Le vite (svelate) degli altri
Li Qiuming, giovane apprendista di una compagnia di mappature digitali, ha appena fatto un incontro destinato a cambiargli la vita. Durante il suo lavoro di rilevazione della topografia urbana, infatti, il giovane ha notato una ragazza, molto attraente, che è scomparsa in una stradina non ancora mappata. Incuriosito, Qiuming cerca di fotografare e registrare i dati della via, ma presto si accorge che questa non è inserita nell'archivio delle strade cittadine. Il giorno dopo, durante un acquazzone, il giovane vede di nuovo la misteriosa ragazza, e le offre un passaggio. Questa dimentica accidentalmente sulla sua automobile un astuccio, in cui è contenuto un suo documento e due pen drive USB. Il mistero legato alla via "fantasma", in cui dovrebbe trovarsi il posto di lavoro della ragazza, si infittisce sempre più, mentre i due giovani iniziano una frequentazione che si rivelerà presto più pericolosa del previsto.
Vivian Qu, giovane produttrice indipendente cinese, confeziona con questo Trap Street il suo esordio dietro la macchina da presa. Nel gergo della cartografia, una "trap street" è una via che, sulle mappe cittadine, viene segnalata ma non esiste nella realtà, una sorta di trabocchetto per scovare i potenziali pirati; qui, l'espressione assume invece il significato diametralmente opposto, ovvero quello di una via che esiste ma non viene rilevata dai sistemi satellitari, né segnalata sulle carte topografiche. Da questo spunto, la regista trae un film che dapprincipio sembra voler raccontare l'incontro tra due giovani in un contesto urbano in rapido mutamento, ma lentamente si trasforma in un film politico, che mette sotto accusa (in modo suggerito, ma chiaro) i metodi di censura di un regime che nasconde le sue restrizioni in modi sempre più raffinati. Ci mette un po' a carburare, il film della Qu, con una primissima parte che non sembra voler scoprire le carte, in bilico tra la love story e lo scarno bozzetto sociale. Quando il rapporto tra i due protagonisti si delinea, il film sembra voler decisamente imboccare la strada della love story urbana, per poi effettuare una brusca virata nell'ultima mezz'ora, quando le conseguenze del rapporto tra Qiuming e la giovane Lifen si delineano con chiarezza. Con pochi ma efficaci dialoghi, una fotografia digitale perfettamente adeguata a cogliere gli umori cittadini, e due ottimi protagonisti (Lu Yulai, già visto in Peacock, e l'obliqua He Wenchao) Vivian Qu fa una perfetta fotografia di una metropoli cinese contemporanea (nella realtà si tratta di Nanchino, anche se non ci viene mai detto) in bilico tra tradizione e modernità; con quartieri che presentano una facciata antica, vecchi palazzi abbandonati all'incuria, e stradine immerse nell'oscurità, che sembrano disinteressarsi del passare dei decenni, e della vorticosa trasformazione che ha coinvolto ormai gran parte dei centri urbani della Cina. Su questo sfondo, il film mette in scena una vicenda che ha come motore (nascosto) l'azione di un regime anch'esso preda delle sue contraddizioni, che fa convivere le aperture a modelli di vita occidentali con un'anacronistica tendenza al controllo e alla sorveglianza di ogni aspetto della vita dei cittadini. Lo spunto derivato dal lavoro del protagonista offre l'occasione per rappresentare un tessuto urbano costantemente mappato da una miriade di occhi elettronici, sotto la sorveglianza di un "grande fratello" tanto più raffinato nei metodi, quanto più insensato nella sostanza. Con stile scarno ma rigoroso, contrassegnato, dopo un avvio in sordina, da un incedere sicuro e da una narrazione che riserva varie sorprese, Trap Street coinvolge e provoca più di una riflessione; con in più una ricognizione, non banale, sui confini tra realtà e finzione, tra autenticità e costruzione sociale, che coinvolge la stessa interazione tra i due protagonisti. I quali, da par loro, mostrano un'invidiabile (e a tratti toccante) alchimia, nonostante il carattere problematico del loro rapporto.Movieplayer.it
3.0/5