Piacere Maisano è andata in onda per ulteriori sei settimane, in seconda serata dopo X Factor su TV8, affrontando altrettanti temi delicati e attuali, dall'immigrazione alla quarta età e al complottismo, chiudendo sulle baraccopoli e l'importanza di avere una dimora. Un cammino affrontato con semplicità e immediatezza, ma senza rinunciare all'approfondimento necessario e con la capacità di tirar fuori la componente umana dei problemi che esplora. Ne abbiamo parlato con l'anima del programma, Marco Maisano, che ha iniziato questo percorso personale dopo le esperienze in Rai e con Le Iene, in una chiacchierata che non ha fatto che confermare le impressioni positive sul suo approccio e la sua preparazione.
Sotto la soglia di povertà
Partiamo dalla fine, dal tema delicato che affronti nell'ultima puntata: cosa ti ha colpito di più di questa realtà terribile che hai esplorato?
Mi ha colpito toccare con mano quanto sia drammatica la situazione in Italia se parliamo di povertà, perché i dati sono veramente terribili e parliamo di quasi nove milioni di persone che vivono in uno stato di povertà o relativa o assoluta. I poveri assoluti sono quelli su cui ci concentriamo di più in questa puntata e sono circa quattro milioni e sono persone che essenzialmente non possono permettersi neppure un alloggio. Per questo andiamo a visitare questo fenomeno che è in crescita in Italia ed è quello delle baraccopoli. Parliamo di persone che non potendosi permettere una casa, un affitto, decidono di costruirsi una baracca, un'abitazione di fortuna, in condizioni di disagio enorme. Mi ha colpito scoprire che l'Italia, pur essendo l'ottava potenza industriale al mondo, non riesce a risolvere questa situazione che è in crescita e riguarda persone che la vivono da moltissimo tempo: se pensiamo alla baraccopoli di Messina, è in piedi dal 1908, perché parliamo degli sfollati del terremoto di quell'anno che da allora continuano a passarsi queste baracche di generazione in generazione. È una cosa veramente surreale, perché basterebbe un minimo di impegno, un investimento ridicolo per quella che è l'economia di uno stato, per poter risolvere questa situazione e far vivere con dignità ottomila famiglie. Questo mi ha colpito, perché finché non tocchi con mano quanto possa essere difficile la vita di un povero, non te ne rendi davvero conto. Capisci che tanto di quello che abbiamo è superfluo e che in questi casi non manca la vacanza al mare d'estate, manca la casa, ed è una cosa molto grave.
Pur in un tema così delicato, sei riuscito a evidenziare una grande umanità nelle persone con cui sei entrato in contatto. Come riesci ad annullare le distante tra te e chi intervisti? Come ci si pone?
Credo che funzioni essere se stessi, non cerco mai di spettacolarizzare nulla e mi rapporto con le persone come parlerei con chiunque altro. Credo che renda tutto più semplice anche per loro: si dimenticano della telecamera e riduce quel filtro che spesso si vede in tv. Da una parte è una questione di approccio, dall'altra pratica: ci muoviamo in pochi e siamo solo in tre, io, il mio autore e una persona di produzione, e in questo modo le persone sentono meno la presenza della televisione in casa, che è quello che voglio per tirar fuori l'umanità vera.
Storia di un successo
Guardando indietro al percorso per arrivare fin qui, mi fai un bilancio di quello che è stato Piacere Maisano in queste due prime edizioni?
Sono molto contento sia della prima edizione che di quella sul Coronavirus e queste nuove puntate dovevano essere un po' una conferma di quello che è Piacere Maisano. La prima edizione era un inizio, la seconda è nata e andata in onda in uno stato di emergenza, questa serviva per confermare il piccolo successo che abbiamo ottenuto e la bontà di quanto fatto in precedenza.
Come è nata l'idea del programma. Avevate in mente dei modelli a cui rifarvi?
Non avevamo dei punti di riferimento precisi, ma ho sempre sentito la necessità di fare qualcosa di mio per potermi esprimere al massimo. Avevo bisogno di un maggiore spazio e meno format, perché quando lavori per un programma è necessario indossarne la divisa, che può essere esplicita come nel caso de Le Iene, ma è presente in ogni programma, come è giusto che sia: quindi l'approccio di quella trasmissione, il suo linguaggio, mentre volevo occuparmi di quello che mi è sempre interessato. Se avessi detto in Rai che volevo fare un approfondimento sul cambiamento climatico di quaranta minuti mi avrebbero riso in faccia, giustamente, perché non ci sarebbe stato né lo spazio né la volontà di affrontare quell'argomento. In Piacere Maisano ho la possibilità di approfondire i temi che tratto nel modo migliore.
L'importanza dei temi
Uno degli argomenti trattati in queste ultime puntate riguarda il complottismo, per il quale io ho una sorta di amore/odio: mi affascina, ma ne sono terrorizzato. Come ti ci sei approcciato?
