Il 27 marzo 1995, giorno del trentaduesimo compleanno di Quentin Tarantino, egli e l'amico Roger Avary vinsero l'Oscar per la migliore sceneggiatura originale grazie a Pulp Fiction. Successivamente le strade artistiche dei due si sono separate: il percorso di Tarantino è noto a tutti, mentre Avary si è ritagliato uno spazio molto eclettico, scrivendo lungometraggi di successo come Silent Hill e Beowulf e firmando come regista pellicole indipendenti quali Killing Zoe e Le regole dell'attrazione. Lo scorso novembre è stato ospite del Geneva International Film Festival, dove ha fatto parte della giuria del concorso lungometraggi e ha presentato il suo film più recente, Lucky Day, che ha iniziato a scrivere mentre scontava una pena carceraria ("La cella del protagonista è la copia esatta della mia", ha spiegato al Q&A dopo la proiezione). In tale contesto ci ha concesso un'intervista esclusiva, di ben 72 minuti, durante una cena. Qui presentiamo la prima parte, dedicata al film che gli è valso l'Academy Award esattamente un quarto di secolo fa.
Pulp Fiction: 25 anni fa a Cannes, Quentin Tarantino presentò il film che avrebbe cambiato il cinema
Pulp Genesis
Sono passati 25 anni dall'uscita di Pulp Fiction. Che ricordi hai della realizzazione del film?
Sarà una risposta lunga, perché quel progetto è durato molti anni e si è trasformato strada facendo. All'inizio doveva essere un film antologico, all'epoca li potevi ancora fare abbastanza facilmente, e dovevano essere tre corti, fatti da me, Quentin Tarantino e un altro regista. Il ragionamento era che fosse più facile realizzare un corto ciascuno, e poi fare un lungometraggio mettendoli insieme.
Chi era il terzo regista?
Adam Rifkin, un cineasta losangelino. Era l'unico di noi ad aver già fatto qualcosa, ma alla fine lui non scrisse la sua sceneggiatura. Io feci la mia, Quentin fece la sua, e la vita andò avanti. Passarono gli anni, Quentin stava scrivendo Le iene e io Killing Zoe. Dopo lui venne da me e mi disse che gli avevano offerto vari progetti, tra cui il sequel de L'onore dei Prizzi, e ci stava pensando seriamente. Lui però non riusciva a smettere di pensare alla nostra idea antologica, e voleva girare lui tutti i segmenti. A quel punto avevamo solo due storie, e così raccogliemmo tutto quello che avevamo scritto in vita nostra, e dopo la proiezione de Le iene a Cannes noleggiammo una macchina e guidammo fino ad Amsterdam. Lì affittammo un appartamento e facemmo quello che fanno tutti quando sono in Olanda: scrivemmo una sceneggiatura! Mettemmo tutte le scene sul pavimento e le assemblammo. E dalla nostra esperienza europea nacquero elementi come il quarto di libbra con formaggio e la maionese sulle patatine fritte. È per quello che Vincent dice di essere stato ad Amsterdam.
[Veniamo interrotti dallo staff del festival]
Dov'ero rimasto?
Amsterdam.
Giusto. Dopodiché io girai il mio film, mentre Quentin sistemava la struttura di quello che avevamo scritto. Tra l'altro ne abbiamo parlato poco fa, proprio in occasione dell'anniversario, e lui mi ha ricordato che per la parte di Butch io avevo pensato a Matt Dillon, che sarebbe stato fantastico. Per me Bruce Willis era quello di Trappola di cristallo e Moonlighting, uno che faceva TV e film d'azione. Quando Quentin scelse Bruce immaginai, sbagliando, che fosse una decisione puramente commerciale. Può darsi che lo fosse in parte, perché ai tempi Bruce era il più famoso dei protagonisti del film. Mi presentai sul set un po' triste, e poi incontrai Bruce. Era la prima volta che lo vedevo senza parrucchino, e sembrava veramente un pugile. Senza neanche parlargli, vedendolo camminare mi resi conto che era giusto per la parte. I film sono come i bambini, crescono e si evolvono, e non diventano per forza quello che immaginavi. Una parte di me vorrebbe ancora vedere Matt Dillon in quel ruolo, ma è impossibile immaginare il film senza Bruce. Quella parte l'ho scritta io.
