Kurt (Simon Merrells) e Eva (Ana Ularu) attraversano un deserto di lande desolate in un futuro non troppo distante dal nostro, cercando di sopravvivere e di raggiungere il confine degli Stati Uniti d'Europa, dove vogliono entrare illegalmente per dare alla luce il bambino che lei porta in grembo ed avere una speranza di vita. Riescono ad oltrepassare il confine attraverso un tunnel sotterraneo, ma vengono catturati e rinchiusi in un centro di detenzione temporanea per immigrati calndestini dove vengono separati.
Nel centro avviene una selezione tra esseri umani giudicati produttivi e quelli che invece rappresenterebbero solo un peso e quindi non sostenibili. In Europa ogni cittadino ha un indice di sostenibilità basato sulla suo stato di salute e sulle sue capacità, e nel centro si preparano i soggetti "potenzialmente sostenibili" come Kurt a raggiungere l'Index Zero e poter essere ammessi come cittadini. Mentre Eva non è sostenibile, perché incinta, e i bambini costano troppo in termini di sostenibilità. Nel nuovo mondo, la libertà non è un bene sostenibile.
Fantascienza italiana? Si può fare!
Un film italiano di fantascienza? Si può, eccome. E per di più anche con un budget decisamente contenuto le cui limitazioni non compromettono però il risultato, grazie ad un cast tecnico ed artistico di grande valore. E soprattutto grazie a una regia capace di supportare l'idea di partenza con una messa in scena impeccabile sotto tutti gli aspetti: i volti dei personaggi, la fotografia desaturata, la musica, il montaggio frenetico e ansiogeno, le scenografie sempre misurate grazie ad una direzione artistica senza sbavature che non concede mai nulla che appaia rimediato o raffazzonato, limite principale dei prodotti low budget specialmente di genere. Il risultato è: credibilità. Dalla prima all'ultima inquadratura si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un prodotto di categoria, e più aspetti la caduta di stile e più il film diventa convincente nel suo prosieguo. Un risultato eccezionale viste anche le vicissitudini produttive che hanno rischiato di far interrompere la lavorazione del film, ed hanno obbligato Lorenzo Sportiello, da buon filmaker della nuova generazione, ad auto-finanziarsi tutta la parte di post-produzione. Evidentemente la crew di cui si è circondato, molti dei quali provenienti come lui dal Centro Sperimentale di Cinematografia, hanno ognuno nel suo settore garantito la stessa voglia e qualità dimostrate dal regista.
Distopia futura o presente distopico?
Ultracitazionista, con riferimenti al genere sci-fiction distopico che vanno da I figli degli uomini a The Road, da District 9 ad Elysium. Tra deserti post-atomici desolati e inospitali, agglomerati urbani di umanità reietta e ghettizzata, fino alla visione di città immunizzate dalla degenerazioni e riservate a gruppi elitari e sostenibili, il film rielabora visioni future e suggestioni di tanta fantascienza recente ma costruendosi una propria identità e soprattutto dignità filmica che lo rende qualcosa di più di un esperimento ben riuscito.
Lo sviluppo del concetto di sostenibilità e le conseguenze della sua estremizzazione rappresentano un ottimo soggetto, un'idea suggestiva ed interessante, una proiezione futura di qualcosa che è già presente, come nelle migliori visioni distopiche che si rispettino: quelle più inquietanti perché percepite come le più realizzabili. L'indice di sostenibilità che determina chi è sostenibile e quindi integrabile, i figli che costano molto in termini di sostenibilità per cui la gravidanza naturale viene considerata illegale. Gli immigrati raccolti in centri di detenzione dove se ne testa e se ne programma la sostenibilità. Temi molto complessi e attuali sui quali il giudizio non è scontato: quello che i protagonisti combattono potrebbe essere in fondo l'unica strada per la sopravvivenza della specie.
Non una rappresentazione distopica del futuro ma una proiezione realistica del nostro presente distopico
Fantascienza umanista
Riferimenti all'attualità, tra economia, futuro dell'Europa e immigrazione. Un approccio intimista per un film di fantascienza umanista, per stessa ammissione del regista, dove la messa in scena e la rappresentazione del futuro sono le più realistiche possibile. Racconto minimale che cerca di evitare le convenzioni rimanendo legato più alle emozioni che alle didascalie. Il film infatti funziona alla perfezione nella prima parte dove i dialoghi sono azzerati e tutto è affidato agli sguardi, ai silenzi e ai corpi dei protagonisti, che si lavano e si dissetano sotto la pioggia fino ad ansimare nella claustrofobica e quasi insostenibile scena del tunnel. La parte centrale nel centro di inserimento é quella riservata alle spiegazioni ed è più altalenante e meno incisiva, nonostante siano ancora una volta sorprendenti i production values messi in scena che non ne intaccano la credibilità; fino ad un epilogo in cui si succedono quelli che potrebbero essere tre finali uno più riuscito dell'altro. Girato in inglese in sette settimane in Bulgaria, se l'ambizione era quella di creare un film indipendente dal profilo internazionale la scommessa è vinta in pieno ed è la dimostrazione che se ci sono voglia, capacità ed idee non c'è genere che non sia realizzabile. E la speranza è che l'abilità e la capacità dimostrata da Sportiello e da tutto il team abbiano la visibilità e il riconoscimento che meritano, per cimentarsi presto in una produzione che gli possa consentire di competere con i grandi.
Conclusione
Un film italiano di fantascienza distopica emozionante e citazionista, realizzato da un giovane filmaker capace di orchestrare perfettamente i production values messi in scena per un risultato sorprendente. Un soggetto affascinante realizzato in maniera impeccabile e soprattutto credibile nonostante le difficoltà produttive, senza le cadute di stile tipiche di tanti prodotti low budget.
Movieplayer.it
3.5/5