Si è tenuta al Cineclub Detour di Roma - in contemporanea con il Cinema Beltrade di Milano - una piccola quanto preziosa anteprima del film Qui e là, lungometraggio d'esordio dello spagnolo Antonio Méndez Esparza che, dopo aver vinto nel 2012 il Gran Prix alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, uscirà il prossimo 12 dicembre nelle sale italiane, distribuito da Cineclub Internazionale Distribuzione. Una testimonianza per l'appunto preziosa, soprattutto in tempi di cinepanettoni all'assalto del box office, di un film a basso budget, girato con passione e dedizione. Ambientato in Messico nello Stato di Guerrero, Qui e là racconta la vicenda di Pedro, che torna dagli Stati Uniti per ritrovare la sua famiglia e per provare a seguire il suo sogno, mantenersi da vivere con un gruppo musicale. La povertà del suo paese lo costringerà a fare delle scelte radicali, sempre con la prospettiva di dover tornare negli Stati Uniti, visti più come un luogo dove potersi mantenere che come terra promessa. Dopo la proiezione del film, abbiamo intervistato in collegamento via skype il regista del film.
Come è nato questo il progetto di questo tuo primo lungometraggio da regista?

Quindi nel film hai unito alcuni elementi reali, con altri di finzione?
Sì, è così. Effettivamente Pedro aveva deciso di tornare in Messico per provare a mettere su un gruppo musicale, però ad esempio nella realtà lui non è tornato di nuovo negli Stati Uniti, vive ancora in Messico. Perciò non racconto esattamente la sua vita, ma qualcosa di molto vicino. All'inizio non ero sicurissimo di farcela, avevo qualche dubbio, perché dovevo conoscere bene il posto prima di saperlo raccontare, dovevo prendere confidenza con dei luoghi a me assolutamente sconosciuti. Ma con il tempo ci sono riuscito. E un aspetto che mi ha colpito da subito è stato il calore della vita familiare, l'accoglienza, una cosa che ho provato a riprodurre nel film.
Per quanto tempo hai lavorato al film? Che difficoltà hai incontrato?

La troupe da quante persone era composta?
Durante la pre-produzione ero da solo, poi si è aggiunta la direttrice di produzione e, quindi, proprio al momento delle riprese, eravamo in tredici. Il cast tecnico era in gran parte messicano.
Visto che hai lavorato con attori non-professionisti, come è andata la fase di scrittura? Era tutto scritto oppure necessariamente qualcosa avete improvvisato?
No, avevo scritto tutto. Ma, naturalmente, la sceneggiatura è servita come canovaccio. Avevo scritto la base, lo scheletro delle azioni, ma poi le parole dei protagonisti erano improvvisate. Li ho lasciati liberi di esprimersi nel modo in cui parlano di solito, senza provare a mettergli in bocca delle battute che non sentivano. Di volta in volta ne parlavamo insieme e ci organizzavamo. Così, non solo è stato più facile lavorare con loro, ma è stato anche più realistico. Questo metodo ha dato più naturalezza al film, in particolare ai personaggi delle figlie che nella sceneggiatura erano ancora troppo costruite e, invece, l'incontro con le vere protagoniste mi ha permesso di addentrarmi in un maggior realismo.
Come hanno reagito gli attori quando hanno visto il film?

Lo stato di Guerrero è noto per essere uno dei luoghi più turistici del Messico, a partire dalla città di Acapulco. Tu invece mostri un aspetto diverso di quella regione, povero e popolare, distante anni luce dal turismo.
Sì, è vero, ma la scelta è nata dal fatto che seguivo il mio protagonista, Pedro. In qualunque posto lui fosse andato, io l'avrei seguito. La zona di Guerrero che mostro è quanto di più lontano possa essere dalle attrazioni turistiche, è la zona della montagna. Ed è in generale uno dei luoghi più poveri del Messico.
C'è una scena molto bella e simbolica all'interno del film, è quella in cui gli studenti fanno il giuramento alla bandiera del Messico. Come è nata questa sequenza?
Mentre facevo il casting per cercare il personaggio di Lorena [la figlia maggiore del personaggio di Pedro, n.d.r.] andavo nelle scuole. E tutti i lunedì e tutti i venerdì in Messico c'è questo rito collettivo e consolidato di fare il saluto alla bandiera. È un rituale che ha finito per ossessionarmi, mi tormentava durante questo periodo di lavoro e, dunque, ho deciso di metterlo nel film. Così, quando il personaggio di Pedro è costretto a ripartire, ho voluto mostrare indirettamente la sfiducia della sua figlia maggiore nelle istituzioni. Non c'è nulla di esplicito ovviamente, ma il riferimento è chiarissimo.
Ci puoi raccontare qualcosa a proposito del Festival di Cannes. Che accoglienza ha avuto il film, al di là della vittoria nella sezione della Semaine de la Critique?

Dove è stato venduto il film?
Oltre all'Italia è stato venduto in Spagna, in Olanda, negli Stati uniti, in Canada e, ovviamente, anche in Francia, dove è stato in cartellone per quasi cinque mesi tra una zona e l'altra del paese.