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Quindi l'ultima battuta del film, nell'ordine cronologico delle storie, è tua?
"Zed è morto", dici? Mi sa che l'abbiamo scritta insieme, io e Quentin, durante il soggiorno ad Amsterdam. O forse era nella mia prima stesura, non ricordo. Dovrei controllare nei miei archivi. Però suona come una cosa che scriverei io, in effetti.
Un'amicizia messa alla prova
È vero che tu e Quentin avete litigato ai tempi per i credits legati alla sceneggiatura?
Non per i credits, no. E non direi neanche che avevamo litigato, semplicemente il nostro rapporto cambiò. Ci allontanammo perché un conto era essere due tizi che lavoravano insieme, un altro era avere a che fare con gli agenti, i manager, i soldi, gli uffici stampa, la fama. Però ci fu un articolo...
[Ordiniamo da mangiare, Avary chiede un cheeseburger]
Dicevo, ci fu questo articolo, scritto da una stronza che attribuì a me il virgolettato di qualcun altro, e questo provocò una certa tensione tra me e Quentin. Ma io e lui siamo fratelli, è normale litigare a volte. Lo adoro, e vorrei averlo visto di più nel corso degli anni. Io avevo una famiglia, lui no, quindi dovetti modificare le mie priorità. E poi siamo entrambi registi, lui lavora da una parte e io da un'altra.
Quindi per la sceneggiatura non ci fu una lite?
No. Io do sempre retta a Quentin, verbalmente. Avevamo un certo accordo, e successivamente lui lo volle cambiare perché nella sua testa i credits dovevano essere scritti in un determinato modo [i titoli di coda dei film di Tarantino iniziano sempre con la doppia menzione di lui come sceneggiatore e regista, n.d.r.]. Per me andava bene. Forse non avrei dovuto accettare, ma per me non era un problema.
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Una notte da ricordare
Passiamo agli Oscar. Puoi raccontarci i retroscena del tuo discorso di ringraziamento?
Certamente. Per chi non lo sapesse, ringraziai mia moglie e poi... No, aspetta, fammi tornare indietro. Il direttore di scena degli Academy Awards viveva di fronte a casa mia, e accadde questo: non avevo problemi con Quentin, ma i suoi agenti, e Harvey, e gli altri, volevano tenermi il più lontano possibile in quel periodo. Mi trattavano di merda: mi mandavano la limousine guasta, e alle cerimonie mi facevano sedere con i bambini, a un altro tavolo. Non mi importava più di tanto, ma decisi di giocare anch'io, e tramite il direttore di scena riuscii a pagare un cameraman 500 dollari affinché spegnesse la sua telecamera quella sera. Se rivedi il video, quando inquadrano Quentin la telecamera non funziona, e passano direttamente a me, che ero seduto agli antipodi, e mi seguono mentre salgo sul palco. Mi ero preparato psicologicamente, ma la competizione era forte quell'anno. In ogni caso, hai presente che c'è sempre qualcuno che dopo la vittoria sembra disorientato, e una bella ragazza è incaricata di accompagnarlo dietro le quinte?
Sì.
Ecco, io non volevo essere quel tipo di vincitore, mi ero appuntato come muovermi. Poi però dissero il mio nome, ed era come se fossi uscito dal mio corpo. Non ho alcun ricordo della visuale del palco davanti a me, solo di aver visto me stesso dall'alto. Salii sul palco, abbracciai Quentin, e lui cominciò a parlare. Come sicuramente saprai, ti danno pochi secondi per il discorso: ti ricordano tre volte di chiudere tramite un gobbo, e al terzo promemoria ti spengono il microfono e parte la musica. Quell'anno capitò a Martin Landau, e lui si mise a urlare perché non aveva finito. Che bel film, Ed Wood. Pensavo che avrebbe vinto nella nostra categoria.
Non so se lo sai, ma se rivedi il video della sua vittoria, si vede chiaramente Samuel L. Jackson che dice "Merda!" perché era candidato anche lui.
