Analisi, confronti e riflessioni sono il giusto corredo per una manifestazione che si immerge nel mondo della televisione e della sua serialità con l'apertura e l'attenzione del Roma Fiction Fest. Giusto, forse doveroso, indagare sulle diverse sfumature della produzione televisiva, confrontare quella nostrana con i più blasonati ed elevati show statunitensi, e da qui partire per concentrarsi sui possibili sviluppi futuri che la nostra cosiddetta fiction deve avere per sopravvivere nel competitivo mondo della TV contemporanea.
Una riflessione che si è tenuta nel corso del convegno Presente e futuro della fiction, mediante un interessante dialogo tra Sergio Silva, lo sceneggiatore che a detta di Carlo Freccero "ha saputo inserire la serialità nella fiction nostrana con La piovra" e Mario Gianani con lo stesso Freccero, direttore artistico della manifestazione romana da quest'anno. Un interessante incontro in cui si sono sottolineati diversi aspetti delle produzioni televisive, dall'importanza della sceneggiatura alla necessità di una maggior concorrenza per smuovere le acque stagnanti del panorama italiano.
La situazione italiana
E' Silva a parlarcene e spiegarci come in Italia viviamo ancora sotto l'ombra del passato, quel passato che parte dalla legge Mammì che ha creato l'oligopolio messo in discussione solo ora con la potenza di Sky. Ed all'ombra della direttiva europea e del sistema di leggi che cercava di far crescere un'industria che non fosse solo nazionale, ma di tutto il blocco del nostro continente. Qualcosa che nel resto d'Europa è accaduto, molto più di quanto sia accaduto in Italia, dove il governo ha cercato di difendere gli interessi di ciò che di volta in volta era considerato di sua proprietà, senza impostare un progetto di sviluppo per il futuro. Lo dimostra la diminuzione degli investimenti del 30% dal 2006, il crollo delle esportazioni ed incremento delle importazioni. Siamo in una situazione di lento declino? Una domanda che chi si occupa del settore deve porsi e cercare di ragionare sulla direzione da prendere, perché l'Italia ha già dimostrato in passato di essere terreno fertile per questo mondo. Il primo passo è di riconoscere che c'è un problema, qualcosa in cui molti hanno mancato, nel caso migliore per miopia.
Il presente della fiction
Il quadro attuale ce lo dà Gianani, che sottolinea come "Viviamo in un momento irripetibile", perché si è realizzato di colpo la globalizzazione dei media. Con l'ingresso soprattutto dei canali a pagamento che hanno favorito le coproduzioni, c'è finalmente la possibilità di diventare tutti spettatori delle stesse produzioni. "Se avessimo oggi il sistema corretto," spiega lo sceneggiatore, _"potremmo giá oggi capovolgere il problema dell'esportazione, creando prodotti da poter vendere all'estero. È bastato l'ingresso di Sky perché l'Italia fosse notata dal mondo e perché gli Americani rivolgessero l'attenzione verso di noi. È un momento che i broadcaster e l'industria devono saper cogliere e se non c'è la possibilità di lavorare in tal senso, si rischia di non cogliere questa opportunità che si sta creando e che chi ha lavorato a Gomorra - La Serie, per esempio, sta cogliendo. Sky ha smosso le acque e ci ha consentito di andare a competere sul mercato internazionale, ora gli altri devono seguire.
Cosa manca all'Italia
E' Freccero a dare un quadro del panorama italiano, illustrando alcuni dei limiti del nostro mercato televisivo, a cominciare da quello che identifica come un problema di base: "Ho avuto la fortuna di lavorare all'estero," spiega "e so che importanza ha avuto in altri paesi imporre una quota di produzione propria ad ogni rete. Inutile fare 40 reti che non producono niente, meglio tre che creano qualcosa." Da noi si è scelto con furbizia di produrre solo per due reti, RaiUno e Canale 5, perché vuol dire produrre solo per due grandi categorie, mentre il pubblico borghese ha trovato nelle tv a pagamento il suo ambiente. Si è creata una spaccatura del pubblico italiano e non è facile nemmeno per chi deve produrre per le due reti ammiraglie Rai e Mediaset riuscire a coniugare qualità ed esigenze dovuto al target così ristretto, fatto per lo più di anziani. Oggi il problema principale è di imporre la produzione a tutte le reti, quindi a tanti pubblici diversificati. "Inoltre" aggiunge "se restiamo confinati nella fiction di breve durata, non ce la facciamo perché non è esportabile come la lunga serialità".
I meccanismi produttivi
Non è l'unico problema, è Silva a spiegarci un'altra anomalia nostrana, che riguarda il rapporto sbagliato tra i grandi broadcaster e l'industria. Mediaset si è verticalizzata, ignorando le direttive europee, mentre la Rai aspira ad essere grande produttore, ma è in definitiva un grande distributore. Questi due aspetti hanno impedito lo sviluppo di un rapporto sano e proficuo. Non c'è una percezione degli interessi comuni nel settore e il tavolo delle trattative va avanti da due anni senza sbocchi. "I soggetti non sono maturi per discutere un cambiamento del sistema." "C'è un errore semantico in Italia," gli fa eco Gianani "riguardo la coincidenza tra costo e valore, tra finanziatore e produttore. Non si riconosce quello che è il valore creativo." Dovrebbe essere la società produttrice ad aggiungere l'aspetto creativo, ma siccome il valore viene definito dal mercato e non c'è patecipazione agli utili, non c'è nemmeno lo stimolo a rischiare. Manca al sistema italiano l'esistenza di una industria che sappia vivere di ingegno. Per far sì che ciò accada, c'è bisogno di innescare un sistema di concorrenza, o aumentando i soggetti produttivi o rivolgendoci all'estero.
Cambiamento possibile?
Il punto essenziale per poter andare nella giusta direzione sarebbe di comprendere che un cambiamento sarebbe a vantaggio di tutti, degli stessi broadcaster come dei produttori. Ciò fatto, va dato maggior valore alla creatività, riconoscendola e valutandola nel modo giusto, ed ovviamente aumentare la concorrenza, anche interna (un esempio è Il commissario Montalbano, nato su RaiDue e poi promosso a RaiUno). Primi segnali ci sono, seppur timidi, legati alla nuova dirigenza Rai attiva da due anni, per esempio anche con lo sguardo di qualcuno al mondo delle web series. Un fenomeno, questo, difficile da valutare sulla lunga distanza, ma interessante per la situazione corrente. La strada insomma è ancora lunga e c'è bisogno di una consapevolezza e volontà comune, ma l'esigenza principale è che arrivino nell'ambiente altri attori disposti a mettersi in gioco e rischiare qualcosa.