Piccolo grande uomo
Nonostante abbia solo 9 anni, Yerken è costretto a vivere da solo in un piccolo villaggio isolato e sperduto tra le montagne: la madre è morta quando era piccolo, il padre è lontano per lavoro e il fratello maggiore è in città a studiare. Ma il ragazzino sembra non scoraggiarsi ed è così che, tra un'attesa e l'altra per il ritorno del fratello e quell'autobus che sembra non arrivare mai, Yerken va a scuola, costruisce e vende mattoni, aiuta i vicini bisognosi e si mette addirittura sulle tracce del ladro che gli ha rubato l'unica capra rimastagli.
Quando finalmente il fratello maggiore fa il suo ritorno, Yurken spera che questa vita fatta di stenti e sofferenze possa finalmente trovare fine, che possa esserci qualcuno in grado di difenderlo e di mettere fine alle ingiustizie di questo mondo che non sembra fermarsi davanti a niente, nemmeno davanti alla sua giovane età. Ma anche il fratello non sembra che pensare a sé stesso, pronto a sfruttare affetto ed ingenuità.
Con Bauyr (Little Brother) il regista e sceneggiatore kazako Serik Aprimov racconta con realismo e distacco la storia di un ragazzino fragile ma non per questo indifeso, consapevole della sua condizione sfortunata senza però autocompatirsi, e pronto ad accettare senza batter ciglio le conseguenze delle sue azioni.
Ma per quanto forte, Yerken è sempre e comunque un bambino, desideroso di una figura paterna e giustamente timoroso di un nuovo abbandono anche da parte del fratello appena ritrovato; nel ruolo del maggiore dei due fratelli c'è Alisher Aprimov, figlio del regista, ma a brillare è soprattutto Almat Galym, misurato e determinato, ed incredibilmente convincente nel ruolo di questo piccolo grande uomo che scopre suo malgrado una delle grandi verità della vita, che i cosiddetti adulti sono in realtà dei "bambini" più disonesti e inaffidabili, spesso incapaci di farsi carico dei propri debiti e delle proprie responsabilità.
Movieplayer.it
3.0/5