Sono lontani i tempi in cui la gigantesca fabbrica Fiat di Mirafiori, quello che fu il più grande stabilimento industriale d'Italia, ospitava le lotte operaie degli anni Settanta e racchiudeva i sogni di riscatto di migliaia di famiglie italiane. Oggi il quartiere è completamente cambiato: c'è un centro anziani, un centro sociale, un parroco e una chiesa e anche qualche orto cittadino sparso qui e là. Manca un luogo in cui i bambini possano divertirsi ma in compenso c'è un enorme campo da golf che sta per prendere il posto di una vecchia fabbrica abbandonata.
Carlo, Franco e Delfino, che in quel gigantesco capannone di cemento hanno speso buona parte della loro vita, non sono disposti a uscire di scena in questo modo e a far posto ad una riqualificazione che spazzerebbe via il loro passato. Dopo aver visto distruggere il loro orto abusivo da una ruspa i tre decidono di fare un ultimo tentativo per ripopolare il quartiere ed impedire l'allontanamento dei figli, tutti precari nei sentimenti come nel lavoro, e dei nipotini, bambini che non hanno un luogo in cui giocare e godersi la loro età. Armati di tante buone intenzioni i tre pensionati decidono di forzare i cancelli e di occupare la fabbrica come si faceva un tempo, con l'intento di costruire un parco giochi.
Ricostruzioni
Co-sceneggiato e prodotto da Mimmo Calopresti (che nel film si riserva anche un piccolo cammeo), Mirafiori Lunapark è il film d'esordio alla regia di Stefano Di Polito, sceneggiatore, autore televisivo e teatrale e regista torinese nato e cresciuto a nel quartiere di Mirafiori che in questo film ha racchiuso l'esigenza impellente di rievocare un passato glorioso e vivo dell'Italia che fu, di raccogliere e conservare gelosamente il ricordo di un'epoca che sta lentamente scomparendo dai nostri ricordi di pari passo con l'attenzione dei media e della politica nei confronti delle lotte di classe di tutti quegli operai che si ritrovano, oggi, senza lavoro e senza salario ma soprattutto senza nessuno che ascolti la loro voce.
Figlio di operai della Fiat, Di Polito ci racconta una favola malinconica che ha molto di autobiografico (i tre protagonisti portano persino il nome di suo padre e dei suoi due amici) e che ruota attorno a un rudimentale lunapark capace di riempire giocosamente un enorme spazio vuoto e, allo stesso tempo, un grande vuoto emotivo. Perché prima di annientare per sempre le tracce tangibili del passato dalla nostra memoria e dalle nostre città abbiamo bisogno, oggi come mai, di una qualche certezza per il futuro e di celebrare il coraggio e la forza d'animo di tutti quei 'vecchi' operai di una volta che si sono battuti per lasciarci un paese più giusto e garantirci una stabilità per il futuro.
Buone intenzioni, poco mordente
Dispiace e molto di non poter apprezzare la messa in scena di questa opera prima di un giovane autore italiano allo stesso modo in cui si è apprezzato l'argomento e l'urgenza di raccontare su cui essa è costruita. La colpa è tutta di una narrazione che, anziché alleggerire puntare su una chiave favolistica per alleggerire le serissime tematiche centrali, contribuisce ad affossarle realizzando quasi un film per bambini, surreale ed elementare che sfrutta poco e malissimo le potenzialità dei personaggi con una caratterizzazione drammaturgica sciatta che fa il paio con una costruzione dell'inquadratura e delle scene drammaticamente basica tipica delle produzioni televisive. A dare il colpo di grazia l'uso della voce fuori campo e un finale che ammicca alla lacrima facile e al buonismo a tutti i costi senza preoccuparsi di lasciare allo spettatore qualcosa di veramente forte ed emotivamente durevole. Peccato, perché di buone idee sparpagliate qui e là ce n'erano e di attori bravi anche, ma il cinema e lo spettatore cinematografico ha bisogno di qualcosa in più.
Conclusione
Nonostante le buone intenzioni del suo autore, che invita a raccogliere l'eredità immateriale della fabbrica, vista come luogo di aggregazione, di lotte e di diritti conquistati, Mirafiori Lunapark soccombe purtroppo alla pochezza visiva, linguistica e drammaturgica della sua messa in scena perdendo via via di efficacia e di mordente narrativo.
Movieplayer.it
2.0/5