Il lungo addio
Quando ci si trova a confronto con il lavoro di un autore come Marco Risi, si deve avere l'obbligo di considerare ogni singola pellicola come parte di un quadro più ampio. In questo senso un film, anche se diverso nella forma e nel linguaggio, in qualche modo va ad offrire un punto di vista nuovo, aggiungendo particolari inaspettati ad un racconto universale. Per questo motivo, da Mery per sempre passando per Il muro di gomma fino a Fortapàsc, s'intravede chiaramente un filo rosso che, nel segno dell'indagine e del ritratto personale, ha definito l'immagine di un italiano combattuto, a volte idealista e spesso sconfitto ma sempre nuovo. Evidente è anche la passione che Risi nutre per l'immagine dell'eroe quotidiano, destinato ad una solitudine intellettuale e ad essere vittima più che vendicatore. Da queste suggestioni, trasformate negli anni in elementi di uno stile riconoscibile, prende vita Cha Cha Cha che, sotto le spoglie di un noir di genere tutto all'italiana, svela ancora una volta la passione per l'analisi sociale e politica del nostro paese. Al centro del racconto scritto a sei mani con l'ormai inseparabile Andrea Purgatori e Jim Carrington c'è la figura dell'investigatore privato Corso, nato da ricordi giovanili a metà strada tra il poliziesco nostrano e le fumose indagini chandleriane. Evidentemente schiacciato da un passato doloroso di cui s'intravedono solo degli scorci, sembra aver preso volontariamente le distanze dal mondo che lo circonda.
In realtà Corso, sostenuto dal suo idealismo di ex poliziotto incapace di piegarsi a qualunque interesse, se non quello della giustizia, non comprende più l'umanità che lo circonda. La corsa al potere, la connivenza dei rappresentati dello Stato con interessi troppo alti e la costante necessità d'insabbiare lo conducono inevitabilmente verso una condizione di emarginato. Ma essere relegato nell'ombra, la dove nessuno sembra accorgersi di lui, è una posizione inaspettatamente comoda per osservare azioni e movimenti sospetti. Così si rende conto di questo vantaggio quando, in seguito all'assassinio del figlio adolescente della sua ex amante Michelle, l'indagine lo porta a mette a nudo i "vizi" pericolosi di una nuova classe industriale e dirigente. Voler condurre il mondo, imprimere a tutti i costi e a qualunque prezzo una nuova direzione ha il suo fascino, ma anche il progetto meglio organizzato è destinato a fermarsi di fronte all'ostinazione di un solo uomo deciso a non mettersi in vendita. Ecco, dunque, le perfette basi narrative per un film di genere che, però, corre il rischio di ricondurre ad un cinema forse troppo nostalgico e datato. Sarà per questo che, nella precisa applicazione dei modelli caratteriali e nelle atmosfere sempre notturne, Risi esagera nella ricostruzione rendendo l'insieme quasi paradossale e prevedibile. Anzi, all'interno di questa struttura sembra non volersi far mancare proprio nulla, prendendo come fonte d'ispirazione anche i polizieschi francesi, inserisce una bionda misteriosa da salvare, la corruzione dilagante, l'eroe puro e contrastato, per finire con una città costantemente notturna e senza pietà. Se a tutto questo, poi, aggiungiamo la partecipazione speciale di Ugo, cane a tre zampe, si ottiene un'estetica fin troppo definita sotto la quale si perde il racconto sociale e la visione senza troppi moralismi della società moderna. Certo, Luca Argentero veste bene i panni di Corso con lo sguardo cupo e malinconico di chi accetta con onore e orgoglio il proprio destino. Anche se, per regalare maggior pathos al film, il regista lo spoglia di ogni indumento esponendolo, nudo sotto la doccia, alle curiosità dello spettatore come all'aggressione dei suoi nemici. Inevitabile, a questo punto, un full frontal, sdoganato da Michael Fassbender e da Steve McQueen come una scelta autoriale. Peccato che, almeno in questo caso, nemmeno le gesta del lottatore nudo Argentero riescano a modernizzare un genere tanto classico da risultare anacronistico.
Movieplayer.it
2.0/5