RIP, i registi raccontano la sfida di girare una ghost story in Italia

Le ispirazioni, le difficoltà tecniche, gli effetti speciali analogici: dietro le quinte del film insieme ad Alessandro D'Ambrosi e Santa De Santis. In sala.

Un'immagine di Alessandro D'Ambrosi e Santa De Santis

Realizzare una ghost story in Italia. Una follia? Probabile, eppure Alessandro D'Ambrosi e Santa De Santis ci sono riusciti. La coppia di registi, insieme anche fuori dal set, dopo essersi fatta notare con il corto Buffet nel 2016, ha deciso di debuttare con un lungometraggio affrontando un'impresa impossibile.

Rip Cast
Una scena del film

"Ed esce addirittura per Halloween, speriamo che in tanti vadano a vederlo, magari in famiglia" ci dicono divertiti mentre li incontriamo nella cornice di Alice nella Città dove è stato presentato, prima di arrivare al cinema dal 23 ottobre con Filmclub Distribuzione. I due sono come bambini in un negozio di caramelle: trasmettono una vera e propria passione per questo lavoro e per l'impegno messo nel film, che non vuole adagiarsi agli altri film italiani che sembrano fatti con lo stampino, e si vede.

RIP: una ghost story tutta da ridere

Leonardo (Augusto Fornari) è un uomo solitario, cinico e disilluso che per mestiere scrive necrologi mentre il padre, altrettanto anaffettivo, lavora al cimitero. Insomma, hanno entrambi a che fare con la morte eppure il protagonista sembra iniziare ad apprezzare la vita solo dopo che incontra tre spettri (Valerio Morigi, Giulia Michelini e Nina Pons): quello del padre da giovane, ancora estroverso e pieno di speranze e sogni, e due popolano che vedono l'amore in modi molto diversi, cortese e pragmatico.

Una delle frasi più belle del film è "Ti sei sempre concentrato su quello che ti mancava e non su quello che avevi". Noi esseri umani siamo incorreggibili: "Questa era per me stesso" - scherza D'Ambrosi - Scriviamo come monito prima di tutto a noi" e gli fa eco De Santis: "Una sorta di seduta di psicoterapia. Non vogliamo salire in cattedra ma porre domande profonde attraverso il film, perché prima di tutto ce le facciamo noi due, e spesso non riusciamo a mettere in atto i consigli che ci diamo. La pellicola diventa una sorta di esorcismo sulla paura della morte, a partire dalla filastrocca iniziale sulla Morte e sulla ranocchia"_.

Continua il regista: "Ci sembrava importante mettere a fuoco, soprattutto in un'epoca in cui si hanno infinite possibilità, quanto in realtà ci rimanga davvero poco. Ci sente più soli di quando si avevano solo tre amici al campetto o in piazza, e non 4.000 su Facebook. Sembra il discorso di un ottantenne (ride) ma penso sia alla base dell'infelicità di molte persone oggi. Il poter accedere costantemente a mondi, vite, universi che in realtà sono così lontani e effimeri fa partire in noi un confronto istintivo sui risultati, senza rendersi conto delle fatiche e delle sconfitte che possono aver portato a quei risultati".

Le influenze cinematografiche e letterarie del film

Rip Fotogramma
Una sequenza particolarmente spooky

RIP prende a piene mani dalla cinematografia anni '80-'90 con cui i due registi sono cresciuti. Da Tim Burton ai Goonies, in mezzo Il Canto di Natale nei tre fantasmi che accompagnano il protagonista, ma anche la Divina Commedia, con Virgilio e Beatrice che accompagnano Dante tra Inferno, Purgatorio e Paradiso. "Sono coloro che ci hanno fatto amare il cinema, da Ivan Reitman fino a Robert Zemeckis e Steven Spielberg. Ci siamo voluti rifare a quello che ci ha sempre divertito e stimolato vedere sullo schermo".

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Come sono stati realizzati gli effetti speciali?

Gli effetti speciali del film sono il più possibile analogici e non digitali. Sono stati tutti curati da Metafix, che è la società di postproduzione specializzata di Luca Saviotti, che ha abbracciato il progetto in tutto e per tutto. Come ci racconta Santa De Santis: "Non solo perché non avevamo il budget ma perché volevamo rifarci alla tradizione dello Squalo: più non lo vedi ma lo percepisci e più fa paura. La regia ci ha aiutato in questo, facendoci trovare delle soluzioni creative. Come ad esempio le possessioni, tradotte con una folata di vento che sconvolge gli abiti, i capelli e l'ambiente circostante, permettendo il piano sequenza".

Rip Sequenza
RIP: una sequenza

Le fa eco Alessandro D'Ambrosi: "Quando devi raccontare qualcosa di così surreale e soprannaturale, una soluzione è trasferirlo visivamente in qualcosa di molto materico, fisico, come accadeva in film come _Ghostbusters. Volevamo annullare la patina del favolone digitale di spettri. Anche perché RIP ha lo stile e il genere, ma parla di rapporti". Continua la regista: "Uno spettro viene dai giorni nostri, uno dagli anni '70, le altre due dal '400 e dall'800, eppure hanno tutti la stessa problematica. Sono esclusi, emarginati. A tutti loro manca una conclusione e quindi manca un significato"_.

L'arte che rimane per sempre, anche dopo la morte

Rip Scena
Il protagonista di RIP

Un'altra frase ad effetto della pellicola è: "Gli artisti sono gli unici a potersi sentire immortali, perché quello che realizzano rimane anche dopo di loro". Vale anche per il cinema? Ci dice D'Ambrosi: "Per noi la ricetta dell'immortalità nel fare questo lavoro è riuscire a vivere più vite contemporaneamente. Abbiamo messo nel nostro primo lungometraggio un'esigenza bulimica, una fame di altre vite e di altre esistenze attraverso più linee narrative, più contesti, più epoche. Un caos corale pieno di colori. Come attori siamo stati tanti personaggi, ed essere stati dall'altra parte ci ha aiutato molto a dirigere la nostra 'compagnia'. Gli abbiamo fatto quasi una lezione di drammaturgia per spiegargli a fondo il progetto".

Il finale del film

Hanno creato talmente una famiglia sul set che si vedono tuttora in gruppo la sera a cena. Non vedevano tutti l'ora che uscisse in sala e a questo proposito i registi chiudono la spassosissima chiacchierata con un aneddoto: "Nel piano di riprese abbiamo fatto in modo di tenere la scena finale - in cui tutti si ritrovano e salutano - per l'ultimo giorno di lavorazione. Non era previsto piangessero tutti ma non riuscivamo a smettere, eravamo in pieno breakdown emotivo".

Rip Foto
Un'immagine evocativa

Chiudono, neanche a farlo apposta, con una citazione: "Ci siamo sentiti come Chunk dei Goonies 'che aveva rovesciato una poltiglia che sembrava vero vomito, e allora tutti nella galleria del cinema avevano iniziato a vomitare l'uno sull'altro e non si era mai sentito così cattivo'. Abbiamo ancora l'audio di Nina Pons che piange per 5 minuti di fila". Una partecipazione emotiva che si percepisce dalla bontà della pellicola, che speriamo segni un'ulteriore nuova via di fare cinema nel nostro Paese, giocando e sperimentando coi generi e le idee. E che esorcizzi la nostra paura della morte... e soprattutto della vita.