Ambientato ad Utica, una piccola città nel cuore di New York, Vieni via con me è la storia di una famiglia italo-americana che vuole chiudere i ricordi in un cassetto per abbandonarsi alle dolci meraviglie del sogno a stelle e strisce. L'esordiente Carlo Ventura ci parla del suo primo film, accompagnato dai due nomi più noti del cast, Mariangela Melato ed Enrico Lucci, e da Enzo Gragnaniello, autore della colonna sonora.
Com'è nato il film? Carlo Ventura: La genesi di questo film è stata molto lunga, come per ogni opera prima. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura sette anni fa, insieme a Francesco Castellani che ad un certo punto mi ha abbandonato. Io ho continuato a scriverla e a portarla in giro, ma le case di produzione indipendenti mi dicevano che il film era troppo "etnico" e non volevano rappresentare la comunità italo-americana senza i soliti stereotipi. Così ho riscritto la sceneggiatura, raggiungendo le tredici stesure prima di quella definitiva, e ho cercato i finanziamenti, riuscendo ad ottenerli anche dallo Stato, messo insieme il cast e quindi girato ad Utica. Quando ho contattato Mariangela Melato, mi sono accorto che era abbastanza titubante a causa delle difficoltà che avrebbe incontrato recitando in inglese e del budget minimo che avevamo per girare il film, ma alla fine ha accettato, dando vita ad una bellissima Maria che in parte ricorda mia madre, anche lei sarta. Il film è in parte autobiografico.
Cos'è cambiato dalla sua idea iniziale alla stesura definitiva della sceneggiatura? Carlo Ventura: All'inizio la storia era ambientata negli anni 70, ma per motivi produttivi non è stato possibile. La struttura era uguale, sono cambiati i personaggi e il modo in cui arrivano a certe situazioni.
Come mai ha scelto di ambientare questa storia ad Utica? Caro Ventura: Perché ho vissuto vent'anni della mia vita lì. Gli italo-americani se ne sono andati tutti da quel posto, l'unica che è rimasta è Maria Grande, la protagonista del film. Il fatto che io sia tornato in Italia è stato incomprensibile per i miei genitori. Il mio ricordo dell'Italia era legato ai suoi sapori, quelli che ogni anno arrivavano sotto forma di pacchetti natalizi. Il sapore della mia terra mi ha fatto tornare il desiderio di tornare in Italia.
Pensa che gli italiani potranno riconoscersi in questa famiglia italo-americana? Carlo Ventura: Spero che gli italiani si facciano un'altra idea degli italo-americani che di solito al cinema vengono rappresentati solo all'interno della loro comunità chiusa. Nel film, invece, Maria interagisce con i suoi vicini, non ha paura di loro, li raccoglie con la sua sensibilità perché immagina che anche i suoi genitori hanno vissuto situazioni di razzismo. E' una ruota che gira, tutti subiscono prima o poi episodi di discriminazione. Il mio è un film che rompe certi stereotipi e spero che gli italiani riescano a cogliere questa cosa.
Signora Melato, perché ha scelto di fare questo film? Mariangela Melato: Per una serie di ragioni. Innanzitutto, la professione di Marta, la sarta. Anche mia madre faceva la sarta e mi cuciva sempre un sacco di vestiti stravaganti che non mi facevano mai passare inosservata, un'ottima cosa per la mia carriera. La seconda ragione è che il personaggio di Maria non è uno stereotipo, agisce non come italo-americana, ma come essere umano che interagisce con tante persone. Questa non è una madre coraggio, ma una mamma di tre figli che ha una visione moderna delle sue origini italiane, che cerca di dimenticare queste sue radici strazianti, ma nello stesso tempo riesce a ritrovarle tornando a Sorrento. Non so se sia saggia o miracolosamente dotata di preveggenza, certo non ha le stimmate di italo-americana. Infine, tra le ragioni che mi hanno spinto a fare questo film, anche la gioia di lavorare con un regista debuttante, una certa generosità di sé nel mettersi a disposizione di un regista con poca esperienza.
Cosa l'ha colpita di Utica? Mariangela Melato: Quella di Via con me è un'America più vera, più provinciale, che mi ha scioccata. Per strada non ci sono persone, i marciapiedi sono vuoti e la gente si muove solo in macchina. Vanno tutti verso il centro che è un grande drugstore dove i cittadini si incontrano e fanno vita sociale. Per noi europei è alienante un modo di vivere del genere.
Enrico Lucci, che impressione ha ricavato da questo suo debutto al cinema? Enrico Lucci: Definire questo un debutto mi sembra un'esagerazione e definire me attore è come definire attrice Flavia Vento. Al cinema fai una cosa di tre secondi e tutti ti fanno le interviste e le foto, e questa è la cosa più bella. Per il futuro non so, ho ricevuto tantissime proposte (ride). A parte gli scherzi, è stato un onore lavorare con una persona come Mariangela Melato che appartiene alla storia del cinema italiano.
Gragnaniello, questa è la sua prima colonna sonora. Enzo Gragnaniello: Quello che mi ha colpito di questo film sono stati i colori. La musica è qualcosa che esiste già nell'aria, noi riusciamo a catalizzare l'essenziale. Ho scritto questa colonna sonora avendo negli occhi questi colori. Il film ha una parte più disarmonica che ho voluto commentare con un sound metropolitano, ma quello che mi è piaciuto di più è stata la sua chiave poetica, la poesia nell'usare i personaggi, ed è questo che mi ha guidato nella composizione delle musiche.