Sicuramente come dici tu: amore e odio. Amore inteso come fascino che mi prende quando scopro un mondo lontano da me e quello dei complottisti è lontanissimo da me. Mi affascina il modo attraverso il quale si approcciano al mondo, è un mondo tutto loro, che nessuno replica a parte loro. Da questo punto di vista è stata una grande crescita entrare in un mondo che non conoscevo, ma l'ho fatto anche con molta paura. Trovo che a parte quelle posizioni ridicole che possono strappare anche un sorriso, credo che siano mondi da tenere molto a bada perché possono sfociare facilmente in qualcosa di più grave di una battuta che può nascere incontrando un Pappalardo e possono diventare un modello da imitare per milioni di italiani. Ultimamente sto citando un recente sondaggio che indica come circa il 40% degli italiani si dichiara non favorevole all'idea di fare un vaccino contro il coronavirus. Non li consideriamo oggi complottisti, ma è sicuramente più a quel mondo che guardano, si fanno in qualche modo convincere da chi sostiene che se ci facciamo vaccinare diventiamo geneticamente modificati. È ovviamente una fesseria, ma è un mondo che va tenuto a bada. So che va in conflitto con la libertà di espressione, ma credo che abbiamo l'obbligo di filtrare adeguatamente certe notizie. L'informazione in Italia è tanta, sul coronavirus è tantissima, ma trovo che così tanta diffusione di notizie non renda le persone serene, non credo che le renda più informate. Ci sono troppe voci insieme, anche la scienza si è divisa, e non credo che questo non faccia bene alla scienza e aiuti chi sostiene che questa non sia più quella mamma a cui affidarsi in ogni occasione, laddove è invece l'unica che può salvarci. Questo mi fa molta paura.
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Come avete scelto i temi di affrontare di settimana in settimana?
Ci allontaniamo dalla cronaca del giorno dopo giorno, anche perché non avremmo il tempo di approfondire. Penso che sia più utile affrontare i macrotemi di attualità, come il cambiamento climatico che non trova spazio quotidianamente sui giornali. Non è un fatto di cronaca, ma è sicuramente di attualità. Approfondire questi temi che riguardano i cittadini di tutto il mondo, che sono trasversali anche geograficamente, è molto più utile. Poi lo dico sempre: non è guardando Piacere Maisano che scopri come funziona il mondo che approfondiamo in una puntata, non abbiamo l'ambizione di dare una visione di verità assoluta, ma credo che sia un punto di partenza per poter approfondire successivamente. Il programma ha il merito di incentivare le persone ad approfondire e magari cambiare qualche atteggiamento.
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C'è tra i vari argomenti trattati qualcuno che tu stesso hai scoperto di voler approfondire ulteriormente dopo aver realizzato la puntata?
Sicuramente quello dei complottisti, è un mondo su cui voglio continuare a informarmi e magari tornare a occuparmene. Trovo che sia interessante scoprire quali possano essere gli anticorpi. Per uno Stato non è semplice avere a che fare con una fetta di paese in forte crescita che non crede più nella narrazione ufficiale dei fatti. Non ho ancora scoperto quale possa essere il vero vaccino contro questa deriva, ma ho intenzione di continuare ad approfondire.
Continuare a scoprire
E c'è invece un tema che ancora non sei riuscito ad affrontare e che hai in programma per una edizione futura?
Tanti in realtà, ma mi piacerebbe molto, e ci ho anche provato in realtà, fare una puntata in Vaticano. Un mondo che mi affascina molto e di cui si parla poco, ma che influenza la vita di miliardi di persone nel mondo. Mi piacerebbe approfondire questo soft power che ha il Vaticano e che ha il Papa. Mi affascina la diplomazia vaticana, mai urlata ma che è stata utile in molti casi a far prendere alla storia una strada piuttosto che un'altra. Mi piacerebbe entrare in Vaticano e capire come funziona questo stato parallelo che funziona da millenni. Ma è molto difficile, mi hanno sempre detto di no. Prima mi chiedevi come annullo le distanze e credo che quell'atteggiamento più informale possa essere un limite in alcune situazioni come questa, perché visto come non adeguato.
Leggevo la tua biografia e ho notato una grande spinta a viaggiare e conoscere, quanto pensi che sia fondamentale per poter guardare al mondo e i suoi problemi con la giusta consapevolezza?
Viaggiare credo sia indispensabile. Non ho una visione romantica del viaggio, non credo che viaggiando si trovi la verità, ma sicuramente approcciarsi a chi non la pensa come te e a mondi che sembrano così distanti aiuti a crescere e diventare più cittadini del mondo. Credo molto nelle differenze: non siamo tutti uguali, non tutte le culture lo sono, e più viaggio e più me ne rendo conto. E credo sia anche giusto che sia così. Ma conoscere una cultura diversa dalla tua ti aiuta ad approcciarti meglio e prevenire la deriva di una cultura piuttosto che di un'altra. A volte si preferisce lo slogan alla concretezza, mentre se viaggi e ti confronti con il prossimo scopri che le cose sono più complesse di quanto appaia e aiuta a trovare gli anticorpi nei confronti di determinate derive. In Italia si preferisce parlare per slogan e guardando un qualsiasi talk show si può prevedere tranquillamente la risposta di un politico qualsiasi, sempre la stessa identica risposta. I nostri politici, da una parte e dall'altra, non amano studiare, scoprire, approfondire e magari anche cambiare idea. Viaggiando mi capita spesso di cambiare idea, di scoprire che qualcosa non era come pensavo che fosse, e torno a casa sapendone di più.