Animali selvatici, la recensione: Mungiu affronta il tema del razzismo e la xenofobia

La recensione di Animali selvatici (R.M.N. in originale), il nuovo film di Cristian Mungiu presentato in concorso a Cannes 2022.

Vero e proprio habitué del Festival di Cannes, dove nel 2007 ha già vinto la Palma d'oro, il regista rumeno Cristian Mungiu porta sulla Croisette il suo nuovo film che fin dal titolo sembra volerci parlare del suo paese. Animali selvatici (R.M.N in originale), però, non è tanto un film sulla Romania quanto sulla natura umana, ed è proprio per questo motivo che si dimostra la sua opera più complessa ed ambiziosa, ma anche più imperfetta.

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R.M.N: una scena del film di Cristian Mungiu

Un villaggio poco accogliente

Il film prende il via con il ritorno a casa di Matthias (Marin Grigore): dopo aver abbandonato in modo brusco un posto di lavoro in una fabbrica della Germania, si ritrova nuovamente senza lavoro nel suo villaggio originario della Transilvania, con una moglie che non lo vuole più, un figlio di otto anni che non vuole più parlare a causa di un trauma e l'ex amante Csilla (l'ottima Judith State) che guida con successo un'industria locale ma fatica a trovare i nuovi lavoratori che le servono.

Proprio per questo motivo, insieme a Matthias arrivano in paese anche degli extracomunitari dello Sri Lanka, scatenando il razzismo e la xenofobia degli abitanti più reazionari e conservatori. Ed è proprio da questo momento che il film, dopo una prima parte in cui fatica ad ingranare, entra nel vivo e ci regala alcune sequenze davvero notevoli, merito sia della pregevole scrittura di Mungiu che dalla sua capacità di mettere in scena dialoghi e litigi (anche di massa) in maniera incredibilmente naturale.

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Babel Transylvania

Più il film va avanti e più si intuisce che quella che all'inizio poteva sembrare una semplice storia familiare o comunque relativa ad una comunità ristretta non è altro che il racconto, nemmeno troppo allegorico, di una nazione intera, la Romania richiamata dal titolo, che nonostante la sua Storia si è sentita troppo spesso schiacciata dalle culture e potenze che la circonda(va)no. E che ora, soprattutto nelle zone meno urbane, vede/teme lo stesso atteggiamento nell'attuale pressione esercitata dalla UE.

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R.M.N: un'immagine del film di Cristian Mungiu

Come appare evidente però fin dall'inizio, anche dall'utilizzo di tante lingue (rumeno, ma anche tedesco, ungherese, francese e inglese), l'ambientazione transilvana potrebbe essere tranquillamente trasferita in una qualsiasi altra zona dell'est europa, o forse dell'Europa in generale. D'altronde i discorsi razzisti e xenofobi ("non abbiamo nulla contro di loro, vogliamo solo che restino a casa loro") sono gli stessi che abbiamo sentito e ancora sentiamo anche noi in Italia tutti i giorni.

In questo senso, nonostante un finale solo apparentemente enigmatico e poco chiaro (ma proprio per questo particolarmente affascinante), il nuovo film di Mungiu è forse il più europeo della sua carriera, quello meno radicato e dipendente dalla cultura e storia rumena. Un film che parla di Europa, delle sue contraddizioni e dai tanti problemi ancora da risolvere. E se anche non è perfetto quanto i precedenti del regista, è un film che mostra in modo evidente il talento e lo spirito autoriale di un grande regista.

Conclusioni

R.M.N. è un film che fatica ad ingranare nella prima ora, ma finisce col ricompensare lo spettatore più paziente con una seconda metà potentissima e ricca di spunti di riflessione. Come sempre recitazione, scrittura e messa in scena sono esemplari e colpiscono per naturalezza. Un altro interessante tassello che si va aggiungere ad una filmografia di grande spessore.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • Recitazione e scrittura di altissimo livello, e anche a livello di regia Mungiu ci regala un paio di scena (vedi quella della riunione cittadina) impressionanti e indimenticabili.
  • Il tema del film, una volta emerso, è interessante e profondo…

Cosa non va

  • … peccato che il film ci metta un po’ troppo per ingranare e che la prima parte appaia troppo frammentata.