Recensione One Life (2011)

Espandendo il progetto della serie intitolata 'Life', la BBC Earth insieme a network francesi, tedeschi e italiani è riuscita a produrre e a realizzare questo kolossal della documentaristica che giunge nelle sale dopo ben quattro anni di lavorazione.

Le meraviglie di una vita

Già dal titolo si capisce l'indirizzo che vuole prendere il film: trasportare il pubblico nella natura selvaggia e fargli capire l'importanza e l'unicità della vita. Quella animale, in primis, per rispettare di più l'ambiente che ci circonda e, infine, noi stessi.
One Life è costruito come un film ad episodi che ci porta in giro per il mondo, toccando tutti i continenti, da zone molto conosciute ad altre remote e inospitali. Ogni episodio ha i suoi personaggi protagonisti che, in questo caso, sono animali. I nuclei tematici intorno a cui ruota l'opera sono principalmente due: l'istinto protettivo di alcune specie nei confronti delle nuove generazioni appena venute al mondo, e la forza con cui alcuni animali si ingegnano per sopravvivere, sia per mangiare che per difendersi dalle specie predatrici.


Naturale l'impressione di una antropizzazione degli animali messi sotto la lente di ingrandimento (per certe specie, è proprio il caso di dirlo) delle macchine da presa della BBC: infatti, seppure le intenzioni dei registi fosse quella di far passare il messaggio in maniera velata, è evidente che i casi costruiti e seguiti dai documentaristi riprendano da vicino modelli di comportamento e di agire che non possono ricordare allo spettatore il modo di fare umano. Così in uno dei segmenti più drammatici vediamo un polpo che si occupa delle sue uova per molte settimane, sorvegliandole e curandole senza lasciarle nemmeno per un attimo, rinunciando anche a mangiare; mentre le rinfresca ciclicamente, soffiando loro acqua fredda, si spegne lentamente finché non vediamo che muore proprio quando le uova cominciano a schiudersi. In un altro assistiamo invece all'apprendistato delle scimmie cappuccine (che può durare anche otto anni) per imparare a rompere le noci di palma. Queste scimmie hanno infatti scoperto che usato una roccia come incudine e un'altra come martello, possono rompere senza troppe difficoltà le altrimenti immangiabili noci, fondamentali per avere un pasto sicuro e a portata di mano: la sequenza è anche leggermente enfatizzata dalla citazione all'incipit di 2001: Odissea nello Spazio. È vero, d'altra parte, che si mostrano anche uccisioni, combattimenti feroci, e lo sguardo è (per fortuna) sempre ad altezza animale, cercando una spiegazione nella logica della specie e della sopravvivenza, non sotto un erroneo punto di vista umano.

La narrazione è costruita dalla voce calda e profonda Mario Biondi, in luogo dell'originale Daniel Craig e sono affidate a lui le introduzioni alle varie vicende e le descrizioni degli avvenimenti. Il progetto è stato coordinato da due registi veterani del documentario naturalista, Michael Gunton (decano della BBC e attualmente Direttore Creativo del Gruppo di Storia Naturale della rete) e Martha Holmes (che ha girato moltissimo nelle zone polari): One Life deve l'efficace impatto visivo all'abilità degli operatori, che muovono macchine HD Macro, ad altissima velocità e ad altissima definizione, e ad alcune tecniche studiate appositamente per l'impresa; come ad esempio: un nuovo sistema di carrellata "yogi cam" per riprendere da vicino gli elefanti, le riprese aeree giro-stabilizzate, la tecnica super-rallentata per riprendere i pesci vela che "volano" o la lucertola Gesù Cristo che cammina sulle acque.
Eccezion fatta per alcune sequenze, particolari di per sé, visto che sono considerate dalla produzione dei veri e propri "primati" e da intendere, quindi, come delle chicche per biologi, un film come One Life è di sicuro interesse per gli appassionati e per le famiglie che vogliano mostrare ai loro bambini qualcosa di genuinamente educativo. È altrettanto certo che non potrà sorprendere più di tanto chi è cresciuto a pane e Super Quark, visto che al di là di tutti i dati oggettivi che si possono produrre, rimane pur sempre un documentario naturalista televisivo. Niente di più e niente di meno, comunque troppo poco per essere considerato cinema.