Person of Interest: a volte ritornano (e sono vivi, non è The Walking Dead). La serie creata da Jonathan Nolan, ingegnoso scrittore e sceneggiatore (Memento, The Prestige, Il cavaliere oscuro e Il cavaliere oscuro - Il ritorno), torna con la seconda stagione (un assaggio dei primi cinque episodi era andato in onda lo scorso dicembre) dal 6 aprile su Premium Crime. Corredata di svariate guest.
Se per otto anni di Dr. House non si è mai neanche vista l'ombra di un paziente saltato fuori dal passato, i "clienti" di Finch e Reese prima o poi si rifanno vivi. Le nuove puntate, tra criminali in via di redenzione, ragazze viziate in modalità Vacanze romane, milionari allergici e cameriere in fuga, sono fitte di azione e nuovi "numeri" da rintracciare, ma anche di ex clienti e antagonisti che incrociano ancora la vita di Finch e Reese, come il truffatore Tao, l'hacker Root, il mafioso Elias, l'avvocatessa Zoe. Volti nuovi, come la killer del governo Shaw (Sarah Shahi, Fairly legal) che elimina gli obiettivi segnalati dal megacomputer creato da Finch, e Logan Pierce (Jimmi Simpson, I re della fuga) sono compresi nel pacchetto dei ritornanti.
Nolan sa screziare la realtà - i corsi e ricorsi della vita - con l'incredibile - la Macchina senziente di Person of Interest (o le bombe atomiche non radioattive di ll cavaliere oscuro - Il ritorno) - preservando la sospensione dell'incredulità con una sovrastruttura di verosimiglianza accurata. A partire dalle personalità ben delineate di Finch e Reese (Michael Emerson e Jim Caviezel sono sempre più bravi) - protagonisti ben macerati nel senso di colpa che amano punzecchiarsi sulle rispettive manie di riservatezza. La serialità ci ha abituati che qualche incongruenza o storyline chiusa frettolosamente sia accettabile, che sia normale per i protagonisti non incontrare o rivedere mai più nessuno dei personaggi conosciuti e che le azioni non hanno ripercussioni. Le scelte di Finch e Reese non sono mai senza conseguenze, il passato mai veramente chiuso. La dipartita di Ingram per Finch e di Kara per Reese tornano continuamente a perseguitarli (in questa stagione soprattutto per quest'ultimo). I nemici non sono mai neutralizzati finché respirano, e anche da sconfitti, come Elias, restano una presenza nelle esistenze degli ipertecnologici vigilanti di New York. C'è una reazione a ogni azione, con conseguenze che si propagano nel tempo e nello spazio, soprattutto quando c'è di mezzo la Macchina, la cui segretezza è sempre minacciata. Finch ha fatto perdere le sue tracce, è un'ombra nel sistema, ma la Macchina lascia una scia di dati precisa e sempre più individui e organizzazioni la cercano. La stagione precedente insinuava che il supercomputer fosse senziente; dopo il cliffhanger Finch-centrico con la whedoniana Amy Acker in versione hacker cattiva sappiamo che è sicuramente in grado di apprendere. Qualche puntata concentrata sulle trame verticali (il "numero" fornito dalla Macchina) per permettere a Reese e Finch di tirare un sospiro di sollievo e poi qualcuno tornerà a mettere a rischio la missione della coppia.
La seconda stagione di Person of Interest non accenna cali di qualità rispetto alla prima, non perde colpi; Finch e Reese (e Bear) formano un team eccezionale che occasionalmente riceve l'aiuto di ex clienti (Zoe e Tao); Emerson e Caviezel sono sempre più affiatati e a loro agio nei panni dei rispettivi personaggi, e i comprimari come Carter e Fusco si tengono le loro sottotrame parallele sviluppate sui tempi lunghi. Person of Interest non perde mai il suo soffuso senso dell'umorismo e il senso di precarietà del futuro; i suoi sceneggiatori continuano a sfornare, settimana dopo settimana, un prodotto per tutti che non indulge in sesso e violenza o nella pratica ormai diffusa nella serialità (anche di network) di accaparrarsi spettatori con la provocazione (che riesce meravigliosamente a True Blood e pochi altri). La serie riesce a rispettare paletti da PG13 che dai tempi di Supercar negli anni 80 hanno fatto della serialità dei giocattoloni infantili, senza perdere verosimiglianza, capacità di intrattenimento, equilibrio e compiutezza di scrittura. Che Nolan, a differenza del produttore di Person of InterestJ.J. Abrams, abbia sempre in testa dove andare a parare con la storia è chiaro, e sa farlo senza soporifere involuzioni alla Straczynski di Babylon 5 o soggetti furbetti alla Goyer di Da Vinci's Demons. La pregevolezza di Person of Interest risiede nel controllo assoluto e pacato di Nolan della narrazione, il quale sviluppa un soggetto originale senza infarcirlo - come amano fare altre personalità della TV dall'estro geniale - di eccessi; senza andare sopra le righe, mantiene una visione d'insieme elegante, semplice e dai meccanismi precisi come un orologio. Il meglio su network.