Recensione Chef (2012)

Il film di Cohen non presenta pretese da commedia raffinata o ambizioni particolari, limitandosi a intrattenere con leggerezza e mestiere e affidandosi alla chimica tra i suoi due, simpatici, interpreti.

Ridere di gusto

Jacky Bonnot ha 32 anni, e una passione che è anche un sogno: la cucina, attraverso la quale spera un giorno di avere successo, diventare un grande chef e aprire un suo ristorante. A Jacky non manca il talento, ma i suoi lavori nelle brasserie in città durano poco: le sue raffinatezze e la sua intransigenza gastronomica mal si adattano con le necessità di locali che offrono pasti veloci ed economici, con una clientela per la quale il cibo è solo una parentesi di mezz'ora in una giornata vissuta a ritmi vorticosi, tra i tanti impegni quotidiani. Dopo l'ennesimo licenziamento, così, Jacky è costretto ad andare a lavorare come imbianchino in un ospedale; ma, proprio durante questo lavoro, incontra per caso Alexandre Lagarde, chef di fama internazionale e pluripremiato, che gli offre di collaborare con lui nella sua catena di ristoranti. Tale catena, tuttavia, è minacciata dal gruppo proprietario, incarnato dall'avido amministratore delegato che già medita di liberarsi di Lagarde per dare spazio a una cucina più industriale... la sopravvivenza dell'arte del grande chef, e della sua idea di cucina, si troverà così, inaspettatamente, nelle mani di Jacky.


Il filone culinario, nel cinema, ha una lunga e proficua tradizione. Il piacere sensoriale (gustativo, olfattivo) del cibo, d'altronde, da sempre si completa con gli stimoli visivi, terreno d'elezione prediletto della Settima Arte: sono stati tanti, nel corso dei decenni, i film che hanno avuto il cibo, ma anche l'atto stesso del suo consumo, come tema principale: dalla feroce satira de La grande abbuffata di Marco Ferreri al dramma danese Il pranzo di Babette, dal sentimentale Chocolat agli asiatici Mangiare bere uomo donna e The God of Cookery. La pellicola diretta da Daniel Cohen, quindi, si va a inserire su un terreno già fertile, nonostante il regista abbia dichiarato di aver girato il film per coprire un vuoto trentennale (riferito probabilmente alla sola cinematografia francese) di commedie dedicate all'argomento. Chef è in effetti una commedia pura, dall'anima mainstream, pensata appositamente per il grande pubblico: la stessa scelta degli interpreti è in questo senso esplicita (e vincente) con un Jean Reno sempre carismatico, che qui si cala con mestiere e simpatia nel ruolo di un gigante della cucina, e un Michael Youn (volto televisivo e cinematografico molto noto in Francia) che conferma il suo ottimo talento comico. E' proprio la riuscita chimica tra i due interpreti uno dei pregi principali del film, con il volto da cartoon dell'attore più giovane che trova il suo contraltare nel fare burbero ma umano di Reno.

Il film di Cohen non presenta comunque pretese da commedia raffinata o ambizioni particolari, limitandosi a intrattenere con leggerezza e mestiere. Molto spazio viene dato ovviamente alla sfarzosa rappresentazione delle portate, con i contrasti tra la cucina industriale e quella d'autore (incarnata dal personaggio di Reno) e tra quella cosiddetta "molecolare" e quella artigianale, con l'inventiva del protagonista a fungere brillantemente da sintesi. Riferimenti per intenditori a parte, comunque, il film si caratterizza per una struttura semplice e una narrazione a tappe quasi obbligate: dall'irresponsabilità e la propensione ai sogni del protagonista, che gli procura l'allontanamento dalla compagna, alla successiva riconciliazione grazie alla tenacia e ai risultati da essa portati; passando per il motivo del maestro in crisi che cede il testimone all'allievo e ritrova così una sua dimensione esistenziale, recuperando la vicinanza con la figlia trascurata e trovando persino un nuovo amore. Formule già elaborate e sperimentate, quindi, riproposte qui con garbo e scorrevolezza ma anche senza guizzi particolari; se gli sviluppi della trama sono ampiamente e giustamente prevedibili, il divertimento viene innanzitutto dalla riuscita interazione tra i due protagonisti, a cui la sceneggiatura lascia intelligentemente molto spazio. Il ritmo c'è, dunque, l'intrattenimento comico (anche se di un tipo in fondo "usa e getta") anche: di questo Chef resta quindi un piacevole retrogusto di simpatia, magari destinato a svanire presto ma ben accetto per il breve tempo della sua durata.

Movieplayer.it

3.0/5