In mezzo al mare
"Non avevo mai pensato che qualcuno potesse lasciarmi". Lila, una bellissima ragazzina cubana dai lunghi capelli ricci inizia a raccontare così la storia della sua vita. Del grande affetto che la legava al fratello gemello Elio e a come quella relazione così esclusiva sia stata incrinata dall'arrivo di Raùl. Strafottente, bello, muscoloso, figlio di una prostituta malata di AIDS, Raùl è un compagno di lavoro di Elio che per l'amico prova un sentimento ben più forte. Così, quando l'amore della sua vita gli racconta di voler lasciare Cuba per andare a Miami dal padre, Elio non può fare altro che assecondarlo. Ruba la legna per costruire una zattera, qualche camera d'aria e dei medicinali che serviranno una volta arrivati negli Stati Uniti per raggranellare qualche soldo. Non ha fatto i conti però con la sorella, terrorizzata dall'idea di poter rimanere da sola con un padre violento e una madre piegata da anni di delusioni. Lila, che amiche non ne ha, anzi è costantemente presa in giro per i suoi atteggiamenti da maschiaccio, decide di unirsi al duo, attirando l'attenzione di Raùl, immediatamente invaghitosi di quella bellezza selvaggia. I tre partono alla volta di Miami, ma quello che trovano non è ciò che si attendevano.
Dagli studi di filosofia e politica a Oxford alla macchina da presa, il passo è stato relativamente breve per Lucy Mulloy, londinese, classe 1979, che presenta in concorso al Torino Film Festival il suo lungometraggio d'esordio, Una noche. Il film possiede i difetti di un'opera prima, ad esempio una 'gestione' non proprio perfetta dei tempi narrativi, ma ha anche tante qualità, in primis quella di evitare in maniera encomiabile ogni tipo di esotismo.Ispirato ad un fatto di cronaca, Una noche si sviluppa attorno ad un'istanza molto semplice, l'esigenza di tre giovani come tanti di essere sé stessi fino in fondo. Separazione, identità sessuale, adolescenza, sono temi talmente forti da impregnare ogni singola sequenza della pellicola, che non è affatto il racconto di un viaggio speranzoso, ma l'analisi, a volte impietosa, di come certi modi di pensare possano influire sulla vita di un ragazzo o una ragazza.
L'inquieto Raùl (Daniel Arrechaga) vaga per la città sicuro di volersene andare e di poter sedurre ogni donna con lo sguardo; Lila (Analilìn de la Rùa) ed Elio (Javier Núñez Florián) lo amano entrambi, l'una con collera, l'altro con disperazione. E allora l'unico elemento vitale sembra avere radici proprio in quella rabbia che rappresenta la vera energia per andare avanti e fare il grande salto. La Mulloy entra nelle pieghe più nascoste di l'Havana, in quei postriboli dove vecchie lucciole si vendono a ricchi turisti compiacenti, nelle case della povera gente, nelle cucine dei grandi alberghi affollati da danarosi vacanzieri, e non chiude gli occhi su niente, anche sugli aspetti più disturbanti. Il film è efficace quando descrive gli scenari urbani e quella violenza strisciante, sotterranea che viene esercitata da tutti coloro che detengono il potere, siano essi poliziotti o capifamiglia; quando tratteggia la disperazione di chi si prostituisce, la malattia che fa ovviamente proliferare ogni tipo di traffico illecito, la povertà opposta alla ricchezza e alla fatuità del grande miraggio occidentale. In tal senso l'autrice non ha l'atteggiamento di chi ficca il naso con sadica curiosità nelle faccende degli altri.
A dispetto di tutto questo, però, non sempre l'interesse per i personaggi è mantenuto alto, anzi sembrano appiattiti rispetto ad uno scenario che, al contrario, è ritratto in maniera vivida e non oleografica. Le immagini relative al percorso emotivo dei tre protagonisti, raccontato dalla voce off di Lea, non hanno la stessa incisività che si ravvisa nelle bellissime parole pronunciate dalla ragazza, se non in pochi momenti precisi, come l'intenso finale, quando 'l'approdo' diventa una beffa feroce.
Movieplayer.it
3.0/5