Davvero? Erano entrambi meritevoli, ma Sam ha molte altre possibilità di vittoria, e continuerà ad averne. Landau aveva già vissuto una vita intera sullo schermo, ed era un ruolo magnifico. Comunque, tornando a noi, appena Quentin finì di parlare apparve il primo promemoria, dovevo essere breve. La mia idea originale era di convincere tutti ad augurare buon compleanno a Quentin, ma in quel momento riuscii solo a pensare a mia moglie, e la ringraziai. E poi dissi la prima cosa che mi passava per la testa, come in Forrest Gump: "Devo andare a pisciare". E mi scappava veramente. Dopo che hai vinto ti portano dietro le quinte, dove segui il resto di quel segmento della cerimonia su un piccolo televisore in bianco e nero, e quando parte la pubblicità ti fanno tornare al tuo posto. Non feci in tempo a pisciare, e passai il resto della serata pensando alla voglia di andare al cesso.
Quentin come la prese per lo scherzo della telecamera?
Onestamente, non so se lui ne è al corrente, l'ho raccontato un paio di volte, ma lui o non lo sa o non se lo ricorda. Comunque è il genere di cazzata che facevamo l'uno nei confronti dell'altro. Cioè, io e lui lavoravamo insieme, guardavamo film tutto il giorno, e facevamo scherzi. Una volta ero finito per sbaglio nella sezione sulla moda del Los Angeles Times, cosa assurda perché io e la moda siamo agli antipodi. Avevo dei jeans bucati, e chiesero di potermi fotografare. Quentin fotocopiò quell'immagine e la mise nella sezione gay del videonoleggio, con un testo del tipo "Salve, sono Roger, e vorrei consigliarvi alcuni film gay."
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Harvey Weinstein
Siccome l'hai menzionato prima, ti volevo chiedere che cosa pensassi di Harvey Weinstein ai tempi, siccome era già noto per il suo caratteraccio.
Guarda, non voglio sminuire quello che è successo alle vittime di quel maiale, ma nel suo caso non era una questione di donne. Si trattava di potere, e di come lui ne abusasse sistematicamente con tutti. L'ho visto rovinare la carriera a molti miei amici, distruggendogli i film o non facendoli uscire, e l'ha fatto anche con me. Fatte le dovute proporzioni, anch'io ho avuto un momento #MeToo con Harvey Weinstein, senza la componente sessuale.
Che tu sappia, è vero che nemmeno Quentin avesse il final cut con lui? Lo menziona Peter Biskind in uno dei suoi libri.
Non ne ho idea. O meglio, Quentin mi ha raccontato una cosa che non ripeterò perché spetta a lui dirlo, e c'entrava un disaccordo su una scena in particolare. Non sono l'avvocato di Quentin, quindi non posso dirti con certezza assoluta se lui ha diritto al final cut o meno, ma secondo me non ha importanza. L'importante è avere collaboratori di cui ti fidi, e Quentin è in grado di farsi valere se necessario. E non credo che a Harvey convenisse farlo incazzare.
Un'ultima cosa legata a Tarantino: c'è una scena ne Le regole dell'attrazione dove fai dire allo studente di cinema che la gente scambia il tuo film precedente per uno di Quentin, che era il produttore esecutivo. È successo per davvero?
Era intesa come una gag, senza rancore, ma sì, c'era gente che gli attribuiva quel film a torto, e penso che desse fastidio anche a lui. Chiariamoci, io gli sono eternamente grato per avermi dato una mano, lui lo fece come favore, non ha fatto soldi producendo Killing Zoe. All'epoca ci paragonavano parecchio, ma siamo molto diversi come registi, anche se ci piacciono le stesse cose: se fai un diagramma di Venn c'è una sovrapposizione, ma sarà tipo il 30%. Ai tempi c'era una vera e propria Tarantinomania, come la Beatlemania decenni prima. Credo sia stato il distributore ad andarci pesante: "QUENTIN TARANTINO PRESENTA KILLING ZOE, scritto e diretto da Roger Avary". Non potevo controllarlo, e nemmeno lui. È la mia versione di Nightmare Before Christmas.