Recensione C.O.G. (2013)

La condizione umana nelle sue sfumature più dolenti osservata da un punto di vista inconsueto e illuminante, raccontata con lucidità e sprazzi di umorismo nerissimo che lasciano addosso una s(tr)ana sensazione di inquietudine.

Alla scoperta di sé

David studia a Yale ma è stufo della sua vita, della routine e dei suoi problemi familiari. Alla ricerca di nuovi stimoli e di nuove prospettive, ma spinto soprattutto dal bisogno di un reale cambiamento, si ritrova a viaggiare verso l'Oregon per trascorrere quella che sarà l'estate più movimentata della sua vita. Abbandonato dall'amica Jennifer, che aveva promesso di trascorrere i mesi estivi con lui in una fattoria a raccogliere mele, David si ritrova a dover reinventare la sua vita in un'ambiente per lui del tutto sconosciuto e misterioso. Il suo datore di lavoro non è quel che si può definire una persona ottimista e allegra ma nei suoi confronti sembra provare una particolare empatia, i colleghi non mostrano il minimo interessamento alla socializzazione e nonostante sua madre non risponda mai alle sue telefonate, David è deciso ad andare avanti per la sua strada e a cercare per la prima volta nella sua vita di cavarsela da solo. Le sue tragicomiche avventure, tra il surreale e il grottesco, lo porteranno ad affrontare luoghi e situazioni scomode e non proprio semplici da sbrogliare, avventure tragicomiche che lo aiuteranno a capire molto di sé, del suo rapporto con la sessualità e con la spiritualità. Sarà in particolare l'amicizia con Jon, fervente uomo di fede ed ex-veterano di guerra che sogna di svoltare diventando scultore, ad aiutare David a trovare la sua strada ed il suo posto in questo mondo che sa essere insieme meraviglioso e crudele.

Divertente e genuinamente toccante, C.O.G. è il primo adattamento cinematografico autorizzato di una storia scritta da David Sedaris, geniale umorista e scrittore statunitense che nei suoi libri da sempre ama narrare in maniera goliardica e autoironica le avventure della sua vita. Non biopic ma vivido ritratto di un'anima gentile sperduta e senza punti di riferimento, una storia a tratti irriverente e bizzarra narrata con illuminante ironia e raro acume dal trentenne sceneggiatore e regista americano Kyle Patrick Alvarez (al suo secondo film dopo Easier with Practice) che ha girato questo delizioso film low budget in poco più di due settimane. Il punto di forza è senz'altro la prova attoriale di un cast straordinariamente in vena guidato da un adorabile Jonathan Groff, tra i protagonisti di Glee, capace di incarnare con dolcezza i patimenti di un giovane alla scoperta di sè e delle difficoltà della vita moderna, affiancato dall'eccezionale Denis O'Hare, e dai bravissimi Corey Stoll, nei panni del collega molestatore, e di Dean Stockwell nel ruolo del brusco ma benevolo datore di lavoro. La condizione umana nelle sue sfumature più dolenti osservata da un punto di vista inconsueto e illuminante, raccontata con lucidità e sprazzi di umorismo nerissimo che lasciano addosso una s(tr)ana sensazione di inquietudine.

Movieplayer.it

3.0/5