Ping Pong: Il Ritorno, la recensione: un classico film sportivo per celebrare lo spirito di un Paese

Il più classico dei titoli colmi di epica sportiva per celebrare una vittoria storica di un Paese, raccontandone anche un momento di svolta dal punto di vista politico. Al cinema.

Ping Pong: Il Ritorno, i protagonisti

Ogni Paese ha i suoi eroi e, soprattutto, ha le sue vittorie. Né gli uni né le altre da soli bastano però per costruire un'epica abbastanza potente da poter scuotere lo spirito del Paese a cui appartengono. Per farlo servono storie in cui tutti si possono identificarsi, questo è il solo modo per riuscire ad essere ispirati. Una questione, se ci pensate, abbastanza logica e, guarda caso, anche uno dei fari del cinema di genere sportivo.

Ping Pong Il Ritorno
Deng Chao in Ping Pong: Il Ritorno.

Tra queste storie, quelle che funzionano di più sono quelle che parlano di riscatto; quelle in cui l'outsider di turno riesce a ribaltare il pronostico e a vincere contro tutto e contro tutti, anche al di là dei meriti sul campo da gioco. Se poi ci riesce a infilarci uno spunto reale come ispirazione è perfetto. Ping Pong: Il Ritorno di Deng Chao (anche attore protagonista) e Yu Baimei è costruito, in modo talmente rigoroso da essere a tratti addirittura pedissequo, rispettando tutti i dictat del caso al millimetro.

Una pellicola dalle dimensioni quasi di un kolossal in miniatura (137 minuti e duelli a colpi di racchette che ricordando i duelli uno contro uno davanti ai saloon) che cerca di conferire alla storia che racconta una chiave di volta per scardinare anche le meccaniche politiche del Paese asiatico in un preciso momento storico, restituendone un ritratto, senza essere comunque troppo ideologico (anche se un po' lo è). Almeno non più di un suo contraltare nordamericano.

Ping Pong: Il Ritorno... in patria

Ping Pong Il Ritorno Il Match
Una scena di una partita.

Dai Minjia (Chao) è stato uno dei più grandi giocatori di ping pong della Storia della Cina, un vero peccato che ora non viva neanche più nel suo Paese, intento a cercare fortuna come allenatore delle squadre estere, nella fattispecie l'Italia. E proprio da Roma comincia Ping Pong: Il Ritorno, da dove nel 1992 l'ex gloria dello sport decide per un grande ritorno a casa con lo scopo di rilanciare la nazionale del tennis da tavolo.

La squadra cinese sta infatti vivendo un momento di fortissima crisi in una disciplina in cui è tradizionalmente da sempre dominante a causa dell'exploit della Svezia, che ha tra le sue fila il giocatore più forte del mondo in quel momento e anche il suo erede. La compagine asiatica si trova di fronte alla sfida di doversi rinnovare per tornare in auge, in un mondo sportivo (e quindi anche non sportivo) che ormai è cambiato.

Ping Pong Il Sequenza
Due dei membri della nuova squadra.

Un obiettivo gigantesco, che Minjia decide di raggiungere, una volta diventato il nuovo coach, costruendo una squadra piena di nomi affamati e sconosciuti, pescati tra astri nascenti e un giocatore avanti con l'età (uno interpretato dal vero Dai Minjia), e rivoluzionando gli allenamenti, in modo da creare delle tattiche e una mentalità più adatta all'inedita posizione che la squadra si trova a ricoprire. Davanti a lui c'è una Coppa del Mondo particolarmente importante, perché si terra proprio in... Cina.

L'importanza dello spaccato umano

Ping Pong Il Ritorno Scena
Uno dei protagonisti di Ping Pong: Il Ritorno.

L'immagine del Colosseo con cui si apre Ping Pong: il ritorno dice un po' tutto sul tipo di epica che la pellicola cinese vuole richiamare, così come nel racconto della vessazione della polizia italiana ai danni del suo eroe è chiaro l'intento nazionalista. Da lì in poi basta aggiungere un accenno sul suo status di emarginato caduto in disgrazia e l'innesco è bello che fatto.

La via della redenzione del protagonista, così come la costruzione del suo team di underdogs, diventa la metafora della necessità di un Paese che deve mettere da parte le sue storica rigidità e aprirsi al nuovo per tornare a trionfare, a meno che non voglia perire miope e per di più ingrato. Una ricetta di scrittura semplice, ma efficace, inserita all'interno di una pellicola dalla lunghezza eccessiva e dalla ridondanza a tratti veramente controproducente, pur con tutti gli alleggerimenti del caso. Quelli relativi al rapporto tra Minjia e suo figlio sono i migliori.

Ping Pong Il Ritorno Protagonista
Il vero Dai Minjia.

Dopotutto non basta la vittoria o gli eroi, servono le storie di uomini ed è proprio quando si concentra su di loro che Ping Pong: Il Ritorno fa centro, al di là del respiro epico, delle battutine, dei montaggi musicali e dei reiterati ralenti usati nella regia delle partite. Lo spaccato umano è ciò che fa la differenza in pellicole del genere e questo caso, essendo estremamente classico (per non dire addirittura scolastico), non fa certamente eccezione. Lo sa Yu Baimei e lo sa certamente Deng Chao, che è più che coinvolto nel ruolo del protagonista, la cui centralità viene messa da parte solo per darla alla sua versione reale.

Conclusioni

Ping Pong: Il Ritorno è il più classico dei film sportivi in cui si vuole adoperare l'epica per raccontare la storia dietro un trionfo di un Paese in modo da poterla trasformare anche in una metafora politica. Il film di Yu Baimei e Deng Chao non è male, ma è così preoccupato di rimanere fedele alla ricetta classica del genere da essere prevedibile, a tratti ridondante e anche un po' troppo lungo.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il protagonista funziona bene.
  • Il dramma umano è efficace.
  • Il ritmo è buono e le metafore sono tutte chiare.

Cosa non va

  • A tratti è però ridondante, anche a causa dell'esteso minutaggio.
  • Il suo essere classico cade spesso nello scolastico.