Recensione Il paese delle piccole piogge (2012)

Presentato in anteprima al RomaFictionFest, il film tv di Sergio Martino vuole raccontare la realtà del continente africano, con una struttura da thriller adatta comunque a una fruizione da prima serata.

Un viaggio rigenerante

Sposata con Pasquale, un uomo legato a Cosa Nostra, e da poco scoperte le attività criminali del marito, Anna riesce a convincere quest'ultimo a cambiare vita. I due progettano di tagliare i ponti col passato e di trasferirsi in Kenya, dopo che l'uomo avrà convinto i suoi boss a lasciarlo libero. Ma, si sa, da una vita criminale non ci si libera facilmente: così, all'appuntamento convenuto, Pasquale viene ferito a morte dagli esponenti della cosca, interessati anche a un conto a tanti zeri con cui la coppia progettava di andare a vivere. Pasquale, prima di morire, riesce a raggiungere Anna e a consegnarle il biglietto per il Kenya con i documenti falsi, oltre a una chiavetta con le coordinate del deposito bancario. Anna è così costretta a partire per l'Africa da sola, in fuga; in Kenya incontra Bodo, ragazzino africano che vive in una missione di religiosi, che si occupano di prestare assistenza alle popolazioni locali. Il ragazzino riesce a far breccia nella diffidenza di Anna, in preda alla costante paura di essere riconosciuta: la donna viene introdotta nella comunità di missionari, dove conosce anche Luca, un medico con cui presto nasce un'attrazione reciproca. Anna, affascinata dall'Africa più autentica, lontana dalle comodità dei villaggi turistici, e desiderosa di dare un senso alla sua permanenza nel continente, decide di unirsi alla missione e di andare a vivere con i suoi membri, nel cuore della savana. Ma i nemici di suo marito sono già sulle sue tracce, e su quelle del lucroso segreto che porta con sé: la nuova esistenza di Anna, la sua stessa sopravvivenza insieme a quella dell'intera missione, sono ora fortemente a rischio.

Tra i più importanti esponenti del cinema di genere italiano negli anni '70, Sergio Martino si dedica stabilmente al piccolo schermo da ormai oltre un ventennio. Escludendo gli sporadici e deludenti ritorni al cinema (l'ultimo in ordine di tempo è stato il sequel L'allenatore nel pallone 2) il regista romano sembra ormai essersi domiciliato (abbastanza) agevolmente nei territori della fiction mainstream, alla quale Martino può comunque offrire professionalità e capacità tecnica, qualità figlie di un periodo irripetibile del nostro cinema. Ultima sua regia è questo Il paese delle piccole piogge, film televisivo targato Rai Fiction e presentato in anteprima nell'ultimo RomaFictionFest: melò "esotico" che vuole essere anche thriller e racconto morale, storia di redenzione e di scoperta di un diverso approccio alla vita e ai rapporti umani. La natura da prima serata del prodotto non permette al regista di sviluppare più di tanto la componente thriller, tutta affidata alla prima parte e a volte relegata a semplice pretesto, poco credibile anche in alcuni degli snodi narrativi (le modalità di scoperta del nascondiglio della protagonista, la risoluzione della vicenda). Tutto sembra vertere, più che su ogni altra cosa, sulla rigenerazione interiore del personaggio di Anna, toccato dal suo contatto con l'Africa e con lo stile di vita semplice e umano dei missionari. La parte centrale del film è, in effetti, tutta incentrata sul contrasto tra la realtà artefatta e da cartolina del villaggio turistico, costruzione di un turismo predatorio e irridente alla cultura e alle condizioni di vita locali, e l'autenticità della vita nella missione, il contatto con una natura incontaminata, l'esperienza umana e rigenerante di un'esistenza dura quanto appagante.
In questo schema semplice, ma efficace, c'è spazio per vari momenti di humour, per la sottolineatura della vita comunitaria con le partitelle di calcio, e per i più intimi momenti di confronto tra una protagonista (che ha il volto di Margareth Madè) sempre più catturata dalla vita della missione e gli ospiti di quest'ultima, a partire dal giovane Bodo. C'è spazio, soprattutto, per la storia d'amore con Luca (interpretato da Giorgio Lupano), personaggio tanto indecifrabile all'inizio, apparentemente lontanissimo dalla protagonista e diffidente nei suoi confronti, quanto poi rivelante con lei un'affinità totale, che ha la meglio anche sulla disperata tenacia della vecchia compagna dell'uomo, Victoria. L'intento di promuovere maggiori rispetto e attenzione per una realtà sempre sulla bocca di tutti, ma da pochissimi realmente conosciuta, come quella del continente africano, è evidente e meritorio: il film sceglie di portarlo avanti con una storia ricca di buoni sentimenti (e ciò non è necessariamente un male) che però soffre un po' sul versante della credibilità, nel momento in cui decide comunque di darsi una struttura da thriller. Resta in ogni caso la gradevolezza di un prodotto che intrattiene, con stilemi collaudati e una love story di stampo cinematografico, facile da seguire e capace di generare efficacemente empatia. Che i temi trattati, in questa struttura di genere, siano importanti e tali da indurre (auspicabilmente) lo spettatore alla riflessione, resta una caratteristica aggiuntiva sicuramente gradita.

Movieplayer.it

3.0/5