Dopo l'esordio di Amore, furti e altri guai, presentato al Festival di Berlino nel 2015 e arrivato nelle nostre sale l'anno successivo, il cineasta classe 1985 Muayad Alayan con Sarah e Saleem torna a raccontare la Gerusalemme divisa e il conflitto israelo-palestinese. Questa volta, però, lo fa con un approccio decisamente differente. Se infatti nell'opera prima il racconto delle molteplici disavventure di un ladro che cambiava vita in seguito al furto di una macchina si sviluppava nella direzione della commedia nera, in questo secondo lavoro il registro privilegiato è quello drammatico. Come si vedrà anche più avanti nella nostra recensione di Sarah e Saleem, il pregio principale del film è quello di riuscire a restituire con forza un convincente e coinvolgente spaccato della vita contemporanea a Gerusalemme, dominata e condizionata anche nei suoi aspetti più privati dai laceranti contrasti politico-sociali.
La difficile vita a Gerusalemme
L'israeliana Sarah e il palestinese Saleem si incontrano per caso. Lei è proprietaria di un bar a Gerusalemme Ovest e conduce una vita agiata insieme alla figlia Flora e al marito David, colonnello dell'esercito perlopiù assente e concentrato sulla carriera militare; lui invece si trova in difficoltà economiche e lavora come fattorino mentre cerca un appartamento da affittare a Gerusalemme Est per non continuare a vivere nella casa della famiglia della moglie Bisan, in attesa del loro primo figlio. Per motivi differenti Sarah e Saleem vivono un momento di crisi e, dopo essersi conosciuti durante le consegne di lui al bar di lei, iniziano a incontrarsi di notte dando luogo a una relazione che si consuma di nascosto nel furgone dell'uomo.
Il loro rapporto deve necessariamente rimanere clandestino non solo perché extraconiugale, ma anche in quanto destinato a creare scandalo poiché frutto dell'attrazione fisica tra un palestinese e un israeliano. Quando una sera l'uomo e la donna si recano in un locale di Betlemme e Sarah viene riconosciuta come israeliana da una persona del luogo, però, le loro vite cambiano all'improvviso: i due, a seguito di una serie di sfortunate e imprevedibili coincidenze, si ritroveranno in una situazione più grande di loro che vedrà coinvolti gli intelligence palestinese e israeliano.
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Un film solido e intenso
Coadiuvato dal fratello Rami Musa Alayan in fase di scrittura della sceneggiatura, il palestinese Muayad Alayan costruisce un racconto avvincente che si muove in modo molto efficace a cavallo tra dramma familiare e socio-politico, senza mai cedere a caratterizzazioni didascaliche o banali semplificazioni, capace di far riflettere lo spettatore sulle molteplici implicazioni che le apparentemente insanabili tensioni tra israeliani e palestinesi possono avere sulle vite degli abitanti di Gerusalemme.
Anche grazie all'intelligente ricorso a una struttura circolare che copre esattamente la prima metà del film e a una solida regia minimalista, ci si appassiona dal primo all'ultimo minuto alle vicende che scorrono sullo schermo e alle traiettorie psicologiche dei personaggi principali, tratteggiati senza pregiudizi nella loro fragile umanità e interpretati in maniera genuina da Adeeb Safadi (Saleem), Sivane Kretchner (Sarah), Ishai Golan (David) e Maisa Abd Elhadi (Bisan). Del cast di livello fa parte anche Kamel El Basha, vincitore due anni fa della Coppa Volpi come migliore attore al Festival di Venezia per l'ottimo L'insulto di Ziad Doueiri, qui nei panni di un uomo dello spionaggio palestinese.
Conclusioni
Come visto nella recensione di Sarah e Saleem, l'opera seconda di Muayad Alayan convince per come è in grado di immergere nelle travagliate esperienze dei protagonisti, mostrando quanto una banale vicenda di relazione al di fuori del matrimonio, nel contesto del fragile e conflittuale tessuto sociale di Gerusalemme, possa condurre a conseguenze drammatiche e imprevedibili. Non si tratta certo del film più originale o raffinato tra i molti che negli ultimi anni hanno affrontato il tema delle molteplici tensioni tra israeliani e palestinesi, ma grazie a una sceneggiatura priva di sbavature e a una regia sempre funzionale alle esigenze narrative, oltre alle ottime prove offerte dai protagonisti, Sarah e Saleem si rivela un'opera intensa e stimolante.
Perché ci piace
- Un avvincente e credibile spaccato della vita a Gerusalemme, dominata e condizionata anche nei suoi aspetti più privati dai contrasti politico-sociali.
- La sceneggiatura gestisce in maniera molto efficace i tempi narrativi e tratteggia in maniera decisamente convincente le psicologie dei vari personaggi.
- L'autenticità delle interpretazioni dei quattro protagonisti Adeeb Safadi, Maisa Abd Elhadi, Sivane Kretchner e Ishai Golan.
Cosa non va
- Chi si aspetta un film particolarmente originale sul piano narrativo o dalle trovate stilistiche sorprendenti rimarrà deluso. Quella di Alayan è infatti un'opera tesa e solida ma tradizionale.