L'insostenibile leggerezza dell'essere madre
Pauline torna nella sua Torino dopo essere stata all'estero per tanti anni, e forse è pronta a riprendere contatto con la sua vita precedente. La sua casa è ancora lì, piena di ricordi dolorosi e di oggetti che rievocano momenti difficili mai veramente superati. A spingerla a tornare è un'indagine sulle esperienze e le sofferenze delle mamme di oggi, donne che hanno bisogno d'aiuto, donne a volte depresse e inghiottite dalla solitudine, che non riescono ad affrontare l'esperienza della nascita con la giusta serenità. La sua vecchia mica Angela, che a Torino dirige un centro di assistenza per la maternità, la mette in contatto con le donne che frequentano il suo gruppo e in particolare con Emma, una giovane ballerina che a causa del bambino ha dovuto lasciare la compagnia di danza in cui lavorava e che è entrata in una crisi depressiva pericolosa e autodistruttiva. Soffocata dalle responsabilità cui la maternità la costringe e afflitta da una solitudine dilaniante, Emma trova nello sguardo e nelle parole di Pauline la complicità e la forza di accettarsi nella sua nuova identità di mamma mentre Pauline avrà l'occasione di pareggiare i conti con il suo tragico passato di figlia e di madre.
Il quarto film di Alina Marazzi, il suo primo passo verso l'esordio nella finzione dopo la lunga esperienza nel documentario, gira tutt'intorno al tema della depressione post parto e del conflittuale rapporto che una madre può avere con il proprio piccolo. Un tema complicato, difficile e controverso finora solo spettacolarizzato in tv e toccato dal cinema lo scorso anno in Maternity Blues di Cattani e Quando la notte, della Comencini che la Marazzi sceglie di affrontare in un modo sicuramente coraggioso, stilisticamente anomalo e su diversi livelli narrativi. Arriverà in sala nei prossimi mesi distribuito da Bim Tutto parla di te, un ibrido tra fiction, documentario e reportage giornalistico tutto al femminile incentrato sulle difficoltà pratiche, fisiche e soprattutto psicologiche nell'accettazione della maternità. Una regia, quella della Marazzi, inevitabilmente frammentaria e che soffre di un'atavica ricerca di personalità mettendo in mostra tutte le incertezze di un autore che si avvicina ad una nuova frontiera della narrazione senza avere le idee chiare su come integrarla al suo bagaglio di esperienze pregresse nel lavoro di montaggio di video e immagini. Tutto parla di te emoziona e intenerisce ma non riesce ad andare oltre, ad affrontare l'argomento in maniera esaustiva ed originale forse proprio a causa delle interferenze della fiction, del tutto superflua dal punto di vista drammaturgico ad eccezion fatta per brevi intarsi di animazione in stop-motion e per i momenti in cui entrano in gioco nella narrazione geniali e poetiche sovrapposizioni pittoriche e fotografiche ad accompagnare i ricordi della protagonista. Un'opera che pecca di disomogeneità tra la parte di finzione, troppo didascalica e statica, e quella documentaristica che indaga, attraverso gallerie di foto private che bene omaggiano l'iconografia classica della madre col bambino e l'intervista senza filtri. Volti, sentimenti e sfoghi duri come macigni di mamme in lotta con loro stesse arrivano sullo schermo in tutta la loro potenza, momenti di cinema verità difficili da sostenere racchiusi nei racconti addolorati di donne in cui il sentimento di paura e di inadeguatezza è prevalso sull'istinto materno causando danni irreparabili. Forse il linguaggio documentaristico puro, in questo caso specifico, avrebbe assolto al meglio il compito di affrontare la problematica senza artifici né mistificazioni, soprattutto alla luce del fatto che la Marazzi ha inserito nel film anche immagini private tratte dal suo album di famiglia e dai filmini della sua infanzia. Tutta la tensione emotiva di questa esperienza arriva così allo spettatore forse un po' troppo edulcorata, ma non possiamo negare a Tutto parla di te e alla sua autrice il merito di aver scoperchiato, seppur con poca lucidità, un tabù che i tanti retaggi culturali della nostra società, di stampo prettamente tradizionalista, hanno sempre tentato di insabbiare: la maternità non è solo sinonimo di gioia e felicità ma anche di disorientamento, paura e, in qualche caso, di tragedia.
Movieplayer.it
3.0/5