Presentato con successo fuori concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2012, vede la luce nelle sale Era meglio domani di Hinde Boujemaa, grazie alla volontà e alla tenacia della Cineclub Internazionale Distribuzione di Paolo Minuto, che da qualche anno opera dedicandosi alla distribuzione in Italia e all'estero, con sensibilità e attenzione verso la piccola cinematografia indipendente e grazie alla quale hanno trovato spazio e pubblico nelle sale film come L'orchestra di Piazza Vittorio fino ai recenti The Parade - La sfilata di Srdjan Dragojevic e St@lker di Luca Tornatore.
Il film esce il 12 Giugno con 5-6 copie in anteprima a Roma con l'augurio che si realizzi quello che ogni produttore indipendente si auspica, ovvero poche sale ma per lungo tempo, per fare magari da traino ad una distribuzione più ampia alla ripresa della stagione.
La rivoluzione di Aida
Era meglio domani racconta la Rivoluzione tunisina del 2011 concentrandosi soprattutto sugli anni successivi alla caduta del presidente Ben Ali fino all'elezione del nuovo governo di coalizione, ma lo fa in maniera assolutamente inedita, attraverso gli occhi e le testimonianze di una donna, una delle tante vittime della povertà, della disoccupazione e della frustrazione popolare che hanno alimentato le proteste e portato alla caduta del regime. Aida e la sua storia sono sempre in primo piano, gli eventi politici rimangono sullo sfondo: le sue peregrinazioni da un quartiere povero all'altro alla ricerca di un alloggio, di un lavoro, di un futuro migliore. La rivoluzione per la donna rappresenta una benedizione perché è l'occasione su cui non contava più di cambiare la sua vita, trovare un tetto e riavere i sui figli che ha perso dopo il divorzio.
Battaglia quotidiana
Hinde Boujemaa racconta di aver conosciuto e avvicinato Aida in strada nel gennaio 2011 e di essere rimasta colpita dal distacco della donna rispetto a quello che stava accadendo, dal caos e dai tumulti che la circondavano: la donna è solo un riflesso del caos sociale di cui anche lei è parte attiva e integrante ma è come se non se ne rendesse conto, il suo sfondare le porte di case e uffici che il regime ha murato sembra non avere nulla a che fare con quello che le accade intorno ma ha i contorni di una personale e dolorosa battaglia quotidiana per la vita. La regista ha seguito Aida per un anno e mezzo: quello che ne esce alla fine non è un documentario dal registro classico, con immagini di repertorio, interviste e approfondimenti, ma somiglia piuttosto a una sorta di docu-drama a metà tra la realtà e la finzione di scene e situazioni preparate ma di una autenticità e un impatto emotivo capaci di spiazzare.
Più vero della verità
Quello che colpisce soprattutto è in effetti la particolare forza narrativa che il lavoro reca in sé, pur essendo un'opera che si propone comunque come documentario. Le testimonianze della donna nella loro autenticità e nella loro apparente inconsapevolezza, riflettono molto di più le frustrazioni e la disperazione che hanno alimentato i moti della primavera araba di qualsiasi analisi didascalica sullo sfondo di immagini di repertorio. Le riflessioni di Aida sulla sua condizione tra passato e presente si trasformano per la donna in una sorta di confessione che porta lei stessa ad avere rivelazioni su come é cambiata e ad interrogarsi sul perché di quei cambiamenti, che non sono solo i suoi ma anche quelli del paese. Litiga, piange, i momenti di disperazione si alternano a quelli di speranza, e anche le situazioni indotte e preparate dalla regista come i confronti domestici col figlio, sfociano in momenti di autentica emotività, con la confusione e lo smarrimento di un donna che diventano quelli di un popolo intero.
La confusione e lo smarrimento di una donna diventano quelli di un popolo intero
Aida dixit
Discriminata perché divorziata "Avendo quattro figli non avresti dovuto divorziare", imprigionata ingiustamente da un sistema che "cerca un capro espiatorio, ti manipola la mente per costringerti a confessare", alla elezioni vota per il Forum Democratico per il Lavoro e le Libertà piuttosto che per il partito di Ennahda, perché "ho paura di avere un governo islamico, ho un figlio ritardato, chissà cosa gli farebbero". Disarmante la lucidità e la profondità di analisi di una società nei suoi aspetti e nelle sue contraddizioni, racchiusa nell'inconsapevole schiettezza delle affermazioni di Aida. Piccolo e prezioso, un film atipico e a tratti quasi antropologico, per l'autenticità delle reazioni della donna verso il mondo che la circonda, coinvolge e non lascia indifferenti.
Conclusione
Un documentario atipico dalla cifra stilistica inedita, un docu-drama autentico dove i tumulti e gli eventi di un paese vengono raccontati attraverso le testimonianze e le reazioni di una donna parte integrante ma distaccata dei moti sociali e politici che la circondano e ne determinano le azioni.
Movieplayer.it
3.5/5