano la mente della sorella Euros, che scopriamo essere il vero genio della famiglia. Come spiega Mycroft, i professionisti che l'avevano esaminata la ritenevano "un genio tale da definire un'era". Un genio volto, però, al male, con molte più cose in comune con il folle Moriarty che con i fratelli Mycroft e Sherlock.
Lo sviluppo di The Final Problem analizza la personalità di Sherlock, affondando le radici nel suo passato e nel suo presente; l'episodio rappresenta una perfetta sintesi dell'ingegno dei suoi creatori. Solo a una visione attenta comprendiamo come molte delle scelte creative che hanno caratterizzato l'ultima stagione, facendo talvolta storcere il naso al pubblico, fossero finalizzate alla concezione e messa in atto del gran finale. Lo humor sbiadito rispetto al passato e la poca brillantezza nella costruzione dei casi sono sacrifici necessari per compiere un'impresa che in pochi hanno tentato prima d'ora: scalfire la superficie del canone di Arthur Conan Doyle per dare una genesi emotiva a uno dei personaggi più famosi della storia della letteratura. Naturalmente per far questo Moffat e Gatiss si prendono tutte le libertà creative necessarie. Lo Sherlock della serie BBC ha molto in comune con il suo equivalente letterario, ma al tempo stesso è un personaggio moderno nel senso etimologico del termine, visto che con le sue insicurezze, idiosincrasie e debolezze "appartiene al nostro tempo" molto più di quanto vorrebbero i suoi autori passati e presenti. Il canone non viene perciò tradito, bensì "aggiornato" quando scopriamo che Sherlock e Mycroft non hanno un terzo fratello maggiore, bensì una sorella minore, e Sherrinford diventa il nome di un'isola su cui si trova un penitenziario di massima sicurezza per "incontenibili" come Euros.
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Quando un aereo precipita
La risoluzione del caso al centro di The Final Problem dimostra ancora una volta l'eccezionale capacità di progettazione del team creativo di Sherlock. Tutti i tasselli vanno al loro posto offrendo allo spettatore un finale soddisfacente (se la serie si interrompesse davvero qui), ma lasciando al contempo alcune questioni in sospeso in caso di prosecuzione. Nel corso dell'episodio Sherlock Holmes apprende il motivo per cui non ricorda l'esistenza della sorella, una rimozione seguita a un forte trauma emotivo. Nel corso di quattro stagioni il detective sociopatico e anaffettivo ha dimostrato di avere molto più cuore di quanto ci si aspettasse, sacrificando i propri bisogni e la propria incolumità per salvare le persone che ama. Amore. E non è amore, fraterno, quello che spinge Sherlock a recarsi, munito di violino, a Sherrinford per comunicare con la geniale sorella in uno dei momenti più coinvolgenti del finale di stagione? La maturità ci regala uno Sherlock più comprensivo, più saggio, pronto a tutto pur di proteggere gli altri rispondendo a un preciso senso del dovere.
Nel detto/non detto, attraverso il suono del suo violino Euros intuisce che Sherlock ha fatto sesso (e il pensiero corre subito ad Irene Adler, alcuni indizi nel secondo episodio indicherebbero un possibile futuro ritorno della criminale più affascinante di sempre) e poi aggiunge di aver fatto sesso anche lei, in un momento di distrazione di un'inserviente. Anche stavolta Moffat e Gatiss non si fanno sfuggire l'occasione per giocare sull'ambiguità sessuale dei loro personaggi, ipotizzando per Euros una natura bisex, visto che prima racconta di aver sedotto una donna e poco dopo, in un eccezionale flashback, la vediamo flirtare appassionatamente con Moriarty. In più la terribile sorella costringe Sherlock a un confronto telefonico tesissimo con Molly Hooper in cui il detective è obbligato a confessarle il suo amore per spingerla a fare altrettanto. La reazione rabbiosa di Sherlock lascia intendere come Euros abbia messo il dito nella piaga. Il detective insensibile non è più così indifferente ai sentimenti altrui. Poco più tardi confesserà all'amico Watson che il piano messo in piedi da Euros non è "semplice tortura, bensì vera e propria vivisezione". E che dire di Mycroft 'Iceman' Holmes, costretto a guardare in faccia i propri errori e a pagare per tutte le menzogne astutamente ideate per "proteggere la famiglia"? Lo stesso Mycroft, che sarà terrorizzato a morte da entrambi i fratelli, prima per gioco e poi sul serio, e che proverà a bluffare per salvare la vita a John Watson offrendosi come agnello sacrificale a sua volta. Per una volta Mark Gatiss si ritaglia un ruolo più ampio del solito, modellando lo script a uso e consumo del suo personaggio. Questa piccola concessione alla vanità viene ripagata da una performance decisamente interessante. D'altronde essere sia autore che interprete di uno show comporta determinati vantaggi.
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Vi sono mancato?
E veniamo al villain più amato dal pubblico. Per mesi i fan hanno sognato il ritorno di Moriarty e una astuta campagna di marketing ha lasciato intendere la possibilità di rivedere la nemesi di Sherlock. Pur essendo morto una volta per tutte, Moriarty è onnipresente in The Final Problem. Lo vediamo comparire in tutto il suo splendore in un flashback che risale a cinque anni prima nel corso del quale, dopo essere sceso da un elicottero, fa il suo ingresso trionfale a Sherrinford sulle note di I want to break free dei Queen in veste di regalo di Natale per Euros. Pochi secondi del villain interpretato da Andrew Scott valgono da soli un episodio, ma questo già lo sapevamo. E Moriarty tornerà sui maxischermi che invadono Sherrinford come eccezionale memento mori, pronto a tutto, perfino a perire, pur di battere Sherlock Holmes.
In questa guerra di ingegni a farne le spese è il povero John Watson. Il magnetismo del detective di Baker Street e l'ingegnosa follia della sorella (a cui dà corpo Sian Brooke in un ruolo non facile) lasciano ben poco spazio al personaggio interpretato da Martin Freeman. Nonostante il suo impegno, gli sceneggiatori tornano a dipingere Watson come una spalla pura e semplice ridimensionandone l'importanza dopo la parentesi Mary Morstan. La necessità di chiudere la parabola narrativa porta a disattivare con una certa rapidità lo stesso potere distruttivo di Euros. L'abbraccio del fratello, mentre è accovacciata sul pavimento della sua vecchia camera da letto, inerme, ci fa rimpiangere la debordante follia di Moriarty. Che la storia si concluda qui o ci regali altre stagioni, per il momento Sherlock ci lascia con una consapevolezza. L'unico villain degno di nota è stato e sarà sempre Moriarty. Gli altri non sono che semplici emanazioni della sua figura e nessuno è in grado di competere con lui per fascino, ingegno e crudeltà. Se mai Sherlock dovesse proseguire, fare a meno della vulcanica arcinemesi a cui bastano pochi istanti per rubare la scena a chiunque sarà molto, molto dura.
Movieplayer.it
4.0/5