Secondo film italiano in concorso. Dopo il traballante Un giorno perfetto di Ferzan Ozpetek arriva al Lido Pupi Avati per presentare, insieme al cast, il suo ultimo lavoro intitolato Il papà di Giovanna. A guidare gli interpreti il nucleo familiare protagonista della pellicola composto da Silvio Orlando, Francesca Neri e Alba Rohrwacher. Visto che, però, anche in questa occasione il regista bolognese non si smentisce sorprendendo il pubblico con la decisione di affidare ruoli secondari ad attori non prettamente drammatici o di estrazione non cinematografica, ad affiancare il cast più tradizionale vi sono la rediviva Serena Grandi e il padre di tutti i tapiri Ezio Greggio.
Il papà di Giovanna racconta una terribile tragedia familiare vista dagli occhi del capofamiglia, uno straordinario Silvio Orlando che, con questa pellicola, inaugura la sua collaborazione col maestro Avati. Come spiega lo stesso regista "questo è il mio film più doloroso e personale. Se il personaggio interpretato da Silvio Orlando risulta inquietante è perché lo sono io stesso. Come lui sono un padre, ho avuto tre figli e una di essi è una femmina. Fortunatamente non ho mai vissuto un dramma terribile come quello che narro nel film, ma durante l'adolescenza mia figlia ha avuto molti problemi a relazionarsi con gli altri, problemi che io stesso avevo vissuto in gioventù e proprio per questo il mio grande amore per lei mi ha fatto commettere molti errori. L'amore spesso è eccessivo in ogni sua forma, sia quello tra genitori e figli che quello di coppia. Io sono sposato da quarantaquattro anni e sono convinto di aver amato mia moglie molto più di quanto lei abbia amato me. Nel Il papà di Giovanna ho riversato tutto quello che sono e molto di me è confluito nel ruolo interpretato da Silvio".
Il dramma familiare è inserito in un contesto storico ben definito, l'Italia degli anni '30 durante l'ascesa del fascismo. Mentre gli esterni fotografano Bologna e la campagna emiliana nei dintorni di Reggio Emilia, gran parte della storia si svolge in interni, in particolare nella casa di Giovanna ricostruita in studio a Cinecittà. "Oggi lavorare in teatro costa molto di più che fotografare la realtà in esterni preesistenti. Entrano in gioco molteplici professionalità e il lavoro è molto più complesso. Nel mio caso, però, è avvenuto un piccolo miracolo. Sono riuscito a ricostruire in studio l'appartamento in cui sono cresciuto fin nei minimi dettagli. La storia prende il volo e si distacca dalla mia personale biografia, perciò sentivo la necessità di avere un punto di partenza solido che è stato, appunto, l'appartamento della mia infanzia. Spero di girare ancora a Cinecittà perché è un luogo magico in cui respiri veramente il cinema". A settant'anni Avati è ancora curioso di esplorare la realtà dei sentimenti umani. Questi rappresentano il fulcro attorno al quale ruota la sua produzione, la cui molla principale è proprio l'amore. "Anche se ho tanta esperienza alle spalle in alcuni aspetti sono ancora immaturo, in particolare nel campo sentimentale. Invidio molto quei giovani che sono già così sicuri, mentre io continuo a esplorare un ambito di cui non mi sento affatto padrone. Non riesco a essere amico di una donna. So che questo è un mio limite, ma la ragione principale è legata alla mia formazione. Per quelli della mia generazione le donne erano qualcosa di misterioso, siamo cresciuti senza avere contatti con loro. Per questo le ho sempre guardate con una certa diffidenza"Anche se è ambientato nel 1938, l'omicidio narrato ne Il papà di Giovanna non è molto dissimile dai terribili fatti di cronaca nera che si sono consumati in ambito familiare negli ultimi anni. Numerosi sono i punti di contatto con la contemporaneità. "Se l'amore è la forza che muove tutte le cose, va detto però che spesso ci innamoriamo delle persone sbagliate. I sentimenti sono un campo molto delicato. Seguendo alla televisione la cronaca delle tragedie familiari mi sono sempre chiesto che cosa accade quando si spengono i riflettori e si chiudono le porte delle case di Garlasco o Novi Ligure. Come si ricostruiscono i rapporti affettivi dopo un atto di violenza estrema? E soprattutto, è possibile provare ancora affetto per un figlio che ha commesso un delitto atroce? Nel mio film ho simulato una situazione di questo tipo cercando di immaginare le emozioni e i sentimenti che si possono provare. Dopo l'omicidio il legame tra Giovanna e il padre non si spezza, come nel caso di quello materno, ma muta, vi è una involuzione rappresentata materialmente dalla regressione del liguaggio usato tra i due per comunicare. Mentre scrivevo questa storia mi sono commosso, e la stessa cosa mi è capitata durante le riprese perché sentivo un'autenticità di fondo che mi ha spinto ad andare avanti".
Silvio Orlando è alla sua prima collaborazione con Avati, ma già sembra un veterano del suo cinema. L'attore spiega come è riuscito a calarsi nel difficile ruolo del papà di Giovanna. "Il film sembra complesso, eppure è stato semplicissimo interpretarlo perché vi era una sceneggiatura rigorosa, è un film di scrittura. Io da attore sentivo il bisogno di raccontare una storia forte e quando Pupi mi ha chiamato ne sono stato felice. E' un regista attentissimo, non si fa sfuggire niente. Mentre altri sono distratti dall'inquadratura o dai mille problemi del set lui è sempre presente per noi attori. Lavorare con lui era un po' come alzarsi al mattino e andare alla Magneti Marelli. In più il feeling immediato che è scattato con Alba Rohrwacher mi ha aiutato a costruire un rapporto che non ho mai sperimentato personalmente dato che non ho figli". A interpretare la madre bella e distante di Giovanna è, invece, Francesca Neri. "Il ruolo di una madre terribile come la mia mi ha fatto soffrire moltissimo, ma Pupi mi ha aiutato a capire che non si può giudicare un dramma familiare di questa portata dall'esterno. Nonostante l'amore che prova per il figlio, un genitore può anche non trovare il modo di stare vicino alla figlia. E' un limite umano che si può avere". A completare il quadro familiare ritratto nel film, interviene la giovane e bravissima Alba Rohrwacher. "Sono stata fortunata a essere scelta da Avati, anche perché sul set ero molto protetta. Pupi sapeva esattamente come doveva essere Giovanna. Mentre recitavo mi diceva di uscire un po' dal personaggio, di fare attenzione a non caricare mai l'interpretazione. Le scene girate in manicomio, che apparentemente sembrano le più difficili da interpretare, sono state girate in modo molto naturale. Mi bastava ascoltare Silvio per rispondere emotivamente a quello che mi veniva chiesto di fare". Serena Grandi appare felice come non mai di far parte di una produzione di questo livello. L'icona sexy degli anni '80, che qui è costretta su una sedia a rotelle, parla di miracolo. "Sono stata chiamata da Pupi per un ruolo completamente diverso da quelli su cui ho basato la mia precedente carriera. Recitare su una sedia a rotelle è un'esperienza unica per un attore perché lo costringe a usare solo il volto e le mani per esprimere i sentimenti. Sono veramente felice di essere in concorso a Venezia alla mia età. Non me lo sarei mai aspettato. Recitare con Pupi è stato come trovarmi in famiglia visto che siamo entrambi bolognesi e sul set mi ha messo completamente a mio agio". Nel ruolo del poliziotto fascista vicino di casa di Silvio Orlando troviamo invece, un po' a sorpresa, Ezio Greggio che, dopo tante commedie demenziali, è chiamato alla sua prima vera prova attoriale. "Essere scelti da Pupi Avati è un onore. Il film, poi, è talmente bello che vi ho partecipato in punta di piedi cercando di dare il meglio di me stesso. Ogni attore comico vuole misurarsi con ruoli drammatici proprio per dimostrare la propria completezza. Spero di esserci riuscito. La fine che il mio personaggio fa è un po' controversa, visto che viene fucilato dagli antifascisti senza alcun tipo di processo, ma non vi sono elementi per giudicarlo visto che viene volutamente omesso ciò che è accaduto dal momento della sua fuga da Bologna". A commentare la tragica esecuzione di Greggio interviene lo stesso Avati: "La morte sul tram del personaggio interpretato da Ezio può sembrare poco realistica, ma è un omaggio a Fred Buscaglione. Pochi sanno che il cantante morì a Roma in seguito a un incidente d'auto. I soccorritori lo avevano, infatti, caricato su un tram per accompagnarlo velocemente in ospedale. Con la mia scelta ho voluto semplicemente omaggiare un personaggio e un episodio che mi avevano colpito molto".