Oggi, 22 aprile, è la Giornata delle Terra, e l'anima del nostro pianeta è liquida, meravigliosa, e in pericolo. Ci racconta lo stato attuale delle acque della Terra il documentario Planet Ocean, novanta minuti di immagini spettacolari e allarmanti firmati dal noto fotoreporter/ ambientalista Yann Arthus e da Michael Pitiot.
In questa intervista, i co-registi ci raccontano le difficoltà, le soddisfazioni e le ambizioni di una pellicola realizzata per mostrare al pubblico la bellezza degli oceani e sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi a cui sono esposte le masse di acqua che rendono possibile la vita sulla Terra.
Si può dire che Planet Ocean è il documentario che vi eravate prefigurati di fare? Michael Pitiot: Credo che il film sia leggermente differente rispetto a ciò che avevamo immaginato. L'idea alla base del lavoro era la salvaguardia degli oceani, ma ciò che ne vien fuori riguarda anche la salvaguardia del genere umano.
Planet Ocean è stato girato in posti davvero lontani: che tipo di sfide avete affrontato?
Yann Arthus-Bertrand: Filmare in paesi differenti è sempre dura. Girare in Cina è difficoltoso e costoso. Le immagini aeree dall'elicottero sono anch'esse molto complicate da effettuare; hai bisogno di un buon pilota, benzina, autorizzazioni e buone previsioni meteo. Tutto è estremamente difficile, ma se lo vuoi davvero allora puoi farlo. Per girare le immagini nelle profondità Micheal ha girato il mondo parlando con le persone specializzate in riprese subacquee.
Michael Pitiot: Una delle sfide iniziali di Planet Ocean è stata riuscire ad ottenere una qualità delle immagini subacquee che potesse eguagliare le immagini aeree girate da Yann. Con l'oceano, sotto la sua superficie, devi spendere tempo, talvolta anni, solo per avere un'inquadratura buona di un determinato pesce o per trovare il giusto setting. Parlare con persone di tutto il mondo e coinvolgerle in Planet Ocean è , stata un'altra di quelle cose che ha modificato leggermente la nostra idea del film. Avevamo persone dall'Australia, dal Sud Africa, dal Cile e dall'America coinvolte; tutte persone che hanno dedicato la vita a riprendere gli oceani. È stato interessante coinvolgerle, per la loro esperienza e la loro conoscenza del settore.
Yann: È incredibile pensare che sappiamo più della Luna che non del fondo degli oceani. Ancora oggi scopriamo cose nuove a proposito di ciò.
Quali creature marine vi intrigano di più e perché? Yann: Il plankton. Ho accresciuto la mia conoscenza sul plankton durante questo film; in un certo senso, ho scoperto la mia famiglia. È da lì che provengo. TARA (un'equipe unica di ricercatori, oceanografi e biologi provenienti da tutto il mondo) ci ha spiegato che ogni volta che escono per la pesca ne vengono scoperte nuove specie. È affascinante! È un mondo sconosciuto! Inoltre producono l'ossigeno che respiro: il 50% dell'ossigeno che respiriamo arriva dal mare. È fantastico pensare che le bianche scogliere di Etretat, sono formate da miliardi di plankton morti ammassati uno sull'altro, ed il plankton ha risucchiato tutto il carbone rendendo l'aria respirabile. È incredibile, è la testimonianza della nostre vite.
Perché l'umanità ha dimenticato l'importanza del proteggere il nostro pianeta ed i nostri mari? Yann: Perché viviamo alla giornata, e così è molto complicato proteggere il pianeta ed i nostri oceani. Il nostro pensiero è che se c'è il pesce negli oceani ci sarà sempre pesce negli oceani. Pensiamo di poter pescare all'infinito, non riusciamo a prefigurare ciò che non vediamo.
Quale è il messaggio centrale di Planet Ocean? Yann: Tutti sanno, ma tendono a dimenticare che condividiamo il mondo, il mondo blu. Gli oceani sono così immensi da aver forgiato in noi l'idea che siano infiniti... ma tutto sul pianeta ha una capacità limitata che noi dobbiamo imparare a gestire. Le risorse dell'oceano non sono infinite; dobbiamo tenercele strette. Dal momento che gli oceani producono l'aria che respiriamo, gran parte di ciò che mangiamo e rappresentano larghissima parte dei nostri commerci, gli oceani sono il centro delle nostre vite. È anche un discorso etico e morale, è normale procacciarsi del pesce per poi rigettarlo in mare perché già morto, troppo piccolo o troppo grande o non commestibile? Milioni di anni per formare gli ecosistemi, parliamo di fenomeni che hanno bisogno di centinaia di anni per affermarsi. Dobbiamo riflettere sulla vita che ci circonda.Quali sono le vostre aspettative per questo film? Michael: Non cambieremo il mondo, ma se siamo stati in grado di realizzare un film che faccia capire al massimo numero di persone possibile "Questo è il punto in cui siam_o" e "_Questo è dove dobbiamo arrivare", saremo in grado di avere una speranza per il domani. Tutti noi abbiamo l'intelligenza per farlo e così dobbiamo usare il nostro cervello. Questa è l'unica cosa che possiamo fare, quindi questa è l'unica apettativa per Planet Ocean.
Intervista realizzata da Lucy Tripett per Plankton Productions