Tra i più interessanti giovani registi russi più del panorama contemporaneo troviamo Vladimir Beck, impegnato in quello che sembra un suo personalissimo percorso di indagine riguardante le età della vita. Se infatti il suo primo lavoro, Free Bird, si occupava dell'infanzia, la sua nuova fatica, Sasha, presentata in anteprima mondiale a Lucca Film Festival 2023, si immerge nel mondo dell'adolescenza. Che ci sia dietro un'idea di trilogia?
Quello del regista è un coming of age ricercato, che dimostra una notevole capacità di sintesi, in quanto riesce a racchiudere dentro di sé una grande varietà di tematiche grazie ad una struttura narrativa coerente che, nonostante le ambizioni, riesce a rimanere orientata verso la medesima meta dall'inizio alla fine.
Questo, fa del titolo una pellicola ricca ma ordinata, nonostante sia a volte vittima anch'essa della classica confusione adolescenziale, soprattutto nella gestione del ritmo. Un fattore che però le permette di acquisire il pregio di riuscire a vivere per metafore visive e anche di cambiare registro andando avanti, forse peccando un poco di arroganza. Ma è quella sana, tipica dei giovani, quindi ben venga.
Sasha: papà e figlia
Come per sottolineare un senso di continuità con il titolo precedente, Sasha inizia con un bambino che esplora una casa fatiscente e quasi completamente vuota. "Quasi" dal momento che in realtà al suo interno troviamo un inquilino, piuttosto sorpreso di una visita dal mondo esterno, come se fosse ormai staccato da tutto, chiuso nelle nude stanze. Un flashforward di quello che sarà.
Sasha (interpretata splendidamente dalla debuttante Anya Patokina) è una quindicenne che vive un'esistenza apparentemente serena insieme al suo caro nonno, che però, durante una visita al mercato, ha un improvviso malore. Questo turba la vita della ragazza, che viene affidata alle cure di suo padre, un poliziotto che vive da solo in città, poco entusiasta (per usare un eufemismo) di doversi occupare di una figlia che ormai non vede da anni. Un sentimento condiviso dalla giovane, che in segno di protesta si taglia i capelli e fugge via dalla sua nuova casa dopo neanche due giorni.
In questa nuova veste si avventura nel mondo e fa presto la conoscenza di due giovani, una ragazza soprannominata Mysh e, molto più importante, un ragazzo di nome Maksim. Entrambi scambiano Sasha per un ragazzo vista la pettinatura e si dimostrano molto interessati a lei / lui, ognuno in un modo diverso. Soprattutto Maksim, che condividerà con Sasha dei luoghi importanti per la sua vita, dal focolare domestico a stanze dove trova riparo dalle storture della sua condizione. Le esistenze dei ragazzi si mischieranno al punto che per attraversare un momento di dolore avranno solo l'un l'altra.
Un coming of age complesso, ma coerente
Beck dimostra di essere pieno di idee, sia a livello formale che di contenuto. La scrittura di Sasha è brillante dal momento che riesce ad unire tematiche tipiche del coming of age, come la necessità di identificarsi nell'altro, il dolore di non possedere una famiglia unita, il disagio continuo e il desiderio di un senso di appartenenza, con altre contemporanee come il valore della memoria, la rottura tra le nuove generazioni e le vecchie e i temi riguardanti la scoperta della propria sessualità.
Il trauma della protagonista sta nel passato, simboleggiato da un nonno che non ce la fa più a portarne il peso, ma che rappresenta un valore per la ragazza, la quale invece si scontra con il padre, dal momento che l'uomo ha il dovere di continuare a ricordare e invece vuole solo dimenticare. Dove il papà non la accompagnerà, la giovane andrà da sola, spinta dal bisogno di riempire la sua mente di ciò che è stato per poter andare avanti. Ecco che le stanze vuote diventano metafora di un vissuto da riempire e così trovare un proprio posto. Una casa nuova, attualmente spoglia e in rovina, come le esistenze dei ragazzi, traditi dalle loro famiglie e privati degli strumenti per costruirsi un loro spazio al di fuori di esse.
Su questo Sasha innesca una danza tra due giovani dispersi, che cercano di specchiarsi negli occhi dell'altro al di là della necessaria ricerca di una propria identità sessuale e di genere. Come a chiusura di un profondo e complesso viaggio interiore, un fiocco su un pacco regalo, accompagnato da una trovata formale nuova rispetto alla camera a mano e al realismo. Una trovata che si appoggia al magico e al trascendente, ma che però nella resa si rivela un po' troppo derivativa e per un film così pensato e pieno di spunti è un peccato.
Conclusioni
Sasha di Vladimir Beck ha tutto l'aspetto di una seconda tappa di un viaggio che è cominciato con un titolo sull'infanzia e ora prosegue con un coming of age adolescenziale. Una pellicola piena di tematiche tra quelle classiche del genere e quelle più attuali e che è in grado di utilizzare il mezzo audiovisivo a pieno, sfruttando alla meglio luoghi e oggetti. Forse ad un certo punto si piace un po' troppo cercando un'ulteriore slancio che però non ha l'effetto desiderato.
Perché ci piace
- La scrittura è solida, ricca e coerente.
- La capacità originale di sfruttare luoghi e oggetti.
Cosa non va
- Un cambio di registro di troppo.