The Big C
Adam Lerner ha avuto tutto dalla vita. Una bella casa a Seattle, un lavoro in radio che lo gratifica quotidianamente, una fidanzata, Rachel, che sembra avere occhi solo per lui e un amico, Kyle, con cui condividere tutto il resto. Tutto cambia quando il medico, al termine di un controllo, gli comunica una notizia sconvolgente. Adam ha un cancro maligno sulla colonna vertebrale. 'Perché a me? Io faccio la raccolta differenziata!', chiede incredulo al dottore che, lungi dal farsi sedurre dall'ingenuo umorismo del ragazzo, gli spiega nel dettaglio quello che dovrà succedere di lì a poco: chemioterapia e poi, forse, un intervento chirurgico. Comprensibilmente scosse, le persone a lui vicine reagiscono in maniera differente alla rivelazione di Adam: Rachel non trova neanche la forza di abbracciarlo e dopo uno straziante tira e molla lo lascia; la madre inizia a farsi travolgere dall'ansia, mentre Kyle pensa bene di sfruttare l'appeal del 'moribondo' per rimorchiare ragazze. Delle tre strategie di confronto con la malattia, solo quella di Kyle sembra dare i suoi frutti, purtroppo per tutti effimeri. Nonostante la chemio, infatti, il ragazzo peggiora e l'operazione si presenta come inevitabile. Inevitabile fare ricorso anche al supporto psichiatrico di una giovane dottoranda, Katherine, che sbagliando tutto dal punto di vista deontologico, riesce ad azzeccare tutto il resto.
C'è una lunga storia dietro 50 e 50, la nuova fatica cinematografica del newyorchese Jonathan Levine, presentata in concorso al Torino Film Festival 2011. E' la storia di un uomo che nel bel mezzo della sua carriera di successo come produttore associato della serie britannica Da Ali G Show scopre di avere un grosso tumore alla spina dorsale. Quell'uomo è lo sceneggiatore Will Reiser che nel film in questione ha messo in gioco molto di sé, raccontando i dettagli più duri, ma anche gli aspetti divertenti della sua esperienza di malato. In un certo senso la storia di 50 e 50, cifra che si riferisce alla percentuale di sopravvivenza allo Schwannoma, è il racconto di una vittoria ottenuta non contro un mostro, ma semplicemente su di una patologia ancora spaventosa, ma affrontabile.
Come conferma il grande successo della serie televisiva The Big C, in cui C sta appunto per cancro, un tema tragico di questa portata può trasformarsi in occasione per scrivere storie inconsuete e poco lacrimevoli sulla malattia, in cui lo spettatore possa riconoscersi senza subire una lobotomizzazione. In questo senso, 50 e 50 riesce dove Funny People aveva in parte fallito, cioè nel mix coerente di risata e lacrima che nella commedia di Judd Apatow non aveva trovato un giusto bilanciamento. Potendo contare sull'amicizia di Seth Rogen (l'interprete dello scapestrato Kyle, e chi sennò?), Levine e Reiser (che consideriamo in tutto e per tutto il co-autore del film) hanno messo in scena un'opera di sorprendente tenerezza, senza edulcorare o peggio caricare di eccessiva pesantezza la vicenda di Adam. Pur rimanendo nell'ambito della commedia, però, il film riesce a raccontare la terribile avventura del protagonista con grande naturalezza, facendo risplendere i momenti di verità contenuti in una sceneggiatura ben orchestrata. L'andamento della storia, dunque, mantiene un passo regolare cadenzato da alcuni momenti usuali: la scoperta della malattia, che turba le certezze di una vita serena, la lotta per l'accettazione della propria condizione, accolta dal protagonista con una 'calma' incosciente, la paura di morire, la rabbia legata all'impotenza di fronte ad un male del genere, infine la rinascita. Tappe di un tragitto che in sé, cinematograficamente parlando, non avrebbe nulla di nuovo, se si eccettua appunto per il modo diverso di narrarlo. Levine e Reiser riducono al minimo le scene madri e moltiplicano invece i momenti in cui Adam, un misurato Joseph Gordon-Levitt, si confronta con gli altri personaggi: l'amico di sempre, la freddissima ex fidanzata (Bryce Dallas Howard), la madre (Anjelica Huston) e, naturalmente, le altre persone come lui, un'adorabile cricca di accannati composta dagli eccellenti Philip Baker Hall (Magnolia) e Matt Frewer (l'irriconoscibile Max Headroom), a dimostrazione dell'attenzione del regista nella scelta degli interpreti per i ruoli secondari. Con una nota di merito per Anna Kendrick, la psichiatra Katherine, deliziosa e romantica anche circondata dalle flebo.
Movieplayer.it
3.0/5