I cortometraggi permettono spesso di raggiungere vette inesplorate proprio per il minor tempo a disposizione per raccontare una storia, un messaggio, un significato. Quelli animati risultano ancora più sperimentali perché hanno dalla loro tutto il potere immaginifico della creatività. La serie di corti animati denominata SparkShort della casa di produzione Luxo per Pixar ha affrontato una varietà infinita di personaggi e tematiche nel corso degli anni, a volte anche accompagnando i lungometraggi in sala - questo si verificherà nuovamente quest'anno con l'arrivo per la prima volta al cinema di Kitbull, che precederà Red il 7 marzo e La Tana, che accompagnerà Soul l'11 aprile. Il 2024 inizia invece con un corto arrivato direttamente sulla piattaforma della Casa di Topolino: stiamo parlando di Self, che si differenzia dai suoi illustri precedenti, alcuni vincitori dell'Oscar, per il tipo di animazione utilizzata. Ma vediamolo nel dettaglio nella nostra recensione.
Animazione ibrida
Il primo tratto distintivo di Self è che si tratta del primo esperimento in animazione ibrida - CGI e stop-motion - dello studio Luxo, ed è diretto da Searit Kahsay Huluf, che già aveva lavorato al montaggio proprio di Red e Soul e come coordinatrice di produzione in Kitbull. Il secondo è che la trama racconta il viaggio alla scoperta di sé di una bambola di legno. Una giovane donna etiope che arriva in un futuro prossimo nel centro di Los Angeles, e desidera inserirsi nella società. La vediamo salire una scala mobile che la porta al centro dell'incontro tra persone in uno spazio aperto, ma nota subito qualcosa di strano: hanno tutti un diverso colore (e conformazione) della pelle, che risuona ad ogni movimento e contatto con le mani, creando una sinfonia musicale attraverso la quale riescono a comunicare tra loro. Lei, essendo fatta di legno, non riesce ad ottenere questo effetto, e questo la fa sentire inadeguata e "sbagliata", difettosa, facendo allontanare tutti, perplessi e forse spaventati da ciò che non riescono a comprendere fino in fondo. Un'interessante metafora della nostra società e dei problemi di accoglienza del "diverso", qualunque esso sia.
Come un moderno Pinocchio
Proprio come un moderno Pinocchio - favola cara a Walt Disney come sappiamo, che di recente ha avuto svariati adattamenti anche fuori dalla Casa di Topolino - la nostra protagonista trova una possibile soluzione al proprio problema. Cadono infatti provvidenzialmente dal cielo - sembrano quasi delle stelle cadenti, come sappiamo universalmente legate ai desideri dell'animo - dei pezzi che possono essere sostituiti alle sue parti del corpo, e lei li rincorre come se fosse l'unico modo possibile per trovare se stessa e tornare/incominciare a vivere in mezzo agli altri. Ma non sarà "diventare una donna vera" a renderla appagata e realizzata come pensava, ricordandoci quanto come esseri umani siamo geneticamente predisposti a cercare quel qualcosa in più che ci renda finalmente appagati e completi; per poi accorgerci che forse questo non succederà mai se non impariamo a godere di ciò che abbiamo e delle nostre peculiarità che ci rendono unici, piuttosto che omologarci al resto della società per paura di restare indietro e finire soli e non capiti.
La donna ha una sorta di epifania quando finisce per calpestare i suoi stessi "resti" a causa della nuova conformazione, facendola rendere conto di quanto prezioso fosse quel legno, ancora di più ora che è spezzato. Proprio le rughe e le cicatrici sono ciò che ci rendono ciò che siamo, la nostra storia scritta come nei cerchi concentrici degli alberi, e non in quei corpi musicali ma artificiali che potrebbero anche rappresentarsi il ricorrere alla chirurgia estetica dei losangelini, per ricercare una perfezione solo ideologica e idealizzata che è praticamente impossibile da raggiungere.
Se la Pixar va in stop-motion
Come dicevamo, Self si distingue per la propria animazione ibrida. Il lavoro nel mescolare animazione moderna e stop-motion secolare è sicuramente encomiabile, ma forse non totalmente riuscita nel suo complesso, restituendo però un valido contrasto tra l'artigianalità dell'animazione coi pupazzetti e il futurismo di quella realizzata al computer. Il gioco dei movimenti, degli sguardi, dei fondali ha però una sua musicalità, anche se non perfettamente accordata. Eppure è prezioso ed importante questo esperimento, questo voler provare a rinnovarsi e osare in un periodo in cui anche la Pixar è accusata di stanchezza e ridondanza, di rifarsi a modelli narrativi e visivi oramai superati. Chissà che non sia la strada per provare l'ibridazione anche in un lungometraggio - che non sarà Elio, che vedremo nel 2025. Intanto, godiamoci questa nuova perla d'animazione.
Conclusioni
Che dire alla fine della recensione di Self se non che costituisce un nuovo importante tassello nell’evoluzione dell’animazione in generale, e della Pixar in particolare coi cosiddetti SparkShort di Luxo. Non tutto funziona ma l’esperimento è incisivo, perché restituisce significante e significato della storia e si fa portatore di un messaggio di inclusività e importanza delle proprie origini e della propria identità culturale, qualunque esse siano.
Perché ci piace
- Il messaggio dietro e dentro la trama.
- L’evoluzione della protagonista in soli 6 minuti.
- Il coraggio di Pixar di provare a cambiare se stessa.
- L’ibridazione di animazione in CGI e stop-motion…
Cosa non va
- …anche se non totalmente riuscita.