Il testimone attonito
E' un atto di enorme coraggio, la realizzazione di un film come questo. Un atto cui è doveroso dare la massima risonanza, perché, anche se non è nelle nostre possibilità fare sì che le cose cambino, è vergognoso e colpevole rimanere all'oscuro di quanto accade in una delle culle della civiltà e della cultura di questo pianeta in disfacimento.
Mohammad Rasoulof realizza - in clandestinità - con Manuscripts Don't Burn (il titolo proviene da Bulgakov) un film che firma da solo, per non esporre i suoi collaboratori al rischio delle carcere o della morte. Le condizioni proibitive in cui la pellicola è stata girata sono evidenti, ma questo contribuisce soltanto ad amplificarne l'importanza.
Tornando ad affrontare il problema della censura in Iran, Mohammad Rasoulof, già nella selezione di Un certain regard a Cannes nel 2011 con l'angosciante Bé Omid é Didar, dedicato ai vani sforzi di una giovane avvocatessa di Teheran per lasciare il paese, si ispira a fatti realmente accaduti. Così veniamo introdotti gradualmente alla vicenda di un gruppo di scrittori scampati a un massacro ordinato dal regime, a cui viene impedito di scriverne.

Rasoulof non fa sconti allo spettatore, il suo racconto è dettagliato e non cerca l'effetto stilistico, se non nella struttura articolata e interessante: il resto è nuda e agghiacciante cronaca. Non è una visione semplice, Manuscripts Don't Burn, ma è una visione necessaria. Una volta portati a conoscenza delle condizioni di vita e lavoro degli intellettuali e dei creativi sottoposti alla censura del regime in Iran, non possiamo più chiudere gli occhi.
Movieplayer.it
4.0/5