Jean-Pierre Jeunet non è propriamente un regista prolifico, non meno di tre anni tra un film e un altro: è uno metodico, un uomo di cinema appassionato che cura maniacalmente tutti i dettagli del processo, dalla sceneggiatura che scrive sempre lui personalmente, agli storyboard che disegna sempre in prima persona. E ne disegna tantissimi, per dare sfogo a tutta la sua fantasia e immaginazione che si trasforma in quei curiosi e meravigliosi oggetti che sono i suoi film.
Senza il timore di trasformarsi nell'eco di se stesso, Jeunet ripropone ogni volta la sua estetica fortemente caratterizzata così come la sua filosofia del "Mi piace, non mi piace" che caratterizza tutti i suoi personaggi e che ha trovato la sua sublimazione in Amélie Poulan che l'ha trasmessa al mondo intero. T.S. Spivet è talmente simile ad Amélie che potrebbe essere tranquillamente il suo fratello minore. Due sognatori ad occhi aperti, come Jeunet del resto, che ha cominciato con l'animazione e nei suoi lavori non mai del tutto scomparsa l'estetica da cartoon che così bene si sposa con il suo immaginario che trabocca di fantasia e immaginazione.
Il piccolo genio
T.S. Spivet vive in un isolato ranch del Montana con la mamma che studia gli insetti (Helena Bonham Carter), il papà (Callum Keith Rennie)che è rimasto ai tempi dei cowboy, la sorella Gracie che sogna di diventare Miss America e il fratello gemello Layton. T.S. é un piccolo genio di dodici anni, uno scienziato che inventa cose, la sua specialità è lo studio del moto perpetuo: addirittura il prestigioso Smithsonian di Washington lo insignisce del premio scenziato dell'anno, ma lui non può ritirarlo essendo solo un bambino. Ma dopo la morte del fratello a causa di un incidente di cui nessuno vuol parlare, soffocato dal senso di colpa e timoroso che i genitori non gli vogliano più bene, T.S. decide di partire in viaggio attraverso l'America per andare a ritirare il prestigioso premio.
Lo straordinario mondo di Jean-Pierre
Anche questo Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet è un'altrettanto straordinario spettacolo per gli occhi, grazie anche al 3D con il quale finalmente il regista si cimenta, e lo fa a modo suo ovvero mirando all'eccellenza: niente trucchi posticci in post produzione, tutto nativo e l'effetto si vede, sottolineato dai boati di stupore e dagli applausi a ogni scena dei tanti ragazzi delle scuole presenti all'anteprima del Festival di Roma. Il romanzo Le mappe dei miei sogni di Reif Larsen del resto sembrava essere scritto apposta per diventare un film di Jeunet e per riproporre la sua estetica surreale e barocca di un mondo colorato e variopinto tra sogno e realtà, con la consueta carrellata di personaggi strambi come le marionette con cui Jeunet ha cominciato nella sua cucina.
Tra ragazzini geni che studiano le leggi del moto perpetuo, cani che rincorrono le lucciole e rosicchiano il metallo quando sono depressi, mamme sciroccate che collezionano insetti e papà cowboy che amano mettersi il cioccolato tra i piedi, la favola è servita, con il titolo che compare magicamente attraverso uno specchio d'acqua. Immancabile la voce fuori campo che ci racconta 'a chi piace cosa e perché', irresistibili le trovate come la spiegazione scientifica del sorriso falso attraverso l'analisi dei muscoli zigomatici, così come l'inventario del contenuto della valigia di T.S. dove Jeunet pigia dentro tutti i feticci il suo immaginario.
Road movie tra tramonti e lacrime
Forse perché troppo spesso accusato di guardare più alla forma che al contenuto e di non riuscire veramente ad emozionare con i suoi film, questa volta Jeunet tenta di costruire insieme al caleidoscopio delle immagini anche una drammaturgia più forte con la quale coinvolgere emotivamente lo spettatore: il viaggio in treno del piccolo T.S., lo straordinario Kyle Catlett visto nella serie The Following, diventa una sorta di road movie che non è altro che la faticosa elaborazione di un lutto da parte del bambino che tenta di esorcizzare il suo bisogno d'amore, ma serve soprattutto a Jeunet per fotografare alla grande gli sconfinati spazi del Montana canadese, con il risultato che le malinconie del protagonista vengono soffocate dalle patinature dei troppi tramonti rosa. Alla ricerca della lacrima facile Jeunet vira troppo verso il film per famiglie, eccedendo con qualche romanticheria di troppo che non si amalgama completamente con lo stile cartoonesco e bizzarro messo in scena nella prima parte. L'empatia col protagonista non si completa mai dal punto di vista emotivo e le sue riflessioni durante il viaggio restano sospese. "Perche le gocce d'acqua prendono sempre la strada con la resistenza minore al contrario degli esseri umani?". Forse Jeunet ha cercato di complicarsi un po' la vita, l'indagine umana e la credibilità magari non sono il suo forte, ma gli rimane sempre la fantasia e il film è comunque un piacere per gli occhi.
Conclusione
Uno straordinario piccolo protagonista, che potrebbe essere il fratello minore di Amélie, in un film che restituisce tutto l'immaginario e la potenza visiva di Jeunet, capace ancora di stupire con il suo registro surreale e favolistico; nonostante si incarti un po' nel tentativo di commuovere a tutti i costi, il film è divertente nelle sue trovate, ineccepibile dal punto di vista tecnico e rimane uno spettacolo per gli occhi.
Movieplayer.it
3.0/5