Recensione Bring the Sun Home (2013)

Assenti virtuosismi registici, ciò che emerge con forza è il cuore del progetto educativo e le individualità che vi partecipano per portarlo avanti e per assicurarsi e assicurare un futuro migliore, più 'luminoso' ai paesi in via di sviluppo.

Il sole degli altri

Emancipazione. Ecologia. Energia. Sono queste le parole chiave dell'interessante documentario di Chiara Andrich e Giovanni Pellegrini Bring the Sun Home che porta all'attenzione pubblica un meritevole progetto. In India, nel villaggio di Tilonia, esiste il Barefoot College, ong fondata da Bunker Roy. Col contributo dell'ONU e di Enel Green Power, il college organizza corsi di formazione per donne illetterate insegnando loro ad assemblare e montare impianti solari. Il documentario, saltando dall'India al Sud America, documenta l'esperienza di quattro donne provenienti da Perù ed El Salvador giunte a Tilonia per diventare ingegneri solari e portare i pannelli nei loro villaggi. "Le donne che partecipano al progetto sono nonne, anche se in realtà hanno solo 40 - 45 anni" spiega Chiara Andrich "perché la comunità non permetterebbe a giovani donne di partire lasciando soli marito e figli. Non è una scelta facile. Queste donne non hanno cultura, non sanno l'inglese, non sono mai montate su un aereo né hanno mai lasciato le loro famiglie. Ma in questo modo imparano l'inglese, apprendono un mestiere e portano la luce e l'energia nei loro poverissimi villaggi. Il corso è tenuto in inglese da un indiano analfabeta e il sistema didattico è basato su cantilene e disegni, ma alla fine funziona perfettamente".

Un viaggio alla scoperta di un mondo altro, dove la cooperazione sembra funzionare e creare nuove sinergie. Quello diretto dai due giovani registi veneti è un documentario immediato, focalizzato sull'elemento umano. Il film si apre su una carrellata di volti di donne intimorite, stordite da una realtà e da un'esperienza nuova, ma anche piene di speranza. I due autori rinunciano a orpelli narrativi per limitarsi a mostrare le allieve a lezione, alle prese con il loro curioso insegnante e con la materia tecnica trattata, alternando le immagini didattiche a interviste mirate. Il tutto è fotografato in modo semplice, immediato. Assenti virtuosismi registici, ciò che emerge con forza è il cuore del progetto e le individualità che vi partecipano per portarlo avanti e per assicurarsi e assicurare un futuro migliore, più 'luminoso' (nel vero senso della parola). Su tutti spicca il guru Bunker Roy, padre e ideatore del percorso di formazione portato avanti grazie ad aiuti internazionali, ma soprattutto alla volontà di un gruppo di visionari. Il progetto esiste dagli anni '70. Il primo paese a partecipare è stato l'Afghanistan. Ogni nazione ha le sue regole. In Perù chi vuole installare il kit solare deve pagare una piccola cifra l'anno la quale finisce in una cassa comune che servirà per la manutenzione. Questo per responsabilizzare gli abitanti dei villaggi e far capire loro il valore del cambiamento" commenta Giovanni Pellegrini.
L'ultima parte del documentario è interamente dedicata a mostrare i frutti dell'esperienza vissuta in India. Una volta tornate a casa, le donne vengono mostrate mentre montano con sicurezza i kit solari fornendo l'energia a località sperdute delle Ande. Un finale suggestivo, all'insegna del progresso e speranza concludono i due autori veneti. "Abbiamo fatto tutto da soli, con l'aiuto del nostro fonico indiano che ci faceva da interprete. Non abbiamo trovato grandi difficoltà se non il mal di montagna che, in Perù, ha avuto la meglio su di noi costringendoci a interrompere le riprese per un giorno. Di fronte a una cinepresa la gente non era imbarazzata come accade qui, perché il potere dei media non è ancora noto. Il vero problema è la povertà. I pannelli solari potrebbero aumentare le condizioni di vita creando un'alternativa per i giovani, evitando loro di emigrare nelle megalopoli di Lima. Occorre un progetto, anche culturale, che cambi le cose. Per adesso, grazie a questo viaggio e a questa esperienza umana, siamo noi a essere cambiati".

Movieplayer.it

3.0/5