Ormai ci siamo abituati all'idea di essere nell'era dei rifacimenti, un periodo in cui le idee del passato non se ne stanno tranquille in teche del museo dei cult, ma vengono prese, manipolate, rinnovate. A volte, purtroppo, distrutte. Ci sono molti modi per portare avanti operazioni del genere, che vanno dal più cauto rispetto allo spietato tradimento, dalla mera (inutile?) copia carbone a stravolgimenti che vengono mal tollerate dagli appassionati di vecchia data. Eppure va compreso un aspetto in particolare: quando un autore riesce a creare un'opera capace di scolpirsi nell'immaginario collettivo con solida prepotenza, la seconda via è l'unica praticabile per evitare una sonora brutta figura.
Se facciamo questo preambolo è perché abbiamo visto in anteprima al Festival di Berlino i primi due episodi della serie Picnic at Hanging Rock, nuovo adattamento della storia già portata su grande schermo da Peter Weir nel 1975 con una potenza tale da ammantarla in un'aure da evento realmente accaduto, piuttosto che tratto dal romanzo datato 1967 di Joan Lindsay. L'unica via per un'operazione del genere, che andrà in onda in Australia il prossimo maggio, è di allontanarsi dal lavoro del regista de L'attimo fuggente, di abbandonare quelle atmosfere eteree e rarefatte, non di suggerire ma mostrare, non evocare ma raccontare.
Il mistero di San Valentino
Per il giorno di San Valentino del 1900, un gruppo di ragazze dell'Appleyard College, una scuola privata femminile di alto livello, fa una gita, oltre al picnic del titolo, ad Hanging Rock, una formazione rocciosa una sessantina di chilometri a nord di Melbourne, nello stato di Victoria in Australia. Escursione che volge al peggio a causa della scomparsa di alcune delle ragazze del college gestito dalla signora Appleyard, la severa direttrice che sorveglia la condotta e l'educazione delle sue studentesse con rigore. La sparizione delle ragazze e la loro ricerca non si limita ad essere il mistero da risolvere, ma diventa punto di partenza per esplorarne le conseguenze, sulle altre studentesse e sulla comunità di cui il college fa parte, oltre che esplorare il problematico passato della direttrice.
Il cambio di focus
Uno dei cambiamenti più immediatamente evidenti di Picnic ad Hanging Rock riguarda la direttrice Appleyard, messa fin da subito al centro del racconto costruito per la TV da Beatrix Christian ed Alice Addison: già nella sequenza introduttiva, la seguiamo mentre le viene illustrato l'edificio che diventerà il suo college, in un lento piano sequenza di alcuni minuti che ci guida con metodica quiete tra le stanze della struttura. E rispetto alla versione per il grande schermo, in cui il personaggio era interpretato da Rachel Roberts, nella serie si è scelto di proporne una versione più giovane e più esplicitamente ambigua, ben ritratta dalla Natalie Dormer che si è imposta sul piccolo schermo grazie a Il trono di spade. Un'enfasi sulla direttrice che va a braccetto con una rappresentazione meno antiquata delle figure femminili che popolano il college, adolescenti più briose e fiere, capaci di sfidare e tener testa alle adulte cui devono sottostare per la propria educazione.
Questione di stile
Differenze che si concretizzano anche nello stile visivo e nell'atmosfera generale: il lavoro di Weir era sottile, evocativo, spettrale e capace di suggerire più che mostrare; la serie di Picnic ad Hanging Rock è invece più moderna e concreta, più patinata e intensa in termini di colori e inquadrature. Una modernità che si evidenzia in modo particolare nella scelta delle musiche che accompagnano l'azione, che sono l'aspetto che più di tutti spiazza lo spettatore. È, però, un lavoro che soprattutto dedica più spazio alla trama che, con sei episodi a disposizione, può approfondire e dettagliare maggiormente la vicenda e i personaggi. Per questo motivo, una volta accettata la diversa natura di questa operazione, ci sentiamo di accoglierla con una certa dose di curiosità. Perché propone un'esperienza narrativa molto diversa da quella firmata da Peter Weir; probabilmente più facilmente dimenticabile sulla lunga distanza, ma capace di incuriosire nell'immediato, nel corso di una prima visione sorretta dal mistero che racconta.
Movieplayer.it
3.